il Giornale, 9 luglio 2024
Il Piccolo Principe era il fratello morto di Antoine de Saint-Exupéry
Nel dicembre del 1935, Antoine de Saint-Exupéry tenta di battere il record di velocità sulla tratta Parigi-Saigon a bordo del suo biplano Simoun.
Il record appartiene al connazionale André Japy che ha impiegato tre giorni, quindici ore e trenta minuti a compiere quel volo. Se ce la farà Saint-Exupéry si assicurerà i soldi della vincita, una grossa somma che gli servirà a ripianare in parte i debiti che lui e la moglie Consuelo continuano ad accumulare. Sono già stati sfrattati da due case e ora vivono in albergo. Per non parlare dei debiti contratti col fisco.
Il futuro autore del Piccolo principe si è fatto dare anche un forte anticipo da un giornale per i reportage che scriverà una volta compiuta l’impresa. Ma niente va come previsto.
Mentre sorvolano il deserto del Sahara lui e il suo secondo, André Prevot, finiscono in un enorme banco di nubi, perdono l’orientamento e precipitano, salvandosi per miracolo.
Rimasti soli nel deserto, quasi senza acqua né cibo si preparano a resistere fino all’arrivo dei soccorsi. Il problema è che nessuno sa che cosa sia capitato né dove si trovino. Anzi, sono in molti a ritenerli morti.
Nel frattempo a Parigi sale l’angoscia: lo scrittore è già molto famoso come spericolato aviatore e per i due libri che ha scritto: Corriere del sud, 1929, e Volo di notte, 1931 (anche se il suo capolavoro deve ancora venire). Nella hall dell’albergo si radunano la moglie Consuelo, la madre Marie, l’editore Gaston Gallimard, l’amico Léon Werth (a cui dedicherà Il piccolo principe), il pilota Jean Lucas, il diplomatico Henry de Ségogne e via via altri conoscenti e
curiosi. Assediati dai giornalisti a caccia di notizie e di scoop, la tensione tra gli amici e i famigliari di Antoine cresce di minuto in minuto, in un balletto di notizie contraddittorie. Da quell’esperienza di sopravvivenza nel deserto (verrà prima aiutato da un beduino e poi tratto in salvo dall’aviazione italiana di stanza a Derna) Saint Ex trarrà lo spunto per il romanzo che lo avrebbe consacrato: Il piccolo principe (1943), milioni e milioni di copie in tutto il mondo e amato da generazioni di lettori. Un libro eterno.
«Quello che nessuno sa» racconta Gabriele Dadati, in libreria da pochi giorni con il romanzo biografico Le ali del Piccolo principe. La vera storia di Antoine de Saint-Exupéry, che precipitò nel deserto e incontrò il suo eroe (Solferino, pagg. 277, euro 18,50), «è che la figura del ragazzino biondo venuto da un lontano asteroide che appare al protagonista, un aviatore rimasto in panne con il suo areo per l’appunto nel deserto del Sahara, altri non sarebbe che suo fratello minore François, morto all’età di 15 anni, nel 1917, a cui Antoine era legatissimo. Perché dico questo? L’intuizione mi è venuta una sera osservando una foto di quel ragazzino sul letto di morte. Indossa una vestaglia con un bavero simile a quello del vestito del piccolo principe, al collo sembra avere una sciarpetta o un foulard o che somiglia a quello del piccolo principe. Anche il taglio di capelli è lo stesso (anche se quelli di François sono scuri), e l’ovale del volto ricorda in maniera incredibile quello del piccolo principe».
Delle somiglianze che lasciano pochi dubbi. Per non parlare del fatto che i due fratelli, Antoine e François, condividevano molte cose, tra cui la passione per il volo, al punto da trattenersi spesso ad osservare gli aerei decollare dalle piste del vicino aeroporto e al punto da farsi regalare un piccolo motore per cercare di costruire prima una bicicletta volante e poi un biplano. «Anche perché» continua Dadati, «se così non fosse Il piccolo principe sarebbe la sua sola opera non autobiografica, dal momento che in Corriere del Sud, Volo di notte e Terra degli uomini Saint-Exupéry racconta vicende che gli sono effettivamente capitate, benché in parte rielaborate».
A tutto questo aggiungete il fatto che l’incidente aereo e la lunga attesa nel Sahara sono anch’essi elementi autobiografici, come lo è la volpe del romanzo, che richiamerebbe i fennec, ossia le volpi del deserto che il giovane Antoine era solito avvistare di notte quando nel 1928 era caposcalo a Cape Jube, in Marocco.
Quanto alla rosa, è noto come lo scrittore coltivasse rose con le sorelle e soprattutto con il fratello quando erano piccoli, ospiti della zia della madre. Tutto torna, come vedete. Se il piccolo principe non fosse il fratello scomparso sarebbe l’unico elemento fittizio del libro. Molto improbabile. In tal caso, se confermata, questa sarebbe una scoperta di grande rilievo nella montagna di studi e di libri incentrati sulla figura leggendaria dello scrittore francese, scomparso il 31 luglio 1944 durante un volo di ricognizione tra la Sardegna e la Corsica.
Tutto questo è raccontato in modo trasfigurato nel romanzo di Dadati: la continua presenza del fratello che entra nei sogni di Antoine, fino all’apparizione finale, simile alla misteriosa comparsa dal nulla del piccolo principe nel libro, a indicargli la via per la salvezza. «Aggiungo a beneficio del lettore» conclude Dadati «un ulteriore elemento: prima di mettersi a scrivere, all’inizio degli anni Quaranta, Saint-Exupéry comincia già a disegnare quello che poi diventerà il suo personaggio a margine di lettere, su fogli di taccuini, su quaderni. Un po’ come se esistesse prima il personaggio, e poi la storia. Il che sarebbe giustificato se in prima battuta fosse una memoria del fratello morto».
Ovviamente tutte queste cose sono sublimate, nel romanzo di Dadati, che non lascerà delusi i lettori per la qualità e la fedeltà al personaggio che racconta: vi troveranno infatti le stesse rarefatte atmosfere, la stessa profondità nei dialoghi e nelle riflessioni, quasi come se fosse un romanzo dello stesso Saint-Exupery.