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 2024  luglio 08 Lunedì calendario

Stralci di «Un libro che divorerei». Pareri di lettura di Giuseppe Pontiggia, in libreria da venerdì con il neonato editore Palingenia.

Anticipiamo stralci di «Un libro che divorerei». Pareri di lettura di Giuseppe Pontiggia, in libreria da venerdì con il neonato editore Palingenia.
Cupe atmosfere da romanzo psicologico russo si diluiscono in più prossime suggestioni dannunziane. È un romanzo interessante… ma ha non pochi difetti, incongruenze, impacci e dubito che valga la pena di riproporlo.
Su Vitaliano Brancati, “Singolare avventura di viaggio”
L’aggressiva incisività dello stile salva le singole pagine, ma non preserva l’insieme da una ipoteca di intellettualismo provocatorio e un po’ stridulo. Non mi sembra il caso di cominciare – con uno scrittore ammirevole come Burroughs – da uno dei suoi romanzi meno riusciti.
Su William S. Burroughs, “The Western Lands”
Ci sono troppi narcisismi, troppo autobiografismo… Insomma ci sono le qualità del narratore, sia pure espresse in modo disordinato e discontinuo, ma non c’è un romanzo riuscito.
Su Aldo Busi, “Seminario sulla gioventù”
Su Buzzati l’ipoteca Kafka, voluta da critici superficiali e ribadita da critici perfidi (come Cecchi), ha pesato in misura sproporzionata: ne ha falsato e distorto la lettura e ha impedito di apprezzarlo nella sua dimensione che, se non è straordinaria, è però originale.
Su Dino Buzzati, “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”
Non va oltre la sfida del gioco. Riuscito nei suoi limiti, non riesce che raramente ad oltrepassarli.
Su Emmanuel Carrère, “La Moustache”
Non avevo letto finora Churchill e mi stupivo che gli avessero dato il Nobel per la letteratura. Ora capisco perché.
Su Winston S. Churchill, “My Early Life”
Temo che la confusione del lettore sia direttamente proporzionale alla confusione dell’autore, che dopo avere indovinato il libro dell’esordio è insidiato, come spesso avviene dei narratori selvaggi, dal pericolo dell’estetismo… Questo libro è troppo deludente e noioso.
Su Gavino Ledda, “Thilingiones”
Manca ancora un’ultima mano, che sfrondi o tagli qualche ridondanza e pausa opaca… Ma è un’opera originale rispetto a certi altri testi di Manganelli dove si avvertiva ripetizione e momentanea stanchezza.
Su Giorgio Manganelli, “La palude definitiva”
La narrazione tenta di intensificare con la misteriosità i significati della storia, ma finisce solo per renderli più prevedibili e manieristici. Mi sembra un’occasione che un narratore di talento come Marías ha in parte sciupato.
Su Javier Marías, “Mañana en la batalla piensa en mí”
La scioltezza della scrittura, l’eleganza degli stacchi, la funzionalità del montaggio, la scarsità degli errori. Ma non mi sembra che basti.
Su Patrick Modiano, “Une jeunesse”
È un buon professionista medio, ma non direi di rilievo.
Su V.S. Naipaul, “A Bend in the River”
Spesse volte, nella sua letterarietà, finisce per essere di una didascalicità enfatica. Gli manca la vera sorpresa, che non è poco per un narratore.
Su Orhan Pamuk, “La Maison du silence”
Un libro di qualità ma non pienamente realizzato, nel senso di originalità e compiutezza.
Su Antonio Tabucchi, “Lettere a Capitano Nemo”