la Repubblica, 8 luglio 2024
Un bel ritratto di Joe Biden
Come dobbiamo interpretare il comportamento apparentemente irrazionale di Joe Biden negli ultimi dieci giorni – la sua disastrosa performance nel dibattito, il suo rifiuto di considerare di farsi da parte alla luce del suo evidente declino cognitivo, la negazione dei sondaggi che mostrano che una stragrande maggioranza di americani lo considera troppo vecchio e la sua apparente disponibilità a portarci tutti sull’orlo del baratro e consegnare il Paese a Donald Trump? Un amico mi ha suggerito di leggere “What it Takes: The Way to the White House” di Richard Ben Cramer sui sei candidati alla presidenza nel 1988. Tra cui Biden.
Sebbene pubblicato nel 1992, il ritratto di Biden è straordinariamente lungimirante, descrivendo tutti i comportamenti che ora vediamo nel presidente (e nella sua famiglia): caratteristiche che, in qualche modo, lo hanno servito bene nella sua ascesa ma stanno servendo molto male lui – e noi – nel presente. Ciò che Cramer mostra magnificamente è che devi essere un po’ pazzo per voler correre per la presidenza, per credere di poter e dover essere la persona più potente del mondo. Richiede una convinzione quasi patologica in te stesso e nel tuo destino. Nel caso di Biden, Cramer descrive la strana combinazione tra complesso di inferiorità e di superiorità, fallimento e successo, che si fondono in una potente, ostinata, soprannaturale determinazione che può superare qualsiasi ostacolo. Da un lato, Biden proviene da una famiglia di immigrati irlandesi un po’ risentiti, in cui sua madre Catherine Finnegan gli dice ripetutamente: “Ricorda, non c’è nessuno migliore di un Biden”. Suo padre passa da una relativa agiatezza a un fallimento totale, costretto a trasferirsi nella casa della famiglia di sua moglie dopo aver perso il lavoro e poi gode di un certo successo come venditore di automobili. Da qui la frase, spesso ripetuta: “Quando vieni buttato giù, ti rialzi.”
Joe è il bambino balbuziente che i suoi compagni di classe prendono in giro senza pietà finché non afferra uno dei suoi tormentatori per la gola. Crescendo, Joe diventa popolare, il ragazzo che accetta tutte le sfide più pericolose, scommettendo con gli amici di poter dare dimostrazioni improbabili di coraggio. Biden era stato uno studente mediocre in due scuole di serie B (l’Università del Delaware e la Facoltà di Legge di Syracuse), ma non esita a sfidare un senatore in carica apparentemente imbattibile per uno dei due seggi del Delaware al Senato, anche se ha solo 29 anni, ha fatto poco di significativonella sua breve carriera legale e non ha soldi per una campagna elettorale. Contro ogni previsione, e a dispetto dei consigli degli amici, vince, diventando uno dei senatori più giovani nella storia degli Stati Uniti. Poi, poche settimane prima di prestare giuramento, la tragedia: sua moglie Neilia e la loro figlia Naomi vengono uccise in un incidente d’auto (i suoi figli, Beau e Hunter, erano nella stessa auto ma sono sopravvissuti). Quando vieni buttato giù...
Cramer dedica molto tempo a descrivere il complicato rapporto di Biden con gli immobili, alla sua determinazione in giovane età ad acquistare una vecchia magione abbandonata di 930 metri quadri che era appartenuta alla famiglia più ricca di Delaware, i Du Pont. La casa è destinata alla demolizione e Joe si intrufola da una finestra per dare un’occhiata e decide che deve averla: anche se è, a questo punto, un padre single di due bambini piccoli, che vive con uno stipendio da senatore di 44.000 dollari all’anno. Per mantenere la casa e tener vivo questo sogno di vita grandiosa e aristocratica deve vendere lotto dopo lotto di terreno. Quando Cramer inizia a scrivere il suo libro, Biden è diventato ossessionato da un’altra proprietà da un milione di dollari. Secondo tutti i suoi consiglieri la casa è una grande distrazione mentre si prepara a candidarsi per la Casa Bianca, lui non può permettersela, e l’acquisto danneggerebbe la sua immagine: un senatore liberale con non una, ma due magioni da un milione di dollari. Nel classico stile Biden, va avanti a testa bassa, ignora tutti i consigli, compra la casa e poi un’altra, passando la maggior parte della sua vita a destreggiarsi tra mutui, tirandosi fuori dai debiti e diventando (forse a suo merito) uno dei membri più poveri del Senato degli Stati Uniti. Naturalmente, in mezzo a tutti i suoi affari immobiliari, trova il tempo di candidarsi alla presidenza nel 1988 salvo poi ritirarsi dalla corsa quando viene scoperto per aver plagiato un discorso del politico britannico Neal Kinnock. Nel profilo di Biden di Cramer, anche mentre si prepara a candidarsi alla presidenza non c’è quasi nessuna discussione di idee, di programmi, di quale visione il candidato abbia per il Paese. Biden appare come un peso leggero intellettuale con una sproporzionata, innaturale fiducia nella propria capacità di avere successo – quasi non importa quale sia la sfida. Sembra credere sinceramente di poter attraversare un muro di mattoni, soprattutto se la gente gli dice che non può farlo. Si ricandida e fallisce di nuovo nel 2008, incapace di competere con il molto più carismatico Barack Obama, di cui poi diventa il vice. Avrebbe dovuto candidarsi – e probabilmente avrebbe vinto – nel 2016, ma Obama lo scoraggia e gli preferisce Hillary Clinton. Un altro affronto che influisce sul testardo rifiuto di Biden di farsi da parte.
Per tornare al presente: la determinazione ostinata, la convinzione innaturale di poter superare ogni ostacolo, l’orgoglioso rifiuto di ascoltare i consigli degli altri, hanno spesso servito Biden estremamente bene nella sua carriera. Ma Joe sta ricadendo su questi istinti di base nella sua crisi attuale. E questa situazione è diversa: Biden ha 81 anni, non 44. A volte, quando vieni buttato giù, giù devi chiederti perché continui a cadere e cambiare strategia.
Nel dibattito abbiamo tutti visto molto bene che Biden soffre di un declino cognitivo e fisico. È stato evidente per almeno un anno. Ma problemi di questo tipo non migliorano: peggiorano solo. Le lancette dell’orologio si muovono solo in una direzione. Considerando quanto si è deteriorato nell’ultimo anno, è del tutto legittimo chiedersi come sarà tra uno, due o tre anni se sarà ancora presidente. Rischiamo di spingerci nel territorio di Woodrow Wilson: dopo l’ictus nel 1919, che fu nascosto alla nazione, sua moglie Edith gestì essenzialmente il Paese.
Se i Democratici insistono nel far ritirare Biden, dimostreranno che a differenza del Gop – sono un vero partito e non un semplice timbro. E un Trump che si confronta con un candidato più giovane e valido apparirà improvvisamente come un uomo anziano squilibrato con problemi cognitivi propri.
Ma quel che emerge chiaramente dal ritratto di Biden fatto da Cramer è che tutto è sempre stato incentrato su Joe – o al più su Joe e la moglie Jill. Ora siamo costretti a vivere una strana tragedia shakespeariana in cui Re Lear incontra Lady Macbeth. Con la differenza che saremo tutti noi a subirne gli effetti.