la Repubblica, 8 luglio 2024
Il governo francese adesso diventa un rebus
Era lo scenario più inaspettato per l’Eliseo dove fino a ieri mattina si ragionava su un eventuale incarico a Jordan Bardella anche in presenza solo di una maggioranza relativa, un modo per metterlo di fronte alla responsabilità di un rifiuto o di un fallimento nei numeri. E invece quello di Emmanuel Macron è stato un doppio errore di valutazione. Non aveva previsto che quella sinistra divisa poteva riunirsi, creando in poche ore un cartello elettorale all’indomani della dissoluzione del Parlamento. E aveva ancora meno immaginato il successo che avrebbe avuto nelle urne la gauche plurielle.Certo, in una serata elettorale in cui sventolavano le bandiere rosse in place de la République mentre la sede di Renaissance non aveva previsto neanche un presidio per i militanti, nell’entourage di Macron c’era la soddisfazione di aver fermato Marine Le Pen, la nemica di sempre. E di aver mantenuto un blocco centrale che supera i 150 seggi, un centinaio in meno di quelli che aveva la maggioranza uscente. Una mezza vittoria o una sconfitta a metà, a seconda dei punti di vista.
Ora Macron giocherà sul fattore tempo. «Nel rispetto della tradizione repubblicana, aspetterà che la nuova Assemblea nazionale sia strutturata prima di prendere le decisioni necessarie», ha spiegato l’Eliseo, smentendo le voci di un commento a caldo del capo dello Stato. Ieri sera Macron, ha spiegato ancora l’Eliseo, stava studiando i «risultati delle legislative circoscrizione per circoscrizione». Circondato dai collaboratori, è cominciato il gioco delle combinazioni possibili, calcolando i seggi dei singoli partiti, ma iniziando anche a ragionare su nomi di personalità nelle varie coalizioni possibili. François Hollande per guidare un’alleanza con il blocco di sinistra senza la France Insoumise? Sarebbe uno scherzo del destino vedere l’ex capo dello Stato, che Macron aveva tradito scegliendo di lanciarsi alla presidenziale, diventare premier. Edouard Philippe ha già lanciato diversi ponti verso la destra, insieme al ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, con cui potrebbe creare un nuovo gruppo parlamentare.
È questa la prima minaccia che pesa su Macron, mantenere saldo il blocco centrale, ora composto di tre forze: il suo partito Renaissance, il Modem di Bayrou, e quello di Philippe, Horizons. Gli alleati di ieri non saranno forse quelli di domani. E all’interno di Renaissance potrebbe esserci una scissione dell’ala sinistra che vede già in Gabriel Attal un nuovo leader di riferimento. L’attualepremier è stato il più convinto sostenitore del fronte repubblicano con la gauche che ha sbarrato la strada a Le Pen. Attal, che ha avuto un trascorso nel partito socialista, ha imposto la sua linea all’Eliseo, ha forzato la mano ai macronisti che non volevano ritirarsi per favorire la vittoria di quelli della sinistra. Il risultato di ieri ha confermato che è stata una scelta vincente, ma non sufficiente. Fare patti di desistenza non è come costruire un patto di governo.
Attal presenterà stamattina le sue dimissioni, come da protocollo, ma ha già detto di essere disponibile a governare per gli affari correnti nell’attesa che sarà formato un nuovo esecutivo. Già, ma quale? «Nel suo ruolo di garante delle nostre istituzioni, assicurerà il rispetto della scelta sovrana del popolo francese», sottolinea l’Eliseo a proposito della scelta che dovrà fare il capo dello Stato. Secondo la Costituzione, è lui che spetta la decisione di dare l’incarico di premier anche se il gioco parlamentare rischia di sfuggire in parte all’Eliseo. Il Palais Bourbon, sede dell’Assemblée Nationale, diventa ora centrale. E gli occhi saranno puntati sulla prima seduta plenaria dei 577 deputati, il 18 luglio, che dovranno eleggere il presidente della Camera. A seguire, la formazione dei gruppi politici che sarà già un primo indizio su possibili coalizioni. È la «strutturazione» che Macron vuole appunto vedere prima di decidere qualsiasi mossa. Intanto martedì sera volerà a Washington per il summit Nato. E qualche giorno dopo avrà la parata nazionale del 14 luglio. Macron avrà scongiurato di ritrovarsi sugli Champs-Elysées con un governo di estrema destra. Ma la coabitazione con un esecutivo che non gli appartiene completamente è già sicura.