la Repubblica, 8 luglio 2024
PARIGI – Gli abbracci, l’esultanza, le lacrime di gioia. «Quattro settimane fa non esistevamo e invece ora l’abbiamo fatto e andremo al governo» urla Marine Tondelier
PARIGI – Gli abbracci, l’esultanza, le lacrime di gioia. «Quattro settimane fa non esistevamo e invece ora l’abbiamo fatto e andremo al governo» urla Marine Tondelier. L’altra Marine. La leader degli Ecologisti è stata la rivelazione di questa folle campagna express, meno di tre settimane per fermare la corsa verso l’estrema destra di Marine Le Pen. Un trionfo che sembrava annunciato la sera del primo turno e che, giorno dopo giorno, si è sgonfiato per effetto del fronte repubblicano, i patti di desistenza che in una somma algebrica dovevano servire a eliminare i candidati del Rassemblement National dai ballottaggi. Accordi a tavolino tra i partiti, negoziati tesi nella capitale tra macronisti ed esponenti della sinistra che sembravano solo aritmetica e invece hanno trovato una risposta di partecipazione politica inaspettata negli elettoriovunque in Francia. Turandosi il naso, facendo astrazione di vecchi rancori, i francesi hanno scelto di evitare un governo targato Le Pen che cercava una normalizzazione improvvisamente interrotta.
L’estrema destra non ha mai governato in Francia dai tempi di Vichy, e non è mai arrivata al potere attraverso elezioni. Non succederà, non questa volta. E anche se Marine Le Pen sostiene che la «vittoria è solo rimandata», la Grande Muraglia ha funzionato, il richiamo è stato potente: il 67 per centodei francesi sono andati a votare, il dato più alto dal 1981 quando la gauche di François Mitterrand aveva conquistato l’Eliseo. Corsi e ricorsi della Storia. «La France est tissu de migrations», la Francia come una trama di migrazioni, è scritto su uno striscione in place de la République dove il popolo di sinistra – definizione che non si sentiva più da tempo – ha scelto di ritrovarsi ieri per festeggiare un vittoria che non sembrava possibile. Quel Nouveau Front Populaire, un cartello elettorale tra quattro partiti che fino a poche settimane fa si guardavano in cagnesco, arriva a sorpresa in testa, in una forbice compresa tra 172 e 192 deputati secondo l’istituto Ipsos.
Si sono sbagliati tutti, anche i sondaggi che fino a venerdì prevedevano una maggioranza relativa per l’estrema destra e non avevano anticipato una mobilitazione così forte. I primi segnali sono arrivati ieri pomeriggio, con i primi dati sull’affluenza: in crescita ovunque ma con una tendenza più netta nei seggi dove il Rn era arrivato in testa al primo turno. La forza del barrage, altra parola che da ieri ha ripreso senso. «È la vittoria del fronte repubblicano che si dava per moribondo è invece resuscitato con forza», osserva Bernard Sananès, direttore dell’istituto Elabe. «I trasferimenti dei voti per i candidati eliminati al primo turno sono stati ovunque buoni nei ballottaggi, sia dal centro verso la sinistra, sia nell’altro senso – analizza Sananès – e dove nelle circoscrizioni in cui c’era un candidato Rn gli astensionisti del primo turno sono andati a votare per il secondo turno». Su 151 ballottaggitra la sinistra e il Rn, i due terzi sono vinti dalla gauche, e su 131 ballottaggi tra macronisti e Rn, nel novanta per cento l’estrema destra è stata battuta che è anche sconfitta in 70 delle 75 triangolari.
La Francia che esce dalle urne è divisa in tre blocchi in cui nessuno può avere la maggioranza assoluta (289 deputati). Dopo il Nouveau Front Populaire (172-192), al secondo posto c’è la coalizione macronista di centro Ensemble (tra 150 e 170 seggi). Il Rassemblement National con l’alleato Eric Ciotti arriva tra 132 e 152, una progressione rispetto agli 89 deputati eletti alle legislative del 2022 ma pur sempre lontano, lontanissimo da quello che i lepenisti speravano fino a qualche giorno fa. Certo, la Francia che ieri ha fatto diga contro l’onda nera è anche quella in cui più di 10 milioni di francesi hanno votato per il Rn al primo turno del 30 giugno, e dove il partito di Le Pen è arrivato in testa alle europee. Ma il gioco della democrazia è anche questo nonostante le accuse trumpiste dei lepenisti che urlano alla creazione di un «partito unico» tra la sinistra e i centristi che ha «rubato la vittoria». «No pasaràn» è stato il motto di questa elezione che riprendeva la battaglia contro il franchismo mentre il Nouveau Front Populaire si rifaceva nel nome al governo delle sinistre di Léon Blum nel 1936, quando montava il nazismo in Europa. «Blum si rivolterà nella tomba» aveva chiosato Emmanuel Macron, alludendo al fatto che il premier ebreo non sarebbe stato contento di ritrovarsi in una coalizione insieme a Jean-LucMélenchon che ha agitato le bandiere palestinesi in tutti i suoi comizi e ha sempre rifiutato di definire Hamas come organizzazione terrorista. Il leader della France Insoumise è come al solito il primo a parlare in questa sera di inaspettata festa. E taglia corto a qualsiasi «combinazione e sotterfugio» per governare. Il programma, solo il programma, ripete Mélenchon, che si comporta già da premier in pectore. A sinistra è già cominciata la battaglia di leadership e i distinguo sul possibili intese con il blocco centrale per allargare la maggioranza. I rapporti di forza nella coalizione di sinistra danno ancora una predominanza alla France Insoumise, primo gruppo dentro al Nfp con una forbice compresa tra 68 e 74 deputati. I socialisti avranno tra 63 e 69 deputati e gli ecologisti tra 32 e 36. I comunisti non sono sicuri di poter arrivare ad ottenere i quindici deputati per formare un proprio gruppo all’Assemblée Nationale.
«Non ci sarà nessuna coalizione dei contrari» dice anche Olivier Faure, segretario del partito socialista, a proposito di eventuali alleanze con la sinistra mentre Raphaël Glucksmann invita a «cambiare cultura politica» e a «comportarsi da adulti». L’intellettuale quarantenne, che aveva portato i socialisti al 14 per cento alle europee, era stato in parte escluso dalle trattative elettorali per il Nfp e ha sempre combattuto Mélenchon. La sinistra dovrebbe governare con meno di duecento deputati, sapendo che già Macron con 250 deputati aveva faticato nella scorsa legislatura, con la minaccia permanente di un voto di sfiducia. «Dobbiamo inventare qualcosa che non abbiamo mai fatto» dice Tondelier, nata a Hénin Beaumont, città del Nord diventata feudo del Rassemblement National. Il programma della sinistra per la campagna elettorale prevede, tra l’altro, di abrogare la riforma delle pensioni, varare una patrimoniale, alzare il salario minimo a 1600 euro. «Un programma non più radicale di quello di Mitterrand nel 1981» sostiene Tondelier, trait d’union con la France Insoumise in questa «cosa di sinistra» che si è improvvisamente ritrovata al centro del gioco.
Non sarà facile, i veti incrociati e la battaglia di ego sono già cominciate. La soddisfazione per aver sbarrato la strada all’estrema destra dovrà essere accompagnata da «senso di responsabilità» avverte François Hollande, l’ex presidente che si è candidato a Tulle, vicino Limoges. E che da ieri è tornato a essere deputato, non uno qualsiasi. Il socialista già si vede come un perno della ricomposizione politica appena incominciata, al crocevia tra l’Eliseo e il Palais Bourbon, sede dell’Assemblée Nationale. «Il potere è passato rive gauche», sorride un militante della France Inosumise in place de la République quando è ormai sera, la folla torna a casa e c’è qualche scontro per gli immancabili black bloc che forzano i blocchi di polizia.