il Giornale, 6 luglio 2024
Ritratto di David Bowie
Nell’epoca in cui tutti provano a modificare se stessi (con i filtri, con la chirurgia, con i nickname) sembra quasi impossibile immaginare la sorpresa che oltre mezzo secolo fa provocò l’arrivo di Ziggy Stardust, l’alter ego di David Bowie, l’arrivo insomma di un cantante che modificava se stesso per calarsi in un altro ruolo, raccontare un’altra storia, trovare altre soluzioni. È la storia di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars che David Bowie pubblicò nel 1972 dopo aver cercato il successo nella propria Gran Bretagna e aver scoperto in realtà, dopo un viaggio negli Stati Uniti, che nel mondo c’erano altre regole, altri stili, altri influssi musicali.
È una delle fasi più eccitanti e innovative della storia della musica leggera popolare. Un artista non troppo conosciuto, anzi considerato quasi «uno che ci ha provato ma non ce l’ha fatta» che si inventa un altro da sé, che cambia tutto, cifra musicale e guardaroba, che crea un ponte tra due sensibilità, quella inglese e quella americana, allora abbastanza distanti. Perciò il megacofanetto Rock’n’roll star! è il passaporto perfetto per entrare in quel mondo, soprattutto per chi è davvero estraneo. Ci sono cinque cd, l’album in Blu Ray audio, un Lp masterizzato a metà velocità e, nel complesso, 29 brani inediti – dicesi ventinove – con tutte le sfumature, anche quelle più rarefatte, per identificare il fenomeno. Ci sono persino due libri. Il primo ha 112 pagine con interviste, recensioni, foto rare. Nel secondo c’è una riproduzione compilata di 36 pagine dei taccuini che Bowie ha riempito di dettagli e riflessioni su quel periodo. Lui, che in realtà si chiama David Robert Jones, è nato a Londra e nel 1972 ha 25 anni, non era certo un novellino visto che aveva registrato i suoi primi brani nel 1964 con i Manish Boys e aveva pure raggiunto un minimo di notorietà nel 1969 con Space Oddity (a dire il vero, più con il brano singolo che con il disco intero).
Però era molto disorientato (eufemismo) e assai preoccupato dalle pieghe che la musica aveva preso, e soprattutto, dall’attitudine all’idolatria che si era fatta largo nel pubblico specialmente nella swingin’ London di metà e fine anni Sessanta. Uscendo da lì, volando negli Stati Uniti, per la precisione «tutti» gli Stati Uniti, non solo New York e Los Angeles, aveva incontrato Iggy Pop, aveva incontrato Lou Reed e tanti Ziggy Stardust, tanti alieni rispetto al mainstream, tanti portatori sani di novità musicali. «Ziggy Stardust non è l’uomo delle stelle ma solo il suo messaggero terreno, contrariamente all’opinione secondo cui spesso si dipinge Ziggy come un extraterrestre», spiegò Bowie un paio di anni dopo. Aggiungendo in un’altra intervista: «Le creature dello spazio sono abbastanza reali, umane e la prospettiva di incontrare altri esseri dovrebbe renderci felici».
Ma non era certo un’apologia degli extraterrestri tipo quelli del «caso Roswell», non era una celebrazione degli Ufo. Era la scoperta di un altro mondo o, più semplicemente, che un altro mondo, specialmente musicale, era possibile.
Così Bowie è diventato Ziggy Stardust.
In questo cofanetto c’è tutto «quel» Bowie, non solo quello conosciuto coram populo dai suoi fan. Ci sono anche registrazioni embrionali, demo artigianali, versioni alternative. Un patrimonio creativo che, ai giovanissimi, sembra davvero «from Mars», sembra davvero arrivare da un’altra dimensione, da un altro pianeta. Oggi è sempre più difficile, almeno nella musica, trovare versioni alternative che non siano remix, che non siano divagazioni sullo stesso tema. In Rock’n’roll star! si capisce come i brani sono diventati «quei» brani. Passo dopo passo. Registrazione dopo registrazione. Ad esempio, il primo cd si apre con So long 60es, che è sostanzialmente Moonage daydream in forma primitiva, il germoglio di quella che diventerà la quarta canzone nella scaletta di The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars. Un nastro inciso con chitarra acustica in quella che si dice essere una cameretta d’albergo. «I’m the space invader» canta nella versione definitiva di quel brano. Sono l’invasore dallo spazio. Non a caso Starman, l’uomo delle stelle (che poi ispirò tra tutti anche il look di Paul Stanley dei Kiss) è il brano che consente all’invasore di occupare lo spazio terreno. E, nelle due versioni «demo» che si trovano in Rock’n’roll star!, si capisce davvero come sia nato e si sia trasformato uno dei brani diventati poi iconici non solo per Bowie ma pure per tutti gli anni Settanta.
Come riporta Paolo Madeddu, senza dubbio il più autorevole «bowieologo» italiano, quando l’album era stato già completamente registrato, i pezzi grossi della Rca fecero notare che in tutta quella musica esplosiva mancava il gancio discograficamente più goloso: ossia il singolo. Bowie lo registrò in due giorni ed eccolo qui, chiunque l’ha sentito almeno una volta anche senza sapere di chi sia, da dove viene e manco che cosa significhi.
In poche parole, il mondo «dell’altro mondo» è un romanzo lungo da raccontare, così lungo che ancora oggi, a 52 anni dalla pubblicazione e a 8 dalla morte di Bowie, ci sono riflessi inediti che qualcuno prima o poi scoprirà. Intanto quelli finora raccolti sono in questi cinque dischi, due libri e un Blu-Ray audio. Gli altri sgorgheranno pian piano e chissà quando finiranno. Di certo The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars è un album simbolico anche oggi. Ha cambiato la storia del rock, secondo Time è tra i dischi più importanti della storia, ma ha venduto «appena» 7,5 milioni di copie, almeno secondo dati attendibili. Se si pensa alle cifre oggi riconosciute ai brani che entrano in classifica e nell’attualità del pop, sono cifre irrisorie.
Questo cofanetto però le esalta.
In una fase discografica del tutto anestetizzata dalle cifre, il mondo di Ziggy Stardust conferma che, per essere davvero decisivi, per cambiare davvero il corso della musica, non bastano le cifre. Ci vogliono le idee. E la capacità di trasformarle in grandi canzoni che poi se ne fregano dello scorrere del tempo.