Corriere della Sera, 6 luglio 2024
Intervista a Cristina D’Avena
«No, ma io non ho un’età, sono un’eterna bambina». Cristina D’Avena ha ragione. Non solo perché porta benissimo i 60 anni che compie oggi («e non mi sono mai fatta il botulino, eh»), ma perché il suo carattere, unito a una carriera fuori dal comune, l’hanno fatta uscire dal tempo: «Sono come un personaggio dei cartoni animati di cui canto le sigle».
Dovendo fare un bilancio?
«È ottimo. Faccio molte cose, non mi sono mai fermata. La mia è un’isola felice: i miei cartoni hanno dato la possibilità a me e al pubblico di sognare, lasciando per qualche ora i problemi alle spalle».
È faticoso mostrarsi sempre felici?
«Ho un carattere solare, quindi non faccio così tanta fatica. Ora sto attraversando un momento difficile perché è morta da poco Alessandra Valeri Manera (l’autrice che con cui ha collaborato per anni, ndr.), era una mia carissima amica, ci conoscevamo da 42 anni. Non è semplice».
Hanno mai tentato di dirottarla verso un pubblico diverso, più adulto?
«Sì, eccome. Hanno provato a farmi cambiare. Ma quello che mi ha permesso di essere chi sono è stata la mia coerenza, rimanere fedele al lavoro che faccio. Me lo disse anche Costanzo. Non mi sono mai distratta. Questa strada mi appartiene».
Qualcuno l’ha mai ferita?
«Certo, quando mi hanno trattata come l’ultima ruota del carro perché cantavo le sigle, escludendomi solo per questo da eventi in cui c’erano tanti cantanti, come se il mio fosse un pubblico diverso. Questo mi ha fatto soffrire».
Però ancora oggi i suoi concerti richiamano migliaia di persone. Una rivincita?
«Ancora oggi mi stupisco, ma è così. E quando ho pubblicato il disco Duets Forever – Tutti cantano Cristina ho avuto un’altra dimostrazione: 40 artisti – da Annalisa a Loredana Berté, da Patty Pravo, Elisa, i The Kolors – erano felici e addirittura emozionati all’idea di duettare. La frase più comune era: non so se sono capace. In effetti con le sigle serve un’interpretazione diversa rispetto al pop».
Chi l’ha stupita di più?
«Loredana Berté: era davvero felice di cantare la sigla di Occhi di gatto. Mi ha detto che le avevo regalato un pezzo di infanzia».
Chi scopre la fama da giovane spesso si perde. Lei no.
«Mi ha aiutata la mia famiglia e anche la signorina Mariele Ventre del Piccolo coro dell’Antoniano. Mi ricordavano sempre di non montarmi la testa. Ho sempre vissuto il successo con grande umiltà».
È vero che agli inizi suo papà la controllava a distanza?
«Certo, aveva voluto che vivesse con me a Milano una guardia del corpo. In tanti anni sono riuscita a evadere solo una volta, perché se aprivo la porta, anche facendo pianissimo, si svegliava».
Ha nostalgia?
«Molta, sono una romanticona, legata al passato. Vorrei tornare a quando giravo i miei telefilm: li rifarei ora, non mi danno retta. Mi piacerebbe mostrare dopo trent’anni che fine ha fatto Kiss me Licia».
Che fine avrà fatto?
«Avrà qualche figlio e, secondo me, non si è separata con Mirko. E di certo continuano a cantare. Qualche anno fa mi sono incontrata per caso per strada con Pasquale (Finicelli, volto di Mirko). Mi gridava: Licia, Licia. Da non credere. Ora ci sentiamo».
In quegli anni al suo compleanno le arrivavano i fiori di Berlusconi. È vero?
«Sì, era molto contento di come andavano le cose nella fascia dei ragazzi, era un vero galantuomo. Con Mediaset ho ancora un rapporto meraviglioso e un contratto fonografico per le sigle».
È famosa da sempre eppure molto riservata.
«Sono fatta così. Mi hanno proposto anche ogni reality ma non lo farei mai, sono discreta. Ma posso dire che in amore sono felicissima».
Ha mai voluto dei figli?
«È una nota dolente: a furia di correre mi sono un po’ persa negli anni. Questa mia eterna giovinezza purtroppo eterna non è. Non posso dire che sia un grande rimpianto ma nemmeno che non ci pensi. Di certo mi sarebbe piaciuto».
Se fosse stata stonata?
«Avrei cantato lo stesso, ma avrei fatto il medico: mi mancavano gli esami dell’ultimo anno di neuropsichiatria».