Corriere della Sera, 7 luglio 2024
Referendum, mancano 13 milioni di voti
L’ultimo referendum che ha raggiunto il quorum in Italia è quello sull’acqua pubblica. Tredici anni fa. Questo spiega perché Carlo Calenda si è rifiutato di unirsi al fronte referendario contro l’autonomia differenziata (anche se poi voterà come le altre forze di opposizione). «Dovremmo portare a votare 13 milioni di italiani in più rispetto a quelli che alle Europee hanno votato per i partiti che propongono il referendum. E c’è da calcolare che i voti della destra si salderanno a quelli dell’astensione», spiega il leader di Azione.
Calenda, qualche giorno fa, a Elly Schlein che cercava di convincerlo, ha replicato così: «Ti pare un buon viatico per le elezioni politiche perdere il referendum nel 2025? Senza contare il fatto che a quel punto l’Autonomia diventerà intoccabile». Ma il problema non è il quorum, ribattono i referendari. Da Landini a Schlein, passando per Renzi, Bonelli, Fratoianni, Magi e Conte, tutti sanno che riuscire a portare mezza Italia al voto è impresa improba, se non impossibile. Vincenzo De Luca non nasconde che «il rischio di non raggiungere il quorum c’è».
Ma c’è di più. Alcuni dei firmatari del quesito referendario non sono nemmeno tanto sicuri che verrà accettato. L’ex senatore del Pds Massimo Villone, per esempio, in un’intervista al Domani ha ammesso: «Qualche dubbio sull’ammissibilità c’è ma è un rischio che va corso». Già, perché la riforma sull’autonomia differenziata è collegata alla legge di Bilancio. «È la trappola congegnata da Calderoli», ammettono nel campo delle opposizioni. E questo sì che è un problema perché la Consulta potrebbe decidere che questo collegamento fa ricadere il testo nella casistica delle leggi per cui è precluso il referendum abrogativo.
Il precedente
Tredici anni fa il referendum sull’acqua fu l’ultimo in Italia
a centrare il quorum
Insomma, le incognite sono tante. Ma il vero obiettivo delle opposizioni, o, meglio, l’obiettivo primario, non è quello di vincere il referendum (certo, se accadesse una cosa del genere sarebbe meglio). L’idea che muove soprattutto Schlein è quella di costruire un’altra tappa del processo di riavvicinamento delle forze di opposizione, in vista di quell’«alternativa al governo delle destre» che la segretaria del Pd persegue sin dalla sua elezione alla guida dei dem.
Ci sono anche altri motivi che spingono la leader del Pd a scendere in campo contro l’Autonomia. Quello di chiamare a raccolta più elettori di centrosinistra possibile. Non è un caso che nella Direzione di venerdì scorso la segretaria dem abbia annunciato un’altra estate militante, dopo quella dello scorso anno. Del resto, è stato anche grazie alla mobilitazione permanente che ha preceduto le elezioni europee che il Pd è balzato dal 19 per cento dei sondaggi al 24. Il secondo motivo che spinge i dem ad andare avanti in questa battaglia è la convinzione che con una campagna mirata contro l’Autonomia il centrodestra perderà voti nel Meridione.
Per tutte queste ragioni Schlein ha definito «impolitico» Calenda. Il leader di Azione, però, oltre a respingere l’accusa, offre una diversa chiave di lettura della decisione di Schlein di insistere sul referendum: «La verità è che lei si è buttata sul quesito perché aveva paura di essere scavalcata da Landini».