il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2024
Linee guida per proteggersi dal sole
Proteggersi dal sole è fondamentale per preservare la salute della nostra pelle. Ma, di fronte alla vasta scelta di filtri solari disponibili sul mercato, come si fa? Quale prodotto bisogna scegliere? Sono tutti efficaci? Il prezzo può essere un buon indice di affidabilità? Più o meno le domande che ci poniamo in questi giorni quando, entrando in farmacia, nelle profumerie, ma anche nei supermercati, ci ritroviamo a contemplare per lunghissimi minuti la “parete” delle creme solari. Ci sono decine di marche con caratteristiche dissimili all’apparenza: i solari con la presenza di filtri solari fisici (quelli che agiscono riflettendo i raggi Uv grazie alla presenza di minerali naturali, a patto che non siano formulati in “nanoparticelle”) o chimici (quelli con molecole che agiscono assorbendo e trasformando i raggi Uv). Poi ci sono da valutare le diverse protezioni – bassa, media, alta – espresse attraverso una sigla internazionale, la Spf; 50+ è il filtro massimo che, tuttavia, non rappresenta mai un blocco totale. Insomma, non esistono i filtri totali protezione “100”, anche se qualcuno li spaccia per tali. Poi, c’è il fattore prezzo a condizionare la scelta: si va da pochi euro fino ad arrivare a oltre 50. Allora, per capire meglio come proteggerci, conviene rimettere in fila un po’ di certezze, a partire dallo stesso ruolo che ha il sole, fin qui troppo demonizzato, grazie al position paper sull’uso delle creme contenenti filtri solari, frutto della collaborazione delle principali associazioni scientifiche italiane di pediatria e di dermatologia, e firmato, tra gli altri, dalla dottoressa Pucci Romano, dermatologa e presidente Skineco (l’associazione internazionale di eco-dermatologia), e dalle pediatre Annamaria Moschetti e Pierangela Rana dell’Associazione culturale pediatri (Acp).
“L’esposizione al sole e la vita all’aria aperta e nel verde sono fondamentali per il benessere fisico e psichico di tutti e, in particolare, dei bambini. L’esposizione graduale al sole consente di predisporre le difese naturali dai danni determinati dai raggi ultravioletti (incluso il melanoma), come l’abbronzatura, l’ispessimento cutaneo e un buon livello di vitamina D”, spiega la dottoressa Pucci Romano. E se di formula magica vogliamo parlare, per Romano si traduce così: “Bisogna esporci in modo graduale, perché solo così si può mettere in moto la melanogenesi, cioè la produzione di melanina, unica vera protezione contro i raggi Uv. Ma non bisognerebbe mai stare al sole nelle ore più calde. E se proprio non si potesse evitare, meglio indossare qualcosa e mettere un cappello con visiera. Se vogliamo stare al mare l’intera giornata non c’è filtro che tenga: dobbiamo coprirci. Quanto ai bambini, non ci sono mezze misure: nei primi due anni non devono mai essere esposti ai raggi diretti del sole”.
Eppure non c’è ancora abbastanza conoscenza e divulgazione sul rischio dell’esposizione ai raggi Uv, a partire da quelli dei lettini abbronzanti presi d’assalto soprattutto dai giovanissimi. Con l’aggravante che per molti le varie scottature che nel corso della vita si collezionano non destano nessuna preoccupazione. “Un gravissimo errore: soprattutto quelle in infanzia e adolescenza, predispongono poi al melanoma in età adulta”, sottolinea la dottoressa Romano.
Del resto c’è un grande vuoto che caratterizza il settore della fotoprotezione: non esistono in Italia delle linee guida mediche. È sconosciuta ai più la logica con cui approcciarsi a questi prodotti che variano in base all’età, al fototipo (ovvero la capacità che ognuno di noi ha di prendere il sole con maggiore o minore danno) e al sesso. L’utilizzo delle creme solari è, infatti, tuttora considerata ad appannaggio della cosmetica. “Questi prodotti continuano a essere suggeriti dalle agenzie sanitarie più autorevoli e promossi attivamente dalle aziende che talora intervengono anche sponsorizzando gli studiosi che si occupano della ricerca scientifica nel campo. “Il grande vulnus è che vengono usati senza il controllo del proprio medico, anche se per alcuni è stato già accertato l’assorbimento cutaneo e il passaggio nel latte materno. E per molte altre creme solari c’è l’azione di interferenza endocrina”, denuncia la dermatologa. Senza sottovalutare che i filtri, come tutte le sostanze chimiche immesse in ambiente, possono interferire con gli ecosistemi provocando un danno diretto a questi e indiretto alla salute umana. Il fatto che siano dannosi anche per la fauna marina, tanto che sono stati ormai banditi da svariati Stati e isole del Pacifico proprio per la tutela dei coralli, “è la prova della validità di ciò che Skineco sostiene da anni: ciò che è dannoso per la pelle lo è anche per l’ambiente e viceversa”, sottolinea Romano.
I filtri solari – puntualizza ancora la dottoressa – hanno dimostrato di essere efficaci solo ed esclusivamente se applicati sulla pelle correttamente, vale a dire prima della esposizione solare e riapplicati ogni due ore. E, comunque, sempre dopo aver sudato, essersi fatti il bagno e se la sabbia o stoffe hanno sfregato sulla pelle. La protezione risulta efficace, inoltre, solo se applicata in quantitativo sufficiente: 2 mg/cm 2 di tutta la pelle scoperta”, vale a dire due falangi di un dito. Ma gli studi dimostrano che i quantitativi che vengono solitamente applicati sono inferiori a quelli necessari alla protezione e anche le aree cutanee non vengono tutte egualmente coperte. “L’Istituto superiore di Sanità ne prescrive l’uso solo quando l’esposizione al sole sia inevitabile ma questa indicazione – sottolinea la dermatologa – è soggetta a interpretazioni personali ed è necessaria, pertanto, una guida attenta per aiutare i cittadini a farne un uso consapevole e il più possibile privo di rischi”. Una presa di posizione da parte di operatori esperti sulla necessità di un corretto impiego dei filtri solari ai quali “sono state attribuite finalità, come prevenzione di tumori cutanei, che in realtà non hanno raggiunto, visto il loro continuo aumento, nonostante la presenza delle creme sul mercato e il loro uso generalizzato”, sottolinea Pucci Romano, la quale si auspica un incontro e confronto tra tutte le personalità scientifiche interessate all’argomento, per stilare delle linee guida sulla corretta gestione della fotoprotezione.