il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2024
Intervista a Daniel Pennac
PARIGI – «A coloro che si sentono ai margini della società, abbandonati, esclusi e declassati, il Rassemblement National di Marine Le Pen non propone alcuna soluzione concreta, nulla di cui avrebbero realmente bisogno. A costoro indica solo un capro espiatorio – l’immigrato, l’altro, il diverso – su cui scaricare la colpa di tutte le loro sofferenze». Per Daniel Pennac è questa la strategia che ha permesso all’estrema destra di arrivare in testa al primo turno delle elezioni di domenica scorsa.
Un risultato molto preoccupante per l’autore della saga di Malaussène, che tornerà in libreria dopo l’estate con un’opera intitolata Il mio assassino(Feltrinelli). «“È l’unico partito che non abbiamo mai provato”, dicono spesso gli elettori del Rn per giustificare il loro voto. Ma si sbagliano perché in realtà l’estrema destra l’abbiamo già provata in passato, in Francia come in Italia o in Germania, ottenendo la dittatura, il fascismo, la guerra e la Shoah. L’estrema destra di oggi viene da quella tradizione, ne riprende il nazionalismo aggressivo, il discorso sull’identità nazionale, il rifiuto degli stranieri, la discriminazione, il razzismo, ecc. Certo oggi si nasconde dietro un’immagine più levigata e rispettabile, ma l’essenza è la stessa. Purtroppo, molti elettori non se ne rendono conto perché ottant’anni di pace ci hanno come anestetizzati».
Cosa vuol dire?
«La Francia vive in pace da ottant’anni e questa è una situazione inedita, dato che il nostro passato è sempre stato segnato dalle guerre. A poco a poco ci siamo abituati alla pace, tendiamo a considerarla la condizione naturale della democrazia, anche se in realtà quella che stiamo vivendo è solo un’eccezione. L’illusione della pace come dato naturale ci ha condotto ad abbassare la guardia, a essere meno vigilanti di fronte alla possibilità di un ritorno al passato delle guerre, degli odii e delle conflittualità. Il Rn alle porte del potere ci ricorda all’improvviso che la pace e la democrazia non sono assolutamente un dato acquisito e il passato è sempre in agguato. Il successo di Marine Le Pen suona come una minaccia anche per via delle relazioni estremamente ambigue del suo partito con la Russia, che ha attaccato l’Ucraina solo per ricostruire il suo impero».
Ma come spiega il fatto che il 30 per cento dei francesi voti per il Rn?
«È il risultato di una sofferenza acuta e reale. In molte regioni francesi la globalizzazione economica ha prodotto deindustrializzazione e disoccupazione, a cui si è aggiunta la desertificazione dei piccoli centri con l’arretramento dei servizi pubblici. Da qui un sentimento di abbandono e d’impoverimento, dove la crisi sociale si trasforma in crisi d’identità che produce sofferenza e ricerca di un capro espiatorio. In questa situazione il Rn non fa altro che designare gli immigrati come colpevoli di qualsiasi cosa. Inoltre, il partito di Marine Le Pen a parole offre l’illusione di occuparsi dei più deboli, ma nei fatti poi difende sempre l’interesse dei potenti, complicando ancora di più la vita dei più deboli, come ha fatto anche Giorgia Meloni attaccando il reddito di cittadinanza. In Francia i poteri forti dell’economia non mi sembrano molto preoccupati dalla prospettiva della vittoria del Rn, perché sanno che comunque potranno tranquillamente continuare a fare i loro affari. Non a caso l’impero economico e mediatico di Bolloré si è schierato con l’estrema destra».
Macron diceva di voler essere una diga contro l’avanzata del Rn. Perché ha fallito?
«Perché non ha fatto nulla per più bisognosi, accentuando invece le logiche neoliberali in corso. Il macronismo rappresenta l’apogeo dell’individualismo politico ed economico che ha contribuito ampiamente alla crisi sociale oggi sfruttata dall’estrema destra. Il macronismo è figlio del trionfo della dittatura del profitto che, con il suo individualismo radicale, ha trasformato le persone in consumatori, in clienti da soddisfare con beni di consumo di ogni tipo. Questa evoluzione – che naturalmente non è solo un problema francese, ma una tendenza mondiale – ha contribuito a distruggere ogni elemento d’identità collettiva e l’idea del bene comune, facendo aumentare il sentimento di esclusione e di abbandono di molti francesi».
Se Jordan Bardella andasse al governo, quali potrebbero essere le conseguenze per il mondo della cultura?
«Temo lo smantellamento del Ministero della Cultura e di tutte le politiche per la promozione della creatività contemporanea.
Sposteranno i finanziamenti verso altri settori, preoccupandosi solo del patrimonio della tradizione e del folclore regionale, ignorando tuttele forme artistiche accusate di essere troppo critiche o elitarie.
L’estrema destra accetta solo la cultura che è finalizzata al suo sistema, per il resto la considera nemica, fatta da artisti da denunciare e mettere alla gogna».
Ma il mondo della cultura non ha qualche responsabilità, visto che non è riuscito a impedire il diffondersi delle idee del Rn tra gli elettori?
«Certo, dobbiamo riconoscere che il mondo culturale non è stato all’altezza, come peraltro è avvenuto spesso in passato, basti pensare agli abbagli presi da Sartre con il maoismo. La verità è che la cultura non protegge mai dalle tragedie della storia, poiché incide pochissimo e sempre in modo molto indiretto sulla realtà sociale.
Il nazismo è nato nel Paese che aveva la filosofia più avanzata. A questo proposito, consiglio a tutti di rileggere Storia di un tedesco di Sebastian Haffner per capire come un fenomeno politico nefasto possa svilupparsi un contesto culturalmente sofisticato senza che le forze culturali siano capaci d’impedirlo. Tuttavia non bisogna rinunciare a lottare contro le idee dell’estrema destra, innanzitutto come cittadini, ma anche come artisti, sebbene, per quanto mi riguarda, non sappia mai esattamente quale possa essere l’effetto di un mio libro sulla sensibilità di un lettore».
L’alleanza tra le forze di sinistra e la scelta delle desistenze le sembra una buona risposta alle minacce del Rn?
«Certamente, e ciò contribuirà a limitarne l’avanzata. Mi sembra una scelta giusta e un esempio di responsabilità democratica che rivela un istinto vitale e un bisogno di libertà. Dimostra che per molti francesi la nostra democrazia, pur con tutti i suoi limiti, è sempre meglio del ritorno al passato proposto dal Rn. Ma va anche detto che, purtroppo, una parte della sinistra è capeggiata da Mélenchon, un leader arrogante, paranoico, cinico e perfino ambiguo sul tema dell’antisemitismo, al punto da essere diventato una zavorra per tutto il Nuovo Fronte Popolare. Il che è un problema non da poco. In ogni caso, la scelta delle desistenze spero possa impedire al Rn di prendere il potere. Ma se la situazione generale non cambia, se tutto resta come prima, con le stesse disuguaglianze, le stesse sofferenze sociali, la stessa indifferenza per chi si sente ai margini della società, allora alla fine, prima o poi, l’estrema destra riuscirà nella sua nefasta impresa».