il Fatto Quotidiano, 5 luglio 2024
Cisgiordania, come i coloni rubano le terre dei palestinesi
Anche le eccezioni, in Cisgiordania, sono sotto il segno della violenza.
Meno di 48 ore fa, un gruppo di coloni estremisti ha attaccato il personale dell’amministrazione civile e della Polizia di frontiera al lavoro per evacuare e demolire l’avamposto di Tzur Harel, costruito su terreni privati palestinesi.
Il Capo di Stato maggiore delle Forze di difesa israeliane, Herzi Halevi, ha condannato la violenza dei coloni ma questa presa di posizione non sembra in grado di spostare gli equilibri della tensione, che da febbraio 2024 hanno portato gli Stati Uniti e la Ue a imporre una serie di sanzioni senza precedenti ai coloni israeliani in Cisgiordania, per violazioni dei diritti umani.
Due round
In due round di sanzioni il 19 aprile, gli Usa hanno prima preso di mira Ben-Zion Gopstein, fondatore e leader del gruppo di destra Lehava, che ha legami familiari ed è uno stretto collaboratore del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir (lui stesso vive in un insediamento in Cisgiordania).
Gopstein – che afferma di contare su 5mila fedelissimi – si oppone all’assimilazione ebraica con i non ebrei e si scaglia contro gli arabi in nome della religione e della sicurezza nazionale. Lo stesso giorno anche l’Unione europea ha adottato sanzioni contro Lehava e un altro gruppo estremista, Hilltop Youth.
È stato poi il turno di due associazioni. La prima è Mount Hebron Fund, sanzionata dal Dipartimento del Tesoro per aver lanciato una campagna di raccolta di 140mila dollari online per Yinon Levi, a sua volta sanzionato il 1° febbraio per aver guidato un gruppo di coloni che avevano aggredito civili palestinesi e beduini, bruciato i campi e distrutto le proprietà.
La seconda associazione è Shlom Asiraich, che ha raccolto 31mila dollari su un sito di crowdfunding per David Chai Chasdai, a sua volta sanzionato dagli Usa per aver guidato una rivolta che ha visto l’incendio di auto ed edifici nella città palestinese di Huwara, provocando anche la morte di un civile.
Muro contro muro
Il presidente Joe Biden sta valutando in queste ore anche l’imposizione di sanzioni a un’unità delle Forze di difesa israeliane (Idf), il battaglione d’élite Netzah Yehuda, composto da soldati ultraortodossi e coloni, che secondo gli Usa hanno commesso violazioni dei diritti umani in Cisgiordania. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, poche ore fa ha dichiarato che se accadesse gli Usa attraverserebbero una pericolosa linea rossa e ha affermato che si batterà in ogni modo contro le sanzioni.
Sebbene la violenza in Cisgiordania non sia un fenomeno nuovo, si è trasformato in uno tsunami dopo l’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre 2023. Incoraggiati dal Governo di estrema destra, molti coloni vedono la guerra in corso a Gaza come un’opportunità per costringere i palestinesi a lasciare i loro villaggi.
Secondo B’Tselem, un osservatorio sulla violenza dei coloni con sede in Israele, i coloni hanno costretto almeno 18 comunità palestinesi a fuggire dalle proprie case a partire da ottobre 2023.
Violenza in aumento
Acled – un’organizzazione non governativa statunitense senza scopo di lucro, che analizza e mappa i conflitti nel mondo – registra un notevole aumento della violenza dei coloni negli ultimi mesi. L’uso di armi da fuoco da parte dei singoli è stato sporadico negli ultimi anni ma dal 7 ottobre c’è stato un aumento significativo. In questo periodo, nove palestinesi disarmati sono stati uccisi dai coloni, mentre altri cinque sono stati uccisi dai coloni o dalle forze dell’Idf.
«La situazione della sicurezza in Cisgiordania – si legge nella ricerca curata da Ameneh Mehvar e Nasser Khdour – è sempre più pericolosa poiché sempre più coloni sono armati e il confine tra coloni ed esercito si fa sempre più confuso. Negli ultimi decenni, il movimento dei coloni si è evoluto da una piccola fazione a una presenza significativa all’interno della corrente principale israeliana. I suoi membri ora ricoprono posizioni chiave nel governo e nell’esercito e la loro considerevole influenza politica rappresenta un serio ostacolo ai futuri sforzi di pace con i palestinesi».
Dal 2016 – da quando ha cominciato a collezionare dati e monitorare quest’area del pianeta – Acled ha registrato oltre 5.350 incidenti violenti in Cisgiordania che hanno coinvolto coloni. Nel corso degli anni, hanno preso di mira sia i palestinesi che le loro proprietà. Il ventaglio spazia dal lancio di pietre contro i palestinesi, le loro case e le loro auto all’incendio di immobili, aziende, fattorie e proprietà private. I modi per esercitare la violenza includono il taglio degli ulivi, il danneggiamento delle infrastrutture idriche, furti e uccisione di bestiame, ricorrendo persino ai droni.
La violenza non disdegna il pestaggio e, negli scenari estremi, sparatorie e uccisione di civili palestinesi. La Ong ha contato 45 vittime civili di coloni in Cisgiordania, tre delle quali dal 7 ottobre 2023.
L’appoggio dell’Idf
La violenza quotidiana che i palestinesi in Cisgiordania incontrano ha raggiunto nuovi massimi record dagli attacchi del 7 ottobre. Nell’ultimo trimestre del 2023, oltre 535 incidenti violenti hanno coinvolto coloni, il totale trimestrale più alto mai registrato. Secondo le Nazioni Unite, in quasi la metà di tutti gli attacchi dei coloni documentati nel 2023, le forze israeliane accompagnavano o sostenevano attivamente i coloni.
L’esistenza di insediamenti richiede una presenza corposa delle forze di sicurezza israeliane, con conseguenti tensioni e scontri con la popolazione palestinese. «È importante notare che i coloni sono spesso anche gli autori di violenza contro i palestinesi – sottolinea la ricerca – in particolare quelli che vivono in insediamenti religiosi sionisti ideologici nel profondo della Cisgiordania». I governatorati di Ramallah, Nablus ed Hebron, che hanno il numero più alto di insediamenti israeliani ideologici e avamposti non autorizzati, sono stati costantemente il teatro della più alta violenza totale in Cisgiordania.