La Stampa, 5 luglio 2024
Il tramonto del potere di Khamenei
Il dato certo del primo turno delle elezioni presidenziali in Iran è il tramonto del potere di Khamenei. In primis a causa della bassa partecipazione alle urne che non ha raggiunto nemmeno il 50% e questo nonostante il ritorno dei riformisti, a dimostrazione del fatto che i riformisti non hanno l’autorità di un tempo. I riformisti infatti sostengono che la soluzione sia all’interno del sistema di potere ma buona parte del popolo la pensa diversamente. Persino chi partecipa alle elezioni non lo fa perché ha fiducia nel sistema. In secondo luogo l’eliminazione di Qalibaf, il candidato preferito di Khamenei al primo turno, è la sua sconfitta più significativa dato che anche i conservatori che sono stati imposti agli iraniani a causa della politica repressiva di Khamenei hanno dimostrato di seguire la propria strada e i propri interessi, e non lasciano al leader patriarcale altra scelta che a osservare.
Il candidato Said Jalili è un intellettuale e accademico inflessibile e dogmatico e a lungo andare non seguirà gli ordini di Khamenei. Non è un agitatore come Ahmadinejad, ma è istruito con una mentalità rigida e promuove l’idea del ritorno ai villaggi. Le sue idee sull’economia sono una combinazione confusa dell’economia cinese e delle idee dei Khmer Rossi cambogiani e vietnamiti e non sono condivise dal popolo iraniano. Khamenei è un politico astuto, esperto e repressivo. Questa contrapposizione con Jalili si rifletterà sia sulla futura leadership che sulla politica della Repubblica Islamica.
Khamenei è caduto in una trappola che lui stesso ha scavato. Oggi i Pasdaran sono divisi in due gruppi: le forze Qods sostengono Qalibaf, ma i Pasdaran, il Basij e il governo attuale sono con Jalili. Bisogna vedere come il patriarca risolverà questo conflitto, ma se il risultato del ballottaggio non sarà a favore di Jalili, porterà al capo del governo il candidato presentato dai riformisti, Masoud Pezeshkian, che è un riformista moderato ma non mistificatore come il Fronte dei Riformisti. È favorevole alla riconciliazione con l’Occidente e non è allineato con la politica interna attuale. Pezeshkian ha dichiarato che non intende cin nessun modo trasgredire la posizione del leader ma di certo questa dichiarazione di fedeltà nella pratica gli creerà dei problemi. Un’altra sconfitta di Khamenei consiste nel fatto di non essere riuscito a creare un fronte dei burocrati all’interno del corpo delle guardie rivoluzionarie sia nell’era di Ahmadinejad sia con l’attuale sconfitta di Qalibaf. Il sistema ha accettato la candidatura di Pezeshkian per incrementare la partecipazione alle urne, ma non ci è riuscito.
Oggi, se la leadership cede a Pezeshkian, non sarà come nel 1997, quando l’ala conservatrice del sistema ha dovuto accettare tale decisione. Quindi, chiunque tra i due candidati vinca al ballottaggio sarà una sfida sia per le politiche di Khamenei sia per l’assegnazione della nuova leadership dopo la morte di Khamenei. La presidenza di Jalili probabilmente sarà la sfida maggiore per un sistema che ha perso il favore degli elettori e sopravvive con la repressione, la coercizione e l’astuzia. —