La Stampa, 5 luglio 2024
Putin e Orban
Alle 9.10 di ieri mattina, il Dassault Falcon 7X dell’Aeronautica militare ungherese è decollato dall’aeroporto di Ferenc Liszt di Budapest. Direzione: l’aeroporto Vnukovo di Mosca. Le indiscrezioni dicono che a bordo c’erano membri della delegazione del governo ungherese per preparare quella che, con ogni probabilità, sarà la prima visita di un capo di governo dell’Unione europea al Cremlino dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. E non uno qualsiasi, ma quello che detiene la presidenza di turno. Non ci sono ancora conferme ufficiali da parte dell’esecutivo ungherese, ma Viktor Orban è atteso oggi a Mosca per incontrare Vladimir Putin, con il quale c’era già stata una stretta di mano durante un faccia a faccia a Pechino nell’ottobre scorso.Una visita indubbiamente storica che arriverebbe tre giorni dopo il suo viaggio a Kiev. Accanto a Volodymyr Zelensky, il premier ungherese aveva evocato la necessità di un cessate il fuoco per avviare i negoziati tra le parti in modo da fermare il conflitto. Ma la notizia del viaggio a Mosca ha subito scatenato una dura reazione da parte di Bruxelles: «La presidenza di turno dell’Unione europea non ha il mandato di impegnarsi con la Russia per conto dell’Ue» ha avvertito il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. «Il Consiglio europeo è chiaro – ha aggiunto – la Russia è l’aggressore e l’Ucraina è la vittima. Nessuna discussione sull’Ucraina può aver luogo senza l’Ucraina». Fonti Ue spiegano che nella giornata di ieri Michel ha «tentato più volte» di mettersi in contatto con Orban per ottenere conferma del suo viaggio, «ma non è stato possibile».«Orban è determinato a lavorare per la pace, anche perché gli elettori ci hanno dato un mandato preciso» si limita a dire Zoltan Kovacs, segretario di Stato alla comunicazione del governo ungherese, che ha soltanto confermato il viaggio del premier in Azerbaigian per il summit dell’Organizzazione degli Stati Turchi. L’uomo che da 14 anni lavora come spin doctor e come megafono di Orban, spiega che la pace è la prima delle «pietre angolari» della presidenza ungherese. Le altre sono «i confini, la famiglia, e poi la competitività, che in questo momento è una delle più grandi sfide per l’Ue». Ma come far combaciare le posizioni del suo governo con l’interesse generale dell’Unione? «Essere dei mediatori non vuol dire che bisogna abbandonare le proprie posizioni». Nel caso non fosse abbastanza chiaro: «Orban userà la presidenza in modo politico».E dunque la parola “pace” è in cima alla lista della presidenza ungherese. Eppure chi atterra all’aeroporto di Budapest e percorre la strada verso la capitale è accolto da una sfilza di poster raffiguranti un soldato sorridente. È la campagna dell’esercito per reclutare nuovi riservisti. È stata lanciata un paio di settimane fa e proseguirà per tutta l’estate. Gli interessati vengono accolti a Balna, il centro congressi sul Danubio che dallo scorso anno è stato riconvertito nel Centro della cultura militare. Passata la prima sala, dove si viene accolti da uomini e donne in divisa mimetica, c’è una sala in cui vengono esposti i gioielli dell’industria bellica ungherese: munizioni e mitragliatori davanti a un carrarmato Lynkx Kf41. Nella sala delle Grandi Guerre è invece possibile provare il simulatore di un aereo militare dell’epoca, mentre al piano interrato ha appena aperto un’area “divertimenti” nella quale “adulti e bambini” possono giocare alla guerra.Tutto questo non è in contraddizione con il tentativo di presentarsi come gli unici veri promotori della pace in Europa? «Si vis pacem, para bellum» risponde Kovacs, rispolverando la massima secondo la quale il modo migliore per ottenere la pace è prepararsi alla guerra. «L’Ue è pigra e usa soltanto parole vuote – prosegue –. Perché non ha iniziato un vero e proprio riarmo, noi invece sì».Kovacs è una delle due figure-chiave per capire cosa ha intenzione di fare il capo del governo ungherese in questi sei mesi. L’altra è Janos Boka, ministro per gli Affari Ue: docente di diritto europeo, ha studiato all’università di Bruxelles, dove ha lavorato anche come assistente all’Europarlamento. È lui l’uomo della presidenza ungherese e i rumors dicono che sarà il prossimo commissario europeo. Lui smentisce e si auto-definisce «un europeo appassionato» che sogna di cambiare le cose dall’interno. «Noi vogliamo offrire un’Europa alternativa, non un’alternativa all’Europa». E qual è la proposta ungherese? «Vogliamo una struttura istituzionale in cui l’iniziativa è presa dai rappresentanti degli Stati, in cui c’è una chiara divisione delle competenze, in cui le istituzioni Ue rispettano gli equilibri istituzionali. Un’Europa in cui la Commissione non agisce in base a logiche politiche, il Parlamento rispetta le sue competenze e le politiche sono decise in base al merito e non in base a un modello di ulteriore integrazione».Quel progetto passa anche dalla costituzione del gruppo parlamentare dei Patrioti che secondo Boka, uomo di Fidesz, porterà a una «ristrutturazione nel campo della destra» con un’operazione «in due fasi» nella quale «Orban è uno dei poli». Presto l’Eurocamera potrebbe essere chiamata a votare per togliere l’immunità a Ilaria Salis, l’attivista indagata in Ungheria che ora è stata eletta a Strasburgo: «Mi auguro che il Parlamento prenda una decisione in un modo politicamente responsabile – risponde Boka –. Non siamo stati certo noi a politicizzare il caso, ma chi l’ha candidata»