Il Messaggero, 4 luglio 2024
Ritratto di Carolina Bonaparte
«In verità, a giudicare dalle vostre pretese, si potrebbe credere che abbiamo ricevuto la corona dalle mani del defunto re nostro padre!». Così Napoleone apostrofa le sorelle Elisa, Paolina e Carolina. È il 1804 e il Senato gli ha attribuito il titolo di Imperatore. La Rivoluzione del 1789 pare lontanissima. Alle spalle sono anche i quattro anni del Consolato, gli anni della pacificazione, delle conquiste civili più che militari, in cui il genio di Bonaparte si è dispiegato nella sua grandezza. Ora non gli basta più essere colui che ha cambiato il corso della Storia. Vuole la legittimità formale, la stabilità e la continuità. ETICHETTANasce quindi l’Impero con la sua corte, la sua etichetta. Bisogna rivolgersi a lui chiamandolo “Sire” o “Maestà”; ai fratelli spetta il titolo di “principi” e alle loro mogli di “principesse”. Carolina, moglie del coraggioso e vanesio Gioacchino Murat, è furiosa. Madame de Rémusat ricorda una cena in cui «Madame Murat scoppiò in pianti, in lacrime, in rimproveri; domandò perché si volesse condannare lei e le sue sorelle all’oscurità, mentre si coprivano di onori e dignità degli estranei. Bonaparte fu molto duro nelle risposte, dichiarando a più riprese che era padrone di ripartire le dignità come voleva». PRINCIPESSEAlla fine, però, concede alle capricciose il titolo di “principesse imperiali”. Di lì a poco piazzerà il parentado sui troni d’Europa. Dovrà poi ammettere: «Mi sono sacrificato per degli sciocchi!». Perché, al momento della sua caduta, saranno molti i tradimenti. Spiccano quelli di Carolina e di suo marito, che però alla fine si ravvedrà e morirà fucilato dall’esercito borbonico nel 1815. Lei, invece, no. Ma chi è stata davvero colei che alla nascita, il 25 marzo 1782, viene chiamata Maria Annunziata? Ambiziosa e assetata di potere, resta nondimeno una maîtresse femme. Considerata «il brutto anatroccolo» di casa, crescendo guadagna in bellezza e personalità. E si innamora di Murat, che Napoleone ha preso con sé. Quando arrivano i giorni di Brumaio 1799 Gioacchino, che ha avuto un ruolo nel colpo di Stato, gli chiede in sposa la sorella. Il Primo console cede. «Murat va bene per Carolina. E poi, così non si dirà che mi sono montato la testa, che voglio grandi alleanze matrimoniali». LA SCALATAI due si sposano nel gennaio 1800 e iniziano la scalata. Acquistano a Parigi l’hotel de Brionne e conducono un fastoso train-de-vie. Giacchino approfitta delle Campagne d’Italia (e delle successive) per fare la propria fortuna economica, rimpinguata dal cognato. Ottiene un comando, poi un altro. Nascono i figli della coppia, aumentano le residenze di lusso. Murat diviene governatore di Parigi; i titoli cresceranno via via. Nel 1805 i coniugi hanno da Napoleone il permesso di acquistare il palazzo dell’Eliseo. Nel marzo 1806 ricevono il Granducato di Berg e Clèves, ma Carolina resta a Parigi a tessere relazioni. Spregiudicata e opportunista, cerca fra le sue dame delle amanti per il fratello perché spera di influenzarlo e si lega al potente Fouché. Diventa l’amante dell’austriaco Metternich, che dirà di lei: «La sua ambizione era costruire un’esistenza al di fuori della portata di Napoleone». Talleyrand la definisce «Una testa di Machiavelli su un corpo di donna». LA SPAGNAMurat, «l’Achille di Cahors«dalle eccentriche divise, è occupato con la guerra di Spagna, di cui spera di divenire re. Questa viene data a Giuseppe Bonaparte. All’ambiziosa coppia è offerta la scelta fra il regno del Portogallo e quello di Napoli. Optano per quest’ultimo – che Carolina definisce «il più bel reame del mondo» – dove arrivano a fine 1808. Lei si dedica alla decorazione dei palazzi reali, ai giardini, agli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano, al settore manifatturiero (fabbriche di cotone e seta, nonché di corallo), all’educazione femminile. E si fa ambasciatrice della cultura francese. Vorrebbe avere più peso in politica, Murat la osteggia. Diventano evidenti i dissapori con Napoleone, che «non ignora nessuno dei maneggi segreti della sorella, provocati dalla sua ambizione». Il primo punto è la successione dell’Impero, cui si aggiunge la conservazione del trono partenopeo. L’ARMATANel 1812 Gioacchino deve raggiungere in Russia la Grande Armée, che abbandona in seguito provocando le ire dell’Imperatore. Intanto, la reggenza va a Carolina. Mentre tutto sta crollando, i Murat si avvicinano all’Austria e nel 1814 firmano un accordo in cui tradiscono Napoleone e la Francia per conservare Napoli. «I sovrani non hanno altra famiglia che i loro popoli!», dice lei. Gioacchino vorrebbe regnare sull’Italia unificata, tanto che lancerà il proclama di Rimini per l’indipendenza. Gli inglesi non lo riconoscono, ma la coppia reale rifiuta di sostenere Bonaparte in esilio all’Elba. Dopo la fuga di questi, tuttavia, il cognato si riavvicina a lui e rompe l’alleanza. Metternich pretende da Carolina la restituzione di Napoli. «La più pericolosa dei Bonaparte» viene costretta a emigrare. In rotta con i suoi, abbandonata dai figli maschi, l’ex regina morirà a Firenze il 18 maggio 1839. Senza essersi mai riconciliata con il fratello a cui doveva tutto.