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 2024  luglio 04 Giovedì calendario

Intervista a Marcello Veneziani



Marcello Veneziani, che cosa significa «amicizia»?
«Ci sono gradi e ambiti diversi di amicizia, e si può diventare amici per scelta o per sorte, ossia per affinità elettive o perché la vita ci ha portato a trovarci dalla stessa parte o nella stessa barca... Ma il tratto più nobile di ogni amicizia è nel legame affettivo che si genera tra persone che hanno piacere di stare insieme, si cercano e condividono alcuni aspetti della loro vita».
Nella società di oggi che significato ha l’amicizia?
«Le amicizie si sono rese più difficili e rare: da un verso si sono moltiplicate le forme surrogate di condivisione e comunicazione a distanza; dall’altro si sono impoverite la vita vissuta e la comunanza di destino. Si diradano anche i vivai di amicizia, i luoghi frequentati, le associazioni, le comitive, i circoli... Restano le reti: arcipelaghi di socialità in oceani di solitudine. Le società povere sviluppano le amicizie; le società benestanti, convinte della loro autosufficienza, sono portate alla solitudine».
Si parla tanto di «amici» ma in realtà c’è molta solitudine: un paradosso?
«Il richiamo agli amici è generico e superficiale; la reale condizione della nostra epoca è in prevalenza la solitudine: brevi e insignificanti rapporti sociali, spesso solo social. Ciascuno è chiuso in sé anche in presenza di altri: sta fisicamente a fianco ma è altrove, sta in mezzo agli altri e si sente più solo. Sono assai frequenti le comitive di eremiti, tutti insieme ma rapiti nei loro smartphone. I mezzi tecnologici avvicinano i lontani e allontanano i vicini».
Perché la solitudine è così diffusa oggi secondo lei?
«Per il logorarsi e deteriorarsi dei legami sociali e dei riferimenti sovrapersonali. Prevalgono l’egoismo e il narcisismo: siamo atomi, sempre più collegati e sempre più sconnessi, non comunicanti».
La solitudine può essere anche positiva?
«C’è una solitudine come scelta e una come privazione, che sarebbe meglio chiamare isolamento, come suggeriva Hannah Arendt. La solitudine può essere una conquista e una beatitudine; l’isolamento è una perdita del mondo e una sofferenza».
La solitudine ha un legame con le attività intellettuali?
«Le attività intellettuali, soprattutto contemplative e creative, sono in buona parte legate alla solitudine. Ma ci sono solitudini fertili che hanno come orizzonte la comunità, cercano e lasciano tracce intorno e dietro di sé; e ci sono solitudini sterili, a volte ringhiose, che si separano dal mondo e lo vivono con rancore».
C’è una relazione fra amicizia e solitudine?
«Si potrebbe dire che l’amicizia comincia dove finisce la solitudine; o che l’amicizia, quando è vera, salva dalla solitudine. La saggezza di vivere nasce da un buon equilibrio tra i due bisogni e i due momenti. I migliori amici sono compagni di solitudine, che ti danno voce senza toglierti i silenzi: sono un fiato, ma non ti tolgono l’aria».