La Stampa, 4 luglio 2024
Ursula apre al commissario anti-burocrazia l’ultima carta per far salire a bordo l’Italia
Cinque punti programmatici con altrettante priorità che stanno per essere tradotti in un documento di 40 pagine contenente le linee-guida politiche della prossima Commissione. Una trattativa ufficiale con il suo Ppe e con gli altri due gruppi di maggioranza (socialisti e liberali), una molto più «accorta» con i Verdi per incassare il loro sostegno (seppur con ogni probabilità soltanto esterno) e un negoziato sottotraccia con il governo italiano per assegnare a Roma un portafoglio di peso, ma stando ben attenta a separare questa partita dalle trattative politiche con i gruppi parlamentari. È il percorso lungo il quale Ursula von der Leyen si sta muovendo in vista del voto di fiducia previsto per il pomeriggio del 18 luglio a Strasburgo. Il terreno è un campo minato, ma nell’entourage della presidente della Commissione c’è grande ottimismo.
Von der Leyen ha mandato un messaggio chiaro ai leader del gruppo dei Verdi: fosse per lei, preferirebbe farli entrare ufficialmente nella coalizione di maggioranza. Ma il Ppe non vuole un’affiliazione «strutturale». Al tempo stesso, la presidente della Commissione ha ricevuto (e recepito) molto chiaramente il messaggio dei gruppi che sostengono la sua ricandidatura: non ci potrà essere alcuna trattativa formale con il gruppo dei Conservatori (che ieri si è costituito con 84 membri), ma nemmeno con la delegazione di Fratelli d’Italia. Questo però non vuol dire che il governo Meloni verrà messo ai margini, anzi: è ormai accettato da tutti che Roma avrà un portafoglio di rilievo nella prossima Commissione, ma dovrà essere molto chiaro che verrà concesso «in quanto Italia» e non in quanto governo guidato dalla leader dei Conservatori. Nell’intervista pubblicata ieri da La Stampa, il presidente del Ppe Manfred Weber è stato molto attento nel pesare le parole: ha volutamente sottolineato che «l’Italia merita rispetto» e si è ben guardato dal dire «Meloni merita rispetto». Proprio perché il tema ha ormai raggiunto un livello di sensibilità politica tale per cui qualsiasi minima apertura al partito della premier rischia di far crollare il castello di carte che von der Leyen sta faticosamente costruendo.
Negli incontri avuti a Bruxelles all’inizio della settimana, prima nel suo ufficio con i Verdi e poi in Parlamento con la conferenza dei capigruppo, von der Leyen ha delineato le cinque priorità del suo secondo mandato. Al primo posto c’è il termine «prosperità», un titolo sotto il quale la presidente della Commissione intende far ricadere le politiche per la competitività, il proseguimento del Green Deal («Nessun passo indietro» ha promesso agli ecologisti), gli investimenti, le politiche sociali e la semplificazione normativa. La scorsa settimana, durante le sue comunicazioni al Parlamento, Meloni aveva chiesto esplicitamente di introdurre un «commissario Ue alla sburocratizzazione», un ruolo al quale l’Italia potrebbe essere interessata. L’idea è contenuta anche nella bozza delle linee-guida del Ppe, che sottolinea la necessità di introdurre «un commissario per le piccole e medie imprese e per migliorare la regolamentazione»: il piano d’azione della Commissione punterà a «ridurre di un terzo» gli oneri burocratici per le aziende europee «entro il 2029».
L’elenco delle priorità di von der Leyen vede al secondo posto il capitolo «Difesa e sicurezza». Anche in questo caso, il Ppe preme per istituire la figura di un commissario ad hoc, che con ogni probabilità verrà introdotta. Movimenti simili sono in corso anche nell’Europarlamento, dove la sottocommissione «Sede» (Security and Defence) dovrebbe subire un «upgrade» e diventare una commissione vera e propria. Al terzo posto c’è poi la questione immigrazione: von der Leyen vuole accelerare con l’applicazione del nuovo Patto e nei suoi incontri con gli eurodeputati ha insistito molto sulla necessità di proteggere i confini, soprattutto in caso di utilizzo di strumentalizzazione dei flussi da parte di attori ostili (leggasi Russia). Non si è invece addentrata sulla controversa proposta del Ppe che vuole creare degli hub per i rimpatri dei migranti in Paesi terzi.
Al quarto posto c’è la salute, un settore nel quale l’azione congiunta dell’Ue può fare la differenza, come dimostrato durante la pandemia. Infine, c’è la dimensione geopolitica, all’interno della quale von der Leyen ha ribadito la necessità di accelerare il processo di adesione dell’Ucraina, ma anche della Georgia, della Moldavia e dei Paesi dei Balcani.
Sullo sfondo di tutto c’è il pallottoliere. Sulla carta von der Leyen ha 400 voti tondi. Per superare il quorum ne servono almeno 361. I 54 voti dei Verdi sono considerati preziosissimi dalla presidente per compensare eventuali franchi tiratori, per questo mercoledì prossimo dovrebbe incontrare il gruppo degli ecologisti. Ma i paletti fissati da Weber nell’intervista a La Stampa hanno fatto emergere qualche ostacolo. Il presidente del Ppe vuole che i Verdi sostengano l’intesa con la Tunisia e l’accordo commerciale con il Mercosur. Quasi una provocazione. I diretti interessati, a precisa richiesta, hanno preferito non commentare le parole del leader del Ppe proprio per non guastare le trattative che comunque vedono i Verdi intenzionati a dare almeno una sorta di supporto esterno a von der Leyen. —