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 2024  luglio 04 Giovedì calendario

Il Labour verso una vittoria record. E i Tory rispolverano Johnson


LONDRA Le campagne elettorali inglesi finiscono sempre al suono dell’ultimo sondaggio. E quello reso noto ieri sera da YouGov, frutto della consultazione di quasi cinquantamila persone, somiglia molto al rintocco di una campana a morto per i Tory. Il Labour sembra avviato verso una vittoria a valanga che gli consegnerebbe la più ampia maggioranza parlamentare dal lontano 1832. Al partito guidato da Keir Starmer verrebbero assegnati 431 seggi, dodici in più di quelli ottenuti nel 1997 ai tempi della trionfale prima volta di Tony Blair, oltre il doppio rispetto alla sconfitta del 2019 che costò il posto di segretario a Jeremy Corbyn.
Ma forse il peggio di quel che aspetta ai conservatori è riassunto nelle parole consegnate da un anonimo ministro uscente a Sam Coates, analista politico di Sky news. «Sarei disposto a dare una mano se questi numeri venissero confermati». Mentre Starmer lusinga il campo avverso affermando che «finché sarò in vita» il Regno Unito non rientrerà mai nell’Unione europea, il timore di scendere persino sotto la soglia psicologica dei cento deputati, rendendo la disfatta ancora più epocale, è ben presente tra i dirigenti Tories. Qualcuno si appresta ad abbandonare la nave in anticipo. «È ormai da molto tempo che abbiamo perso la nostra strada», ha detto Jacob-Rees Mogg, uno dei pezzi grossi del partito, mentre era impegnato a salvare il suo posto in un collegio del Somerset.
L’uscita dalla Ue
Starmer lusinga
il campo avverso dicendo: non rientriamo finché sarò in vita
Comunque vada, e salvo sorprese che dovrebbero essere davvero grosse, per l’attuale segretario e primo ministro Rishi Sunak sarà un disastro. Martedì sera, durante il suo ultimo appuntamento a Londra, il suo intervento è stato breve, quasi dimesso. «Cerchiamo di non consegnare una vittoria schiacciante ai laburisti», ha detto, riconoscendo in anticipo la sconfitta che sta per arrivare. Prima di lui, era salito sul palco l’ospite a sorpresa, l’unica persona capace di risollevare una platea depressa. «Questa maggioranza gigante del Labour sarà l’incubatrice di numerosi orrori futuri che attendono il nostro Paese». Era da tempo che Boris Johnson non si faceva vedere in giro. Il ritorno in campo di una figura come la sua, ancora molto popolare tra i Tory, è una mossa disperata, l’unica possibile. Ma rappresenta anche un pericolo per Sunak e per i dirigenti che lo sostengono.
Per convincerlo a fare una breve apparizione, l’attuale primo ministro ha dovuto umiliarsi chiedendogli aiuto con un accorato messaggio telefonico. Proprio come chiedeva l’aventiniano Johnson, che considera Sunak l’artefice della sua caduta nel 2019. I due non si sono mai amati. «Troppi nostri simpatizzanti si preparano a votare per Starmer e per altri partiti, senza sapere che otterranno esattamente l’opposto di quel che desiderano». Nei suoi dieci minuti di discorso, ha attaccato i putinisti e i corbinisti, ma non ha mai nominato Sunak. Neppure una volta. «Boris e Rishi uniti per fermare lo Starmaggeddon» titolavano i tabloid schierati con i Conservatori. Ma l’unica foto in prima pagina era quella del grande ex. Più che la difesa di un presente mai così difficile, il ritorno di Johnson sembra un’anticipazione del prossimo futuro dei Tory.