la Repubblica, 4 luglio 2024
Leonard e Marianne, un amore estivo
«Carissima Marianne, sono proprio dietro di te, così vicino da poterti tenere la mano. Anche il mio vecchio corpo si è arreso, proprio come il tuo. Non dimenticherò mai il tuo amore e la tua bellezza. Ma questo lo sai, non ho bisogno di dire altro. Fai buon viaggio vecchia amica, ci vediamo lungo la strada, con infinito amore e gratitudine. Leonard». Era stato un amico ad avvertire Leonard che Marianne stava morendo di leucemia in un ospedale di Oslo. Tre mesi dopo, il 7 novembre del 2016, sarebbe morto anche Leonard, a Los Angeles. «Now so long, Marianne, it’s time that we began/to laugh and cry/and cry andlaugh about it all again» aveva scritto lui cinquant’anni prima in una delle sue canzoni più celebri, dedicata a lei. Leonard Cohen e Marianne Ihlen si conoscono negli anni Sessanta, e hanno un sogno, lo stesso di quasi tutti in quel periodo: far coincidere l’amore con la libertà. Passando attraverso tutto. «Oh, like a bird on the wire/ Like a drunk in a midnight choir / I have tried in my way to be free…», scrive lui in un’altra canzone, Bird on the wire. Anche questa dedicata a Marianne.
Lei era la sua musa, lui era l’uomo più bello, talentuoso e gentile che avesse mai conosciuto. A differenza del marito Axel, padre di suo figlio Little Axel, che di mestiere faceva lo scrittore ed era irascibile e violento. I tre avevano lasciato la Norvegia e si erano trasferiti a Hydra, una piccola isola greca di fronte al Peloponneso. Un’isola silenziosa, al posto delle automobili si usano i muli e le case non sono bianche e intonacate a calce come nelle Cicladi, ma in stile veneziano. Hydra è il paradiso di molti artisti che arrivano da tutto il mondo, comprano le case con pochi dollari, e passano le giornate a scrivere, dipingere suonare, bere ouzo e a calarsi acidi. Un sogno psichedelico al centro del quale c’è quell’uomo canadese e gentile, che ha appena vinto un premio letterario e non ne può più del freddo e la neve di Vancouver. Appena sbarcato vede uscire da un negozio una donna dal viso rotondo, gli occhi ridenti, i capelli schiariti dal sole e la carnagione dorata. La invita al suo tavolino, lei accetta. Leonard Cohen – il suo nome ebraico, che userà quando nel 1973 durante la guerra del Kippur andrà in Israele a suonare per i soldati, è Eliezer – borghese, orfano di padre da quando aveva nove anni. Cresce con una madre bellissima e pazza, di origine lituana che lo inizia alla musica. La depressione, la malattia mentale, il buio saranno i suoi compagni di viaggio, nell’arte e nella vita. Demoni che non gli daranno tregua, mai. Sono fuggito per tutto il tempo della mia vita, sono stato un egoista, ho fatto soffrire le persone che amavo, dirà, ma per me era una questione di sopravvivenza.Scompariva, persino quando era diventato uno dei musicisti più famosi del suo tempo diceva ti chiamo domani, e si rifaceva vivo dopo sette anni. E magari si faceva monaco di un monastero tibetano. La disciplina era un antidoto alla deriva della sua anima, la sua fame di sesso e di amore erano insaziabili. Sono stato fortunato, dice, a vivere in un tempo nel quale gli uomini e le donne collaboravano a darsi gioia e piacere,senza confini. E Marianne? Nell’isola, racconta, ero l’unica a non saper fare niente. Il mio unico talento è vivere, e io vivo. Appena conosce Leonard lascia il marito, che a sua volta si era invaghito di una pittrice americana. Lei, Little Axel e Leonard sono felici e liberi. Nuotano nudi nel mare, camminano, prendono il sole. Il bambino gioca coi figli di un’altra famiglia di expat americani. Sembra tutto perfetto, ma tutto sta per cambiare.
Il romanzo che Leonard ha scritto a Hydra, Beautiful loser non sarà il successo che si aspettava. In America, dove è andato a promuoverlo, inizia allora a scrivere canzoni, poi a cantarle nonostante la timidezza, poi a inciderle (So long, Marianne diventa la prima traccia del lato B del suo primo 33 giri) e portarle in tour. E piano piano si allontana dall’isola. Eppure quando si sistema a New York scrive subito a Marianne di raggiungerlo. Lei arriva, scende dall’aereo abbronzata, tenendo per mano Little Axel. Ma i poeti non sono bravi mariti, spiega la moglie del poeta Irving Layton, amico e maestro di Leonard. Nato in Romania, si era trasferito in Canada dove si conobbero. Fu lui a far pubblicare il primo libro di poesie di Leonard, e Leonard in cambio gli insegnò come vestire. Neanche i registi, i musicisti, gli artisti… tutte le donne li amano e li desiderano ma sono inafferrabili, li vorresti per intero e non puoi averne neanche un pezzettino. Irving, dice ancora la moglie, era così, e anche Leonard. E quando ci disse che avrebbe fatto venire Marianne perché voleva che lei fosse lì, sapevamo che un attimo dopo se ne sarebbe pentito, e che sarebbe stato un disastro.
Fu un disastro, soprattutto per Little Axel che finì in un collegio inglese, dal momento che la madre, sempre in giro, non poteva occuparsi di lui e della sua educazione. E poi sempre peggio, tra droghe e ospedali psichiatrici. Ma anche per Marianne che, nonostante il suo genio per la vita e l’ossessione per la libertà, non riuscì a sopportare a lungo di vivere in una casa che Leonard divideva anche con la sua amante Janis Joplin. Per lei, per la meravigliosa e disperata Janis, Leonard scrisse Chelsea Hotel, perché è questo che fanno gli artisti quando amano: scrivono, dipingono, compongono. Marianne invece, che non era e non voleva essere un’artista, partì per la sua isola. Ma quando la madre la chiamò e le disse che era ora di tornare a casa, trovarsi un lavoro e un marito per bene, fece esattamente così.
Leonard amò molte altre donne, ebbe due figli, scappò ma ogni volta che faceva un concerto, invitava Marianne. E al microfono, dal palco, spesso si chiedeva chissà se Marianne c’è, se è lì tra voi. Anche quando, a settantacinque anni, dovette riprendere a suonare, perché la manager, e sua migliore amica, gli aveva rubato tutti i soldi. Nel documentario che racconta la loro storia – Marianne & Leonard – Parole d’amore, regia di Nick Broomfield – c’è una scena in cui Leonard canta So long, Marianne e lei, in platea accanto al marito norvegese, sorridendo, canta con lui. Hanno entrambi quasi ottant’anni, e sono bellissimi.