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 2024  luglio 03 Mercoledì calendario

Intervista a Vittorio Emanuele Filiberto

«Mi dovete spiegare perché quando si parla della nostra famiglia debba sempre essere tutta una polemica, tutto un mistero». Emanuele Filiberto, principe di Piemonte e Venezia, erede a un trono che non c’è, è arrabbiato, anzi, arrabbiatissimo. Dopo le polemiche per la sua presenza alla cerimonia per il milite ignoto a Nervesa, quelle per aver sepolto il padre in sordina, quasi di nascosto, dopo cinque mesi che non si trovava l’accordo per la posizione della tomba nella cripta reale a Superga. «Basta, abbiate pietà, lasciate in pace mio padre», dice perdendo quella calma che lo ha sempre contraddistinto, imparata in esilio e in una vita passata a difendere il genitore.Principe, però le contestazioni per la sua presenza a Nervesa, e il “giallo” della tumulazione in solitaria, sono fatti.«Ho diritto a seppellire mio padre nel modo che ritengo più idoneo? Ero da solo perché mamma non è potuta venire, è in convalescenza dopo 5 settimane in ospedale».Mi dispiace. E la sua famiglia? Clotilde, le ragazze?«Ho scelto il riserbo e non credo di essere costretto a dare troppe spiegazioni».Almeno ci spieghi perché la tumulazione è avvenuta in un corridoio, e non dietro all’altare come avevate chiesto. E dopo cinque mesi.«Era una mia idea mettere la tomba sotto l’altare. Ma la sovrintendenza ha detto che non si poteva perché quello è un luogo di preghiera. Ci hanno detto che se lo volevamo nella sala reale l’unica possibilità era costruire un sarcofago e appoggiarlo alla parete. E non è un corridoio».Parliamo di Nervesa della Battaglia, dove è stato contestato qualche giorno fa per la sua partecipazione all’inaugurazione di un monumento al milite ignoto.«Ho visto delle persone che si vogliono fare pubblicità. Che senso ha discriminare una persona che è nata nel ’72, che ha un cognome sì importante, ma che vuole rendere omaggio? Le colpe dei padri mi sa che non cadono solo sui figli ma anche sui nipoti. E solo se ti chiami Savoia. Se hanno studiato la storia di Vittorio Emanuele III sanno quanto lui ha fatto durante la Prima guerra mondiale. Lo chiamavano il re soldato, un appellativo guadagnato sul campo per aver passato tre anni sul fronte. Sono stupidaggini, però fanno comodo alla stampa che le riprende e ne nasce un gran polverone... La cerimonia è stata bellissima e con gli ordini dinastici di casa Savoia compreremo dei defibrillatori che metteremo in vari comuni oltre a Nervesa».Come la vive questi primi mesi da capofamiglia?«Molto intensamente, sto facendo il giro di tutte le delegazioni degli ordini dinastici in Italia e all’estero. Sono da poco tornato dal Giappone e prima sono stato negli Stati Uniti. L’anno scorso abbiamo potuto dare in beneficenza, in contributi diretti, 3 milioni di euro».È un momento in cui, dopo il caso Ferragni, si è molto attenti alla trasparenza delle iniziative benefiche.«Giustissimo. Da quando mio padre ha preso la guida degli ordini dinastici, nel 1983, abbiamo versato a cause benefiche più di 42 milioni di euro. Dunque prima di criticare sempre vedessero le cose concrete che si fanno».Sua figlia Vittoria è adesso l’erede del casato. Partecipa alle iniziative di casa Savoia?«Adesso è a New York e sta studiando Storia dell’arte, storia e teatro».Vuole fare l’attrice come la mamma?«Credo che voglia aprire una galleria d’arte. Per settembre sta organizzando la sua prima grande mostra nel sud della Francia».E la piccola, Luisa?«Studierà legge in Spagna».Che rapporti ha con le sue figlie?«Sono ragazze intelligenti e brave, ne sono orgoglioso. Devo dire grazie a Clotilde perché è lei che di fatto ha educato le ragazze».Lei e sua moglie però vivete separati giusto?«Io tra l’Umbria e Montecarlo e lei a Parigi. Ma siamo comunque molto uniti e appena possiamo ci vediamo. Se no ci telefoniamo».Non convivere è il segreto della felicità coniugale?«Io sono l’ultimo che può dare consigli sull’amore, però a noi questa routine funziona. Ma non dovevamo parlare della sepoltura di mio padre?».Cosa le manca di più di suo padre?«Lo sguardo, il sorriso, il suo senso dell’umorismo, i momenti che passavamo insieme a parlare di storia. Per me sempre stato molto presente. E mi manca tanto».Come ha vissuto gli errori fatti da suo padre?«Io sono aperto al confronto, ma occorre essere giusti e sentire sempre tutte le campane. E comunque è mio padre, e il suo vero lascito è l’amore con cui mi ha fatto crescere. Facciamo polemica anche su questo?». —