La Stampa, 3 luglio 2024
Ritratto di Jill Biden
C’è un tipo di donna che ha regnato negli anni del boom e anche dopo, e – decessi permettendo – continua a farlo. Che ora potrebbe contribuire alla fine del mondo (o dell’America, della democrazia, argomenti a piacere). Che ha fatto la moglie però laureata, la super-mamma però di figli tossici, quella che non lavora o ha un lavoretto ma è indispensabile all’uomo di successo; in modo post-amoroso e pre-politico. Si è espressa come mammina da telefilm americano (appunto), moglie di manager (apoteosi anni Ottanta), e moglie di potere. Mai, d’aspetto, una lady Macbeth/Crudelia Demon. Casomai – definizione di Alberto Arbasino – «una di quelle mogli di Magnifico Rettore che mangiano il pomodoro col riso ai parties». E da dietro il pomodoro col riso notano tutto, si arrabbiano con chiunque critichi il marito, e il marito importante dipende da loro, e senza di loro non decide. Jill Biden è un tipo così. Come tante mogli di potere prima di lei, ha come quasi unico metro di giudizio il ruolo del marito. Come le signore borghesi anni Settanta ha dei cani lupo che mordono tutti. Come una first lady da film catastrofico è possibile demiurga di una scelta che può cambiare il pianeta.
«Impassibile nel panico»
Jill Biden non vuole che il marito si ritiri, e per questo, per mezza America, è diventata una cattiva; non più una prima dama tranquilla, lasciata in pace perché matriarca di una famiglia che ha sofferto. La prima moglie e la figlia piccola di Joe Biden sono morte in un incidente, Jill ha fatto da madre ai piccoli Beau e Hunter, e da nonna ai loro figli. Beau è morto di tumore e Hunter è in attesa di sentenza (la figlia di Joe e Jill, Ashley, è stata arrestata solo al college). Perché ha passato otto anni come second lady e c’era Michelle Obama. Perché dopo quattro anni di Donald Trump e della poco amichevole Melania sembrava una signora normale. Non l’hanno presa in giro perché si fa chiamare Dr. Jill Biden per via del dottorato in Scienze dell’educazione, o per i pastori tedeschi che mordevano gli agenti segreti. Poi c’è stato il dibattito di giovedì scorso. E la nascita di un sentimento anti-Jill.
A Washington, racconta il Financial Times, «molti sono convinti che la first lady sia attaccata alla Casa Bianca, allo status e alle comodità. Un democratico l’ha paragonata a Edith Wilson, che prese in mano la Casa Bianca dopo l’ictus di Woodrow Wilson», e son cose.
E così viene definita «impassibile al panico», sorda alle richieste di intervento, entusiasta del marito anche dopo il dibattito disastroso. E così ha mandato in bestia molti. Quelli che ora la accusano di dare la colpa ai consiglieri di Biden, un classico da azienda familiare che va male; e di tenere Biden lontano dalle persone che vorrebbero dirgli di ritirarsi, un classico delle faide familiari con patriarca rimbambito. Anche italiane, che poi Jill Biden è italiana, di origini.
La ragazza Mid-Atlantic
Nasce nel 1951 Jill Jacobs, che è un’anglicizzazione di Giacoppo, i nonni venivamo dalla Sicilia. Prima di cinque sorelle, cresce nel ceto medio della costa Mid-Atlantic, in New Jersey e Pennsylvania. Lascia il college per sposare un ex giocatore di football, divorzia e va in Delaware, dove lavora prima come maestra poi come assistente parlamentare di Joe Biden, che sposa nel 1977. Nelle foto d’epoca è carinissima, il giovane senatore la guarda felice. Negli anni successivi è sempre attiva; nei decenni di politica e guai la sua faccia si indurisce; il matrimonio resta granitico. Nel 2008 lui, appena scelto da Barack Obama come candidato vicepresidente, presenta la moglie come «drop dead gorgeous», bella da restarci secchi. Nel 2020 lei fa muro contro le accuse al marito di allungare le mani in giro. E si arrabbia in eterno con Kamala Harris che fa a pezzi Biden in un dibattito. Non è felice quando diventa il numero due del ticket, dicono che abbia anche lei lavorato per non farle toccare palla, fino a qui (è contrarissima a Harris presidente, ovvio).
Autocratica su Vogue
E poi, con timing imperiale e infausto, è uscita la copertina di Vogue. Jill Biden è in bianco Ralph Lauren, dice «noi decideremo il nostro futuro». Per alcuni, «ha un’aria vagamente autocratica», anche se gli autocrati paiono altri. Accolta male, la cover è stata affossata con garbo dal Washington Post: «Forse è pensata per beatificare Jill Biden, ma il momento e l’effetto suggeriscono che lei creda nei miracoli (poi nei commenti le dicono di tutto, nda)». —