La Stampa, 3 luglio 2024
Intervista a Matteo Renzi
Matteo Renzi non ama la definizione “fronte popolare”, ma in questa intervista apre al dialogo con Elly Schlein per unire la sinistra in un soggetto plurale. Dice che voterà no al referendum contro il Jobs Act, sì a quello contro la riforma delle Autonomie. È felice di passare parte del tempo all’estero, e della collaborazione con Tony Blair. Ed è disposto a un altro passo indietro per far nascere la gamba centrista della sinistra: o un Terzo Polo o una nuova Margherita aperta ai cattolici.
Senatore Renzi, partiamo dalla Francia. Secondo lei Emmanuel Macron ha fatto un azzardo con le elezioni anticipate? Aveva alternative dopo il risultato delle Europee?
«Non molte. Il governo Attal avrebbe potuto continuare fino a settembre, poi sarebbe caduto sulla legge di bilancio. L’errore che Macron ha commesso è stato forzare i tempi: avrebbe potuto sciogliere l’Assemblea Nazionale dopo le Olimpiadi, costruendo meglio un rapporto con Raphael Glucksman e i socialisti. Ma ormai è inutile parlarne. Quella di Macron è una scommessa: se funziona diranno che è un genio, se non funziona diranno che è finito. Il destino degli azzardi politici è sempre quello. Tutto il mondo è paese».
Pensa che Jordan Bardella sarà premier? Lei è preoccupato?
«Ha il cinquanta per cento di possibilità: molto dipenderà da un pugno di voti in tanti collegi. Più che per gli italiani sarà un problema per i francesi, tenuto conto dell’agenda di quel partito. Al Consiglio europeo continuerà a sedere Macron: la politica estera resterà saldamente nelle sue mani, lo dice la Costituzione. Bardella premier non sarebbe un problema come potrebbe esserlo Le Pen presidente. La vera partita per il futuro dell’Europa si gioca nel 2027 per l’Eliseo come per Palazzo Chigi».
Mario Monti dice che i sistemi presidenziali mostrano la corda. Lei che ne pensa?
«Mi sembra un’analisi superficiale. Il problema a mio avviso non è l’uomo solo al comando, ma la crisi delle democrazie in tutto il mondo. È di questo che dovremmo discutere».
Ursula Von der Leyen sarà presidente della Commissione? Sappiamo che lei non l’avrebbe confermata, ma le chiedo: a questo punto – per citare sempre Monti – è nell’interesse italiano votarla?
«L’Italia ha un unico interesse: che l’Europa funzioni. E purtroppo Ursula non garantirà questo, anzi. Giorgia Meloni ci racconterà che grazie alle sue doti diplomatiche otterrà una vice presidenza per Raffaele Fitto. E dunque voterà per Ursula e la venderà come un trionfo. Ma le vicepresidenze le abbiamo sempre avute, non è un merito di questo governo. Meloni è una influencer che pensa solo a comunicare. Poi escono i dati Istat e si vede che la pressione fiscale è aumentata dello 0. 8% rispetto allo scorso anno. Ma di questo non parla nessuno, chissà perché».
Non pensa sia stato un errore escludere Giorgia Meloni dai tavoli delle trattative? O ha sbagliato lei a pretendere di farlo da leader di Ecr?
«Si è fatta fuori da sola. Ha preso i voti per contare in Europa e abbiamo visto che a Bruxelles non conta nulla. O meglio: contano solo le procedure d’infrazione. Da italiano mi dispiace ma la responsabile dell’isolamento è solo lei».
Elly Schlein ha lanciato il fronte popolare in Italia contro tutte le destre. Italia Viva ne farà parte?
«In Italia chiamarlo Fronte Popolare non mi pare il massimo. Peraltro non usi questa espressione con uno come me, uno che è degasperiano fino al midollo: i conti con il Fronte Popolare li abbiamo fatti nel 1948. Però, al di là delle battute, credo che Schlein stia seguendo un percorso intelligente dal suo punto di vista. Schlein al vostro giornale ha detto: non metto veti, non accetto veti. E su questo fa fare al Pd un grande passo in avanti. Perché nel 2022 l’accordo fra Partito Democratico e Italia Viva non si fece per una precisa scelta di risentimento personale di Enrico Letta».
E dunque? Che farà Italia Viva?
«Se non ci sono veti, Italia Viva deve decidere che cosa fare da grande. Siamo a un bivio: facciamo una Margherita 2. 0 alleata con il centrosinistra? Per dirla di nuovo con De Gasperi: un centro che guarda a sinistra, perché tutti sanno – Elly per prima – che senza questo centro la sinistra non vince. Oppure facciamo un tentativo di ricostruire il Terzo Polo? Questa è la scelta che Italia Viva dovrà fare adesso».
Luigi Marattin ed Enrico Costa propongono la nascita di un nuovo soggetto liberaldemocratico che unisca Azione e Italia Viva. Che ne pensa?
«È una delle due possibilità: o col centrosinistra o ancora da soli. Scelta tosta, ma una scelta da fare. Il Terzo Polo è stata un’ottima idea, distrutta inspiegabilmente da Calenda. Marattin, Costa e tanti altri vorrebbero farlo ripartire e io ho già detto che se deve rinascere il terzo polo, serve un terzo nome rispetto a me o a Calenda. Dirigenti della Fondazione Einaudi hanno proposto le primarie perché la nascita di questa scommessa avvenga nei seggi elettorali e non su Twitter: una strada possibile».
Lei ha già fatto un passo indietro alle Europee mettendosi in fondo alle liste. Dunque lo farà anche per agevolare la nascita del nuovo soggetto?
«Io esco dalle Europee avendo preso molti voti personali. Non sono bastati perché la lista è andata male, vista la radicalizzazione, ma ci ho messo la faccia e ho preso molte preferenze in più di chi ha messo veti. Oggi sto facendo mille cose, in Italia come all’estero. La nuova collaborazione con Tony Blair mi riempie di entusiasmo. Non ho dunque un problema personale: aiuterò a scegliere in modo libero e democratico tra l’ipotesi di un nuovo terzo polo e quella di una nuova Margherita. Italia Viva intanto in questi mesi raccoglierà le firme per il referendum contro l’autonomia differenziata. Che io definisco burocrazia indifferenziata. Voteremo però no ai referendum contro il Jobs Act».
Matteo Renzi avrebbe fatto parte del fronte popolare contro Le Pen?
«Avrei fatto parte del fronte centrista, avrei fatto le desistenze contro la Le Pen e portato il mio contributo da riformista. In Gran Bretagna il Labour vince solo ora che con Starmer riscopre l’eredità blairiana: un motivo ci sarà, non crede? Senza il centro non si vince». —