Corriere della Sera, 3 luglio 2024
Da Hollande a Ciotti, le sfide chiave. L’ex presidente rischia nella sua roccaforte
Chi si gioca la faccia, chi l’intera carriera politica. La Francia dei duelli al secondo turno delle elezioni politiche, domenica prossima, è un carosello di volti notissimi e sconosciuti alla ribalta, ogni vittoria o sconfitta suscettibile di cambiare gli equilibri del nuovo Parlamento.
Grande attenzione al ritorno in campo dell’ex numero uno François Hollande, il presidente della Repubblica (2012-2017) che ha retto con solidità il Paese durante l’onda atroce delle stragi islamiste, e che ha finito per farsi immortalare con il casco in testa e un croissant nel sacchetto davanti al portone dell’amante, oggi moglie, l’attrice Julie Gayet.
Dagli anni cupi della figuraccia e, soprattutto, del crollo verticale del suo Partito socialista, fin quasi alla scomparsa, Hollande si è di recente risollevato. Ottimo successo di pubblico per il suo ultimo libro sulla storia della sinistra, un apparente ritorno di fiamma con gli elettori e soprattutto una coraggiosa presa di posizione all’indomani dello scioglimento del Parlamento. È stato lui uno degli artefici del Nuovo Fronte Popolare, che ha incluso l’ala estrema della France Insoumise di Mélenchon, per arginare l’avanzata del Rassemblement national.
Ora tutto questo lento lavoro di risalita va alla prova finale nella sua roccaforte di Tulle in Corrèze, dove – ironia – proprio lo stratega del blocco e delle desistenze sarà costretto a una faticosa triangolare; in vantaggio con il 37 per cento, sì, ma contro una candidata di Rn al 31, e soprattutto contro un esponente dei Républicains, Francis Dubois, che non ne ha voluto sapere di cedere il passo e con il suo 30% gli ha annunciato battaglia. Se dovesse perdere, Hollande potrebbe ritirarsi dalla politica.
Altra resa dei conti vitale per il ministro dell’Interno uscente Gérald Moussa Darmanin, nella cittadina di cui è stato due volte sindaco, Tourcoing, decima circoscrizione Nord. Al primo turno è passato in testa, con il 36 per cento, ma di misura sul candidato della destra estrema Bastien Verbrugghe. Arrivato alla galassia di Macron da gollista, benché espressione dell’ala «sociale», Darmanin potrebbe beneficiare di un esempio da manuale della desistenza annunciata dal Fronte Popolare: la candidata in quota France Insoumise, Leslie Mortreux, ha accettato (a malincuore) di fare marcia indietro.
Non si ritira, invece, Raphaël Arnault, insoumis arrivato al duello in Vaucluse dietro alla candidata Rn, ma soprattutto additato come uno degli «impresentabili» imposti da Mélenchon: secondo alcuni media, tra cui Radio Europe 1, Arnault, 29 anni, militante antifascista muscolare, servizio d’ordine nelle manifestazioni più arrabbiate, sarebbe stato condannato in primo grado a Lione per aggressione a un ragazzo individuato come militante di destra. Ed è «fiché S» dai servizi di sicurezza francesi: schedato come possibile pericolo pubblico. Con poco entusiasmo il terzo classificato, l’ispettore del lavoro Philippe Pascal, espressione del resto della sinistra, ha fatto appello a votare l’«estremista». Ma non è certo che gli elettori moderati lo seguano.
Occhi puntati nella Sarthe sulla maggiore delle sorelle Le Pen, Marie-Caroline, 64 anni – un tempo lontano favorita alla successione del patriarca – che nel 2022 era stata eliminata e che stavolta deve necessariamente riuscire per restare in campo: parte da un buon 39,26%, ma è sfavorita dalla desistenza di Ensemble a favore della sinistra.
Più facile, ma delicata, la sfida del contestato presidente dei Républicains Éric Ciotti che ha deciso, con una parte dei suoi, di allearsi con Rn e deve passare da un triangolare nella prima circoscrizione Alpes-Maritimes per poter dire di aver avuto ragione.