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 2024  giugno 15 Sabato calendario

Biografia di Joyce Carol Oates

Joyce Carol Oates, nata a Lockport (New York) il 16 giugno 1938 (86 anni). Scrittrice. Ultimo libro: la raccolta di racconti Zero-Sum (2024). «Il sogno americano è fallito».
Vita «Il mio interesse letterario scaturisce in gran parte dalla madre di mio padre, che era ebrea, ma non riconosceva sé stessa come ebrea, e tuttavia esaltava qualità come l’istruzione, la lettura dei libri, il rispetto per la ragione e l’intelletto» (a Eleonora Barbieri) • «È nata da genitori cattolici ed è cresciuta con un fratello e una sorella in una comunità rurale, studiando e vivendo in un clima sereno. […] In un’intervista ha definito la sua infanzia più che altro “noiosa, banale, poco interessante”. Forse per evadere da questa insignificanza cominciò a inventare storie fin da bambina, prima disegnandole, poi quando imparò a scrivere raccontandole in centinaia di pagine scritte a mano. Fu sul giornale dell’Università di Syracuse (dove si iscrisse nel 1956) che uscì il suo primo racconto; e nel 1959 meritò il premio della rivista Mademoiselle per il racconto In the Old World (Nel vecchio mondo). Questo brillante inizio scolastico continuò in una serie di successi. […] Nel 1963 uscì la sua prima raccolta di quattordici racconti, By the North Gate (Accanto alla Porta Nord), il cui titolo derivò da una poesia di Rihaku dove la Porta Nord designa il confine tra la civiltà e la barbarie (l’esistenza della barbarie nel mondo della civiltà è uno dei temi dominanti della poetica della Oates). […] Forse è proprio la capacità di fondere nella sua scrittura (poliedrica oltre che fluviale) realismo, naturalismo, surrealismo, perfino minimalismo (mai postmodernismo, da lei aborrito) a costituire la caratteristica di questa scrittrice: […] a chiederle che definizione vorrebbe per la sua opera, la Oates risponde nelle interviste “realismo psicologico”. […] In realtà l’influenza-base sulla Oates sembra venire dalla tradizione gotica e da quello gotico-sudista: un’influenza strana e interessante, perché con il Sud la Oates non ha mai avuto niente a che fare e perché la realtà ambientale che l’ha circondata è sempre stata placida e ben lontana dagli orrori che si è compiaciuta di descrivere. La sua esistenza esteriormente tranquilla si è sempre svolta nel benessere delle università: ha insegnato nell’Università di Detroit dal 1962 al 1967, in quella di Windsor dal 1967 al 1978 e in quella di Princeton dal 1978 in poi; tra un incarico e l’altro ha meritato nel 1970 il prestigioso National Book Award per il romanzo Them (Quelli, 1969) e nel 1978 è stata accolta nell’Accademia americana di arti e lettere. […] La sua dichiarazione nelle interviste “Tutta l’arte è autobiografica” è tanto più imprevedibile perché nulla nella sua vita esteriore si può collegare col terrore e la violenza sempre presenti nella sua narrativa: forse anche per questo è tanto più lodata la sua capacità di descrivere i tormenti e i turbamenti subiti dalla gente comune nel mondo moderno. La Oates scrive di operai di fabbrica, commercianti, maestri, predicatori: gente che vive in un mondo borghese, chiusa nelle case, intenta ai suoi barbecue nei cortili, ai suoi shopping centers, ai suoi ristoranti drive-in, a mari di automobili, oceani di televisioni. Esternamente questi personaggi sembrano comuni e prevedibili; interiormente sono complessi, spesso terrorizzati dal destino o dalle loro stesse paure. Sono personaggi collocati dalla Oates in pagine che ritraggono ripetutamente paura e violenza: assassini, suicidi, stupri, sommosse, incendi, pestaggi. […] Per Joyce Carol Oates il mondo “gotico” di oggi non è costituito da fantasmi in antichi castelli in rovina quanto da esistenze tormentate in città moderne altrettanto in rovina di quegli antichi castelli. La scrittrice ha detto in un’intervista: “Percepire la nostra situazione come fondamentalmente grottesca e ‘gotica’ non è altro che fare una valutazione del tutto realistica della vita moderna”. […] Forse si può dire che l’importanza della sua opera non dipende dal suo modo di scrivere ma dalla sua abilità di rivelare lo “straordinario” dietro la facciata dell’“ordinario” e dalla sua visione di un’America urbana intesa come un mondo ossessivo di incubi, paure nevrotiche e brutalità grottesche. Questo suo tormentato mondo poetico si rivelò già nel suo primo racconto, quando a quindici anni la Oates si presentò con la storia di un tossicodipendente che cercava di redimersi accudendo uno stallone; racconto che non fu pubblicato perché “troppo deprimente”, ma che segnò l’avvio di un’ininterrotta attività letteraria, il cui vero inizio viene fissato di solito nel 1959 (quando meritò il premio della rivista Mademoiselle) e confermato nel 1963 (quando uscì la sua prima raccolta di racconti By the North Gate) e nel 1964 (quando uscì il suo primo romanzo With Shuddering Fall [Con tremante caduta]). La Oates aveva ventisei anni, e già in questo romanzo era presente la sua Eden County immaginaria; […] e già la protagonista si muoveva in un mondo di violenza, follia e sessualità che diventò uno dei segni distintivi della sua narrativa. Da allora questa scrittrice straordinariamente prolifica ha pubblicato un libro all’anno» (Fernanda Pivano) • «Ai suoi esordi Joyce Carol Oates si dedicò a una serie di cronache americane convergenti sul declino etico-sociale in cui, a suo avviso, il suo Paese versava dopo la svolta di metà secolo. […] Nasce così, tra il 1967 e il 1971, in un fluire inarrestabile di pagine, il quartetto Wonderland, un’epopea americana che, prendendo le mosse dagli anni postbellici e dai residui della Depressione, approdava ai disordini di Detroit del 1967, descritti in Quelli (1969), il più famoso dei quattro romanzi» (Caterina Ricciardi) • «Anche se ha scritto 56 romanzi, 39 raccolte di racconti, 18 saggi, due mémoire, 9 pièce, 11 libri di poesie, 6 per i teenager e 4 per i bambini, Joyce Carol Oates non ha dubbi. L’autrice […] è molto legata a Blonde, pubblicato nel 1999. Travolgente, monumentale e liberissima biografia di Norma Jeane Baker, passata alla storia come Marilyn Monroe» (Maria Laura Giovagnini). Tra i suoi libri, ha dichiarato di amare particolarmente anche i romanzi Quelli (1969), La figlia dello straniero (2007) e Il maledetto (2013) e i testi memorialistici Storia di una vedova (2011) e I paesaggi perduti. Romanzo di formazione di una scrittrice (2015) • Da molti anni insegnante di scrittura creativa, ha avuto tra i suoi allievi Jonathan Safran Foer • «Nell’Università pubblica del New Jersey dove lavora Ernie Lepore, grande filosofo del linguaggio statunitense e Presidente del comitato scientifico del convegno, Joyce Carole Oates tiene una parte dei suoi corsi di scrittura creativa, l’altra parte si svolge a Princeton, dove vive dal 1978. L’insegnamento è stata una costante nella sua vita, nelle sue classi sono passati autori come Johnatan Safran Foer, che disse: “Se non fosse stato per lei, non sarei mai diventato uno scrittore”» (Fabrizia Giuliani) • In passato ha firmato alcuni libri con gli pseudonimi Rosamond Smith e Lauren Kelly. «Mi piacerebbe continuare a scrivere e firmare racconti e romanzi con pseudonimi, ma pubblicare nel nostro tempo è un po’ diverso dal passato. Molto poco può restare segreto» • «Mi sento molto fraintesa. Io scrivo sulle vittime della violenza, eppure i miei critici dicono che scrivo sulla violenza. Dal mio punto di vista ho sempre scritto sulle conseguenze della violenza. […] Io in realtà sono una scrittrice romantica nella tradizione di Stendhal e di Flaubert. Sono come Melville. Forse sono come Faulkner: lui è un gotico naturalista». «Non si può dire che ho scritto molto se si pensa a Dickens, Trollope, Henry James e molti altri nel passato, o a John Updike e Stephen King tra i contemporanei. La verità è che ci sono molte storie importanti e avvincenti da scrivere, e gli scrittori seri ne sono irresistibilmente attirati. La domanda da fare è un’altra: perché ci sono delle storie? Perché sono malattie e cure al tempo stesso». «Noi sogniamo sempre. Nei nostri sogni siamo tutti romanzieri e cineasti e poeti. Alcuni hanno più energia e trasportano i sogni al di là delle ore notturne. Non faccio differenza tra il sogno della notte e il sogno del giorno o la storia di Guerra e pace. Nasce tutto da uno stesso impulso. L’arte fa la stessa cosa che fanno i sogni. Siamo avidi di sogni, e l’arte esaudisce quell’avidità. Una così gran parte della vita reale è una delusione! Per questo abbiamo l’arte­».
Critica «La più grande scrittrice vivente» (Teresa Ciabatti). «Non mi stupisce che Joyce Carol Oates non abbia preso il Nobel: troppo grande, troppo brava» (Massimiliano Parente). «Le tre parole più tristi della lingua inglese sono: Joyce Carol Oates» (Gore Vidal).
Amori Vedova dello scrittore ed editore Raymond J. Smith (1930-2008), dopo la cui morte scrisse Storia di una vedova (2011), si è risposata con il professore di psicologia Charles Gross.
Politica Dichiaratamente progressista, detesta Trump al punto di citarlo come «T***p», alla stregua di una parolaccia da censurare.
Sport Dal padre, che quando era bambina la portava a vedere gli incontri dal vivo, ha ereditato la passione per il pugilato, cui ha dedicato la raccolta di saggi Sulla boxe, comprendente una biografia di Mike Tyson. «Per chi scrive non esiste un argomento così carico di una valenza personale quanto la boxe. Scrivere di boxe è come scrivere di sé stessi».
Curiosità «Prendo molti appunti a penna, poi scrivo, sempre a penna, i primi abbozzi delle scene. A quel punto trasferisco tutto sul computer per una stesura iniziale ed una prima revisione. Gran parte del mio processo creativo è basato sulla revisione». «Per stimolare la sua immaginazione corre: “È come se correre mi permettesse idealmente di espandere la mia conoscenza e vedere ciò che scrivo come un film o un sogno”» (Livia Manera).