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 2024  luglio 02 Martedì calendario

L’omicidio Klinger nel ’92


Stesse modalità, stesso tipo di pistola, stesso calibro, stessa rivendicazione, stesso identikit. Il delitto di Roberto Klinger, il diabetologo già medico sociale dell’Inter ucciso il 18 febbraio del 1992 sotto la sua casa milanese, ha diversi punti di contatto con quello duplice dell’avvocato Pierangelo Fioretto e di sua moglie Mafalda Begnozzi, commesso a Vicenza un anno prima, il 25 febbraio del 1991. L’ipotesi che la matrice possa essere la stessa spunta ora che il caso Fioretto è arrivato a una svolta con l’arresto di uno dei due presunti killer, Umberto Pietrolungo, 58 anni, ’ndranghetista di spicco del clan Muto di Cetraro. Pietrolungo, che nega ogni coinvolgimento, sarebbe stato incastrato da due prove scovate dalla scientifica grazie alle nuove tecnologie e incrociate con l’indagine del pm: il dna estratto da un guanto di pelle lasciato da uno degli assassini e alcuni frammenti di impronta digitale trovati sul silenziatore dell’arma. Pochi dubbi: dna e impronta sono suoi.
Venendo agli elementi comuni con il caso Klinger, rimasto irrisolto, le due procure interessate, Milano e Vicenza, hanno avviato un’interlocuzione.
L’indizio forte è l’arma, molto particolare: una Molgora calibro 7.65. Si tratta di una pistola giocattolo modificata attraverso la sostituzione della canna originale in modo che possa sparare. Nel delitto Fioretto entrambe le Molgora usate dai due killer erano state ritrovate: una vicino al luogo del delitto, l’altra sull’argine del Bacchiglione. Quanto a Klinger, che tra l’altro venne ucciso il giorno dopo l’arresto di Mario Chiesa (il primo di Mani Pulite), fu la perizia balistica firmata da Pietro Benedetti e Domenico Sarza a individuare l’insolita arma. Sul punto Benedetti, grande esperto della materia deceduto il mese scorso, era intervenuto così: «Abbiamo ritenuto fortemente probabile che l’omicidio sia stato compiuto con una Molgora alla quale è stata sostituita la canna per poter sparare cartucce calibro 7.65 Browning. Alcuni omicidi in Lombardia e in Sud Italia sono stati commessi con quest’arma». Fra gli anni Ottanta e Novanta la Molgora è stata utilizzata soprattutto dalla criminalità organizzata. Domanda: cosa c’entrava Klinger con la criminalità organizzata? Nulla, ha sempre detto chi lo l’ha conosciuto. E quindi? Una spiegazione l’aveva data un avvocato di allora, Armando Cillario, che difendeva l’unico indagato per il delitto, Alessandro Luca Pieretti, poi archiviato. Per scagionare Pieretti, che era medico e paziente di Klinger, Cillario lanciò un’ipotesi ardita: «Si è trattato di uno scambio di persona, nel palazzo dove vive Klinger c’è un condomino che gli assomiglia e quel condomino ha un figlio che era stato minacciato dalla mafia per non aver pagato il pizzo». I familiari di Klinger non hanno mai creduto a un errore. «Somiglianza vaga – l’aveva liquidata Marco, uno dei tre figli, affermato chirurgo plastico —. Per me è qualcosa collegato a un paziente… mio padre aveva un brutto vizio: di essere un po’ anche il loro confessore, forse qualcuno temeva che avesse appreso qualcosa di scomodo». In ogni caso la Cassazione accolse il ricorso di Cillario contro la misura cautelare di Pieretti, che era stato pure arrestato, e nell’agosto del 1995 l’indagine fu archiviata.
L’indagine
I contatti tra le procure e i nuovi elementi che portano alla pista della ‘ndrangheta
Altro punto di convergenza fra i casi Klinger e Fioretto, la rivendicazione del delitto. Due giorni dopo l’omicidio del dottore, alle redazioni del Corriere della Sera e dell’Ansa giunse una lettera firmata Falange Armata, organizzazione terroristica attiva negli anni ’90 che si attribuì vari delitti e stragi eccellenti. Il testo era lo stesso: sostenevano di aver ucciso per «colpire le attività politiche» della vittima. Venne subito cassata come fasulla per il fatto che il Klinger non aveva mai frequentato gli ambienti della politica. E sempre Falange Armata rivendicò il duplice omicidio Fioretto. Ora si pensa che la sigla potrebbe essere stata utilizzata dalla ‘ndrangheta, come in altre vicende, per depistare le indagini spingendole verso una matrice insurrezionalista.
Infine, l’identikit. Una studentessa, che la mattina presto del 18 febbraio 1992 (Klinger fu ucciso con tre colpi alle 7.25 del mattino appena salito nella sua Panda) aveva riferito agli agenti della Omicidi di aver udito gli spari e di aver visto un uomo correre: «Un giovane alto circa 1.75, capelli corti, scuri e ricci». A Vicenza, un testimone dell’omicidio Fioretto, uno dei quattro che videro i due killer aggirarsi vicino all’abitazione dell’avvocato, parlò di un giovane «alto circa 1.75, corporatura media, capelli scuri sul riccio». Considerando che Pietrolungo è più alto ma soprattutto che nei giorni in cui fu ucciso Klinger era in carcere, l’idea che si fa strada è quella che l’assassino di Klinger possa essere il suo complice o qualcuno legato al suo mondo. Altri particolari che accomunano i due delitti sono il fatto di aver agito a volto scoperto e sotto casa delle vittime.
Pista seria o suggestioni? Procure e Squadre Mobili stanno cercando di capirne di più.