il Fatto Quotidiano, 1 luglio 2024
Fede e politica. Marina B., i diritti civili e Forza Italia, il partito clericale della legge 40 di Ruini
Solo il tempo dirà quali effetti produrrà su Forza Italia l’uscita di Marina Berlusconi a sostegno dei diritti civili (Corsera del 26 giugno): “Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso”.
Il sospetto però è che alla fine tutto si limiterà a un’operazione di marketing liberale, in grado di suscitare estemporanei consensi trasversali, come quelli di Elly Schlein e Francesca Pascale. Forza Italia, infatti, da lustri ha dimenticato l’aggettivo liberale. Lo stesso ex Cavaliere, quando iniziò il suo declino politico nel 2012, ammise che la sua sconfitta consisteva nel fallimento della rivoluzione liberale, promessa invano a partire dalle elezioni politiche del 1994. In realtà FI è stata un partito personale (nel senso di B., ovviamente); andreottiano nella gestione del potere (Gianni Letta); colbertista in economia (Giulio Tremonti); clericale o confessionale sui valori negoziabili (l’asservimento ai vescovi italiani guidati dal cardinale Camillo Ruini).
Altro che diritti civili, quindi. Certo, l’ex massone piduista Berlusconi è stato uno strano cristiano, al punto da far ballare, nelle serate del Bunga Bunga, la nota Nicole Minetti travestita da suora, con un crocifisso di legno penzolante tra i seni. In ogni caso, politicamente, e nei fatti, è stato un fervido credente. Fino all’ultimo. Appena tre anni fa, nell’agosto del 2021, l’allora Giornale di famiglia rilanciava un prezioso manoscritto vergato da Silvio Berlusconi sull’identità cristiana di Forza Italia. Si leggeva, a proposito di aborto e fine vita: “La vita di ogni essere umano è sacra dal momento del concepimento fino alla morte biologica”.
Nei fatti, poi, Forza Italia ha celebrato vittorie che neanche la Democrazia cristiana, il grande partito-Stato della Prima Repubblica, era riuscita a conseguire (si pensi alle leggi sul divorzio e sull’aborto). Ci riferiamo al biennio clericale di governo del 2004-2005: la legge oscurantista sulla procreazione assistita e sulla ricerca, la numero 40 del 2004 (nel febbraio scorso sono stati vent’anni), e il successivo referendum abrogativo del 2005, che fallì a causa dell’astensione propagandata dalla Cei di Ruini e dall’allora maggioranza di centrodestra. Dieci anni fa, Carlo Flamigni (il padre della fecondazione assistita) e Maurizio Nori pubblicarono un libro che partiva da un presupposto: la legge 40 andrebbe ribattezzata come legge Berlusconi-Ruini, frutto di “un patto, un rapporto non propriamente virtuoso, tra Berlusconi alla ricerca di consenso politico e la gerarchia della Chiesa cattolica spesso predisposta a scambi di basso profilo”. Insomma, Camillo Ruini offrì “il supporto ideologico”, mentre Berlusconi fu “il braccio armato” di una crociata nel segno della torsione innaturale del liberalismo verso i valori non negoziabili (i teocon). Scrisse Sandro Bondi nel 2006, nel suo tomo Laici e credenti: una fede comune (Mondadori): “La nostra battaglia per l’astensione al referendum abrogativo della legge 40 sulla procreazione assistita è stata una battaglia per la civiltà umana e una battaglia di libertà”.
Ecco, Marina B. arriva dopo tutto questo. Per convertire sul serio FI ai diritti civili non basta il titolo di un’intervista.