Corriere della Sera, 1 luglio 2024
Il muro di Xi: stop all’export dei dati cinesi
Dai dazi sulle auto elettriche cinesi alle sanzioni sulla vendita di tecnologie alla Russia, questi anni sono segnati da nuove barriere agli scambi di beni materiali. Xi Jinping invece è già oltre, perché sta alzando nuovi muri per la più immateriale di tutte le risorse: i dati digitali. Negli ultimi mesi il presidente cinese ha dato via libera a una nuova legge sui cosiddetti (a Pechino) «operatori di infrastruttura delle informazioni critiche». Altrimenti dette, le imprese estere e in particolare quelle occidentali. Sono queste ultime a possedere le «informazioni critiche» su centinaia di milioni di consumatori e fornitori cinesi. Conservano nei loro cloud in Europa o negli Stati Uniti tutti i dati che hanno raccolto commerciando e producendo in Cina. Ora però le aziende occidentali sono investite dalle nuove norme volute da Xi. La legge proibisce il trasferimento e la gestione fuori dalla Repubblica popolare di qualunque informazione riguardo a cittadini e altre entità cinesi. Aziende del lusso italiane e francesi, produttori di auto tedeschi o banche americane non potranno sapere più niente – fuori delle loro sedi cinesi – sui loro clienti e fornitori nella Repubblica popolare. Non potranno usare quei dati in nessun modo. Tolte poche eccezioni stabilite da Pechino in modo piuttosto arbitrario, le imprese estere dovranno segregare in Cina tutti i dati che vi raccolgono. Molte stanno anche restituendo a Pechino le migliaia di miliardi di dati già raccolti e immagazzinati in passato. Giusto per non irritare Xi. Un investimento enorme, che molti stanno eseguendo freneticamente in queste settimane. Ma quelle informazioni non erano rubate: i consumatori cinesi stessi avevano dato in grandissima maggioranza il loro consenso al trattamento dei loro dati all’estero. Si erano dimostrati più aperti al mondo del loro leader supremo: troppo, per i gusti di Xi Jinping.
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