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 2024  luglio 01 Lunedì calendario

La caduta di Macron

Prima al governo poi all’Eliseo, Emmanuel Macron è stato talvolta un uomo politico, più spesso un eroe romantico. Dieci anni di continue oscillazioni tra queste due dimensioni hanno prodotto, nei momenti migliori, un leader giovane e coraggioso, visionario e competente. 
Nelle fasi peggiori, come quella che Macron sta attraversando, l’eroe romantico che è in lui ha preso il sopravvento, trasformando il presidente della Francia, potenza nucleare e settima economia del Pianeta, in una sorta di eterno adolescente ingabbiato nel desiderio di stupire, come se fosse tornato ai tempi del suo arrivo a Parigi, quando attraversava a passo svelto i corridoi del liceo Henri IV facendo fluttuare nell’aria capelli lunghi e mantello. 
E se l’idea di inviare truppe in Ucraina non basta per impressionare il mondo intero, la sera stessa della sconfitta del 9 giugno indiremo elezioni anticipate, e ci esporremo a un’altra batosta, ancora più catastrofica, e apriremo le porte del potere all’avversario politico di sempre, Marine Le Pen, e diremo che l’avremo fatto per «ridare la parola al popolo», come se al governo nei sette anni appena passati ci fosse stato un oscuro dittatore, e non lo stesso Macron. Il presidente, abbandonato dai francesi, sembra un innamorato che sfascia la casa dell’amore finito. 
«Dopo sette anni, la gente non ha forse voglia di darti un bel calcio nel sedere? Certo che sì. Ed è questo che hanno fatto alle Europee del 9 giugno», dice Macron in una conversazione di quasi due ore nel podcast Génération Do It Yourself, nella quale il presidente qualche giorno fa ha rivelato molto del momento psicologico che sta attraversando. Quel bisogno continuo di parlare, di spiegarsi, di cercare l’amore dell’interlocutore, stupefatto di trovare così tanti francesi capaci di resistergli. Macron abbassa il tono della voce, si confida, e ripercorre con calma il suo percorso. Quello che lo ha portato dal liceo gesuita La Providence di Amiens a Parigi, a Sciences Po, e poi all’Ena, fino al governo con Hollande e poi all’Eliseo. 
È un cammino, quello del provinciale che sogna in grande, raccontato mille volte nella letteratura francese, dal Lucien de Rubempré della Commedia umana di Balzac a Madame Bovary di Flaubert che infatti è «il libro che vorrei regalare a tutti i francesi, se dovessi sceglierne solo uno», dice Macron, a tutta l’epopea contemporanea dei «transfughi di classe» di Annie Ernaux e di Édouard Louis. Anche Macron, pur figlio di medici e non di sottoproletari come nel caso di Louis, ricorda di quando è arrivato a Parigi – perché la famiglia voleva allontanarlo dalla sua insegnante Brigitte e dallo scandalo – e «ho sentito di sbarcare da un altro Pianeta». Un po’ tamarro, no? «Sì, un po’. Non avevo i codici».
All’Eliseo 
L’idea di sciogliere l’Assemblea l’ha presa da solo con Brigitte, con lui da sempre 
«Non avere i codici» è la maledizione di ogni francese che arriva a Parigi, e poi di ogni parigino che si intrufola nei quartieri bene, e poi di ogni residente dei bei quartieri che penetra negli ambienti della cultura e della politica. La sindrome di Caterina va in città di Paolo Virzì, applicata all’Eliseo. Ma Macron continua: «E poi, ad Amiens, ero il migliore della squadra, e giocavo in serie A. Di colpo a Parigi mi hanno messo a giocare in Champions League, e non ho più toccato palla. Avevo 16 anni, ed ero solo. Quegli anni mi hanno insegnato molto». 
In quegli anni, appunto, il giovane Macron ha continuato a telefonare a Brigitte per convincerla a lasciare il marito ad Amiens e unirsi a lui a Parigi, soli contro il mondo, anzi fatti per conquistare il mondo, insieme. Non è stato facile, e Macron oggi sottolinea che la sua immagine di «primo della classe» non corrisponde alla realtà. «Per esempio, non sono riuscito a entrare a Normale Sup», un intoppo che brucia ancora. 
Macron rivendica di avere preso la decisione del cataclisma «da solo, come sempre nei momenti più difficili», e nel suo caso «da solo» significa «assieme a Brigitte», colei che gli sta a fianco dai suoi 16 anni. Adesso Emmanuel di anni ne ha 46, e dal liceo di Amiens cominciano ad averne vissute tante, insieme. 
L’idea di sciogliere l’Assemblea ora, senza aspettare la probabile sfiducia parlamentare di ottobre, è germogliata nell’«ala Madame» del Château (l’Eliseo), quella occupata appunto da Brigitte e dal consigliere Bruno Roger-Petit. C’è un aspetto intellettuale in questa scelta, l’influenza di Christopher Lasch e del saggio sulla Ribellione delle élite e il tradimento della democrazia , la voglia di colmare in un colpo solo la separazione tra Eliseo e cittadini. 
Ma soprattutto c’è l’ebbrezza di mostrarsi un politico diverso, che non si piega ai calcoli. Mi date un calcio nel sedere? E adesso vediamo come ve la cavate. Un politico così diverso da finire con il favorire l’estrema destra anti-Ue, dopo averla combattuta da sempre. Un eroe romantico tentato dalla Rivoluzione, come ha voluto intitolare il suo primo libro, ancora a metà strada tra Amiens e il mondo, più che un uomo politico.