Corriere della Sera, 30 giugno 2024
Alla Casa Bianca come in tante case
Sto collezionando gli aggettivi utilizzati dai media americani e internazionali per descrivere la performance di Joe Biden nel primo dibattito presidenziale: disastrosa, terrificante, angosciante, spaventosa, orribile, confusa, sconnessa, penosa, fallimentare.
Non c’era bisogno di quel dibattito per sapere che il presidente in carica non è in grado di guidare gli Stati Uniti d’America dopo il 2024; l’impressione, oggi, è che non saprebbe neppure guidare un’automobile. Lo abbiamo scritto e detto in molti, in America e in Europa, nell’ultimo anno; soprattutto le persone che temono un ritorno di Donald Trump. Non è servito.
Joseph Robinette Biden Jr., detto Joe, pensa di poter rivincere, e non vuol mollare. L’uomo più potente del mondo sta diventando il più cocciuto.
Giorni fa ho incontrato un conoscente che ha lavorato nell’amministrazione Obama in posizioni di responsabilità. Un uomo intelligente, che conosce la politica americana e la Casa Bianca. Anche lui, come ogni democratico di buon senso, ritiene che Biden avrebbe già dovuto farsi da parte. Ma crede di sapere perché non avviene (non ancora). L’entourage non se la sente di affrontare il presidente. Ma, soprattutto, non vuol rinunciare alla possibilità di mantenere il posto, la carica, i privilegi.
All’America, in sostanza, tocca il destino di tante famiglie e tante imprese, anche in Italia: il patriarca non è più in grado di comandare, ma non lo accetta, non lo vuole ammettere. In fondo, è un egoista. I famigliari, gli amici e i collaboratori non riescono a convincerlo che rischia di provocare danni e rovinarsi la reputazione. Anzi: se insistono, vengono emarginati. Restano gli adulatori e i calcolatori, ai quali non interessa se tutto va alla malora. L’importante è ritagliarsi uno spazio, un guadagno, una speranza.
Per far apparire Donald Trump uno statista ci vuole talento. L’uomo – lo si è visto anche stavolta – è un bugiardo cronico e uno spacciatore di banalità. Ma ormai è il grande favorito.
Se George Washington, Benjamin Franklin, Theodore Roosevelt e Harry Truman, dal cielo dei presidenti americani, volessero intervenire, gliene saremmo grati.