ItaliaOggi, 29 giugno 2024
Enzo Castellari, un grande regista sconosciuto
«Nel luglio del 2007» – racconta Castellari nella sua autobiografia, Il bianco spara – «a Los Angeles, nel cinema Silent Movie di proprietà di Quentin Tarantino, l’amico regista organizza una serata in mio onore con i suoi amici Eli Roth, Robert Rodriguez, Joe Dante e tanti altri, proiettando High Crime (La polizia incrimina la legge assolve) e The Bronx Warriors (1990: i guerrieri del Bronx). Sul palco, prima della proiezione, io e lui scambiamo battute divertenti e poi, parlando di Franco Nero, si nomina Il giorno del Cobra, e cantiamo la canzone del film [composta da Paolo] Vasile in un duetto unico e irripetibile:... It’s Coming Soon the Day of the Cobra...»
Per Quentin Tarantino è il Maestro, anzi IL MAESTRO evocato a gola spiegata dal palco del Festival di Venezia, dove mai nessuno ha pensato d’invitare Enzo G. Castellari, al secolo Enzo Girolami, classe 1938, regista di B movies snobbato da critici e cinefili snob. Tarantino s’accinge a girare un remake del suo Quel maledetto treno blindato, un film del 1977 che in Italia ha questo titolo disgraziato ma che in giro per il mondo e negli Stati Uniti è Inglorious Bastards, bastardi senza gloria (e così è intitolato anche il remake). Si giudica un titolo dall’emozione che suscita, spiega Castellari. Se dopo averlo sentito uno esclama «me cojoni» il titolo è ok; se invece gli scappa un «’sti cazzi» è da buttare.
Quel maledetto treno blindato è un titolo decisamente «’sti cazzi» mentre Inglorious Bastards è un titolo «me cojoni» se mai ce n’è stato uno (lo capiscono al volo Tarantino, Joe Dante e altri amici che a New York, a fine settanta, si riuniscono per guardare film di genere italiani e che battezzano il loro sodalizio Inglorious Bastards).
Prima e dopo Inglorius Bastards, Castellari ha diretto una trentina di film, alcuni molto fortunati, altri meno, qualcuno originale, altri ispirati a pellicole di cassetta, ma ogni suo film si segnala per il ritmo del montaggio (che di solito cura personalmente) e per la perfetta cadenza da balletto delle scene d’azione. Non sono mai, o raramente, grandi sceneggiature, ma la regia di questi film è ogni volta impeccabile, a dispetto dei pochi mezzi, delle difficoltà tecniche, delle ingerenze della produzione. Incorre in qualche incidente. Una volta finisce ai ferri corti con Sergio Leone per aver intitolato un western-spaghetti Vado, l’ammazzo e torno (è una battuta pronunciata da Eli Wallach, bandito e picaro, nel Buono, il brutto, il cattivo). Un’altra volta viene accusato di plagio dalla Universal e il suo L’ultimo squalo, che ha incassato in poche settimane oltre 20 milioni di dollari al botteghino nella sola California, è ritirato dalla circolazione perché troppo evidentemente ispirato (così il tribunale) ai due Squali di Steven Spielberg (e anche perché l’Universal sta producendo Lo squalo 3 e non vuole storie).
Per il suo primo western de noantri, 7 Winchester per un massacro, del 1967, Castellari riesce a reclutare un giovanissimo Robert Redford, che ha conosciuto a Hollywood e che come lui ha studiato storia dell’arte a Roma, ma la produzione non lo ha mai sentito nominare (Redford? e chi sarebbe?) e gli preferisce Edd Carneade Byrnes.
Figlio e fratello d’arte, suo padre (1935-2013) è Marino Girolami, un regista molto attivo negli anni Cinquanta e Sessanta, mentre suo fratello (1914-1994) è Enio Girolami, che all’inizio della carriera, come Maurizio Arena e Antonio Cifariello, è uno degli attor giovani del cinema brillante italiano. Anche Castellari, in qualche occasione, è stato attore. Ha recitato nella parte di Mussolini DUX nella miniserie televisiva Venti di guerra (un’interpretazione perfetta: Castellari è puramente e semplicemente indistinguibile dall’originale).
Ma è come regista che Castellari lascia un segno nella storia del cinema non soltanto italiano. Il bianco spara! (la sua autobiografia, così intitolata per via dell’effetto stroboscopico che ha il bianco nelle riprese cinematografiche) è la storia della sua vita ma anche una storia del cinema italiano e un manuale di regia (di scrittura dei soggetti, di scelta oculata delle location, d’improvvisazioni e invenzioni tecniche). Eppure Il bianco spara! non è soltanto questo. È anche un libro che si legge d’un fiato e con piacere, come con piacere (prima di Netflix, dei serial infiniti e lentissimi) si andava al cinema. Sono quasi 6oo pagine, ma sembrano finire troppo presto, come la gioventù.
Enzo G. Castellari, Il bianco spara! Autobiografia,, pp. 560, 19,00 euro.