il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2024
Libertà obbligatoria elettrica (da lunedì)
Si chiamava Libertà obbligatoria lo spettacolo che Giorgio Gaber portava in giro nella stagione 1976/1977: probabilmente non immaginava che quella violenta riflessione sul capitalismo all’americana e la crisi dei movimenti avrebbe potuto dare il nome a una legge dello Stato. Da lunedì, infatti, in Italia vige la libertà elettrica obbligatoria. Ci si riferisce al passaggio – graduale ma definitivo – degli ultimi 3,7 milioni di clienti “a maggior tutela” al mercato libero dell’elettricità, dopo che quelli del gas erano già stati deportati a inizio anno. Restano nel vecchio sistema i cosiddetti “vulnerabili”, che in sé è già un’ammissione sulla libertà obbligatoria: fa talmente bene che se uno è vulnerabile non può reggerla… Non è una noiosa questione economica, né ci si può accontentare di definirla solo una “grande rapina” ai danni dei consumatori, cosa che pure è: la libertà obbligatoria energetica è soprattutto un esempio plastico, che tutti possono capire, di cosa significhi fare una politica anti-popolare o, se vi piace la terminologia fané, di cosa è uno Stato che si comporta da comitato d’affari della borghesia. Dopo anni e anni di campagne a favore della “libertà energetica”, nel 2023 ancora un terzo degli utenti domestici di luce e gas restava nella maggior tutela, un sistema che non costa un euro allo Stato e garantisce prezzi più bassi; Giorgia Meloni (dando seguito a una decisione di Mario Draghi, innescata a sua volta da una legge di Matteo Renzi e Carlo Calenda, ovviamente benedetta dall’Ue) ha regalato oltre metà di questa platea – 11 milioni di utenze e più nei due settori – al mercato libero, che in media costa molto di più: gli italiani spendono già oltre 40 miliardi di euro l’anno per le bollette, questa legge sposta dunque qualche miliardo all’anno dai conti dell’Acquirente Unico (pubblico) e dalle tasche dei cittadini ai già ricchi bilanci di Enel, Edison, Eni, A2a e altri. Gli azionisti, infatti, già festeggiano. Non è solo una riforma (peraltro ironicamente legata al “Piano di ripresa”…), questa è una dichiarazione d’intenti politica rispetto al conflitto distributivo: il governo toglie ai molti che hanno poco per dare ai pochi che hanno molto. Se non lo capite così, vi meritate la libertà obbligatoria.