il Fatto Quotidiano, 29 giugno 2024
Quarto mandato a Malagò, il Pd ci riprova
Salvate il soldato Malagò. Scaricato dai colleghi delle Federazioni, mollato dal governo, soltanto i vecchi amici del Pd si ricordano del n.1 ormai uscente dello sport italiano, arrivato a pochi mesi dalla pensione. Il deputato ed ex ct della nazionale di pallavolo, Mauro Berruto, insieme a Manzi, Orfini, Zingaretti e Ricciardi, hanno presentato un emendamento al Decreto Sport per conservargli la poltrona e permettergli di ricandidarsi per la quarta volta alla presidenza del Coni.
La questione è nota: dopo le Olimpiadi di Parigi di quest’estate, Malagò concluderà il suo terzo e, secondo la legge, ultimo mandato. Alle elezioni del 2025 dovrà ritirarsi. Unico fra i dirigenti sportivi, perché i presidenti delle Federazioni (private), non meno boiardi di lui, sono riusciti a farsi cancellare il limite dal Parlamento, complice una sentenza favorevole della Consulta, mentre lui è rimasto giù dal carro in quanto il Coni è ente pubblico. Un destino a cui il diretto interessato non si rassegna, attaccandosi alla disparità di trattamento coi colleghi o agli imminenti Giochi di Milano-Cortina.
Servirebbe un’ulteriore deroga e il Decreto Sport, in fase di conversione, sarebbe l’occasione ideale. Ma fin qui il pressing non ha fatto breccia nel governo, dal ministro Abodi (che lo ha liquidato gelidamente: “Quando un mandato finisce, la vita va avanti”) ai “nemici” Barelli e Giorgetti, che presidiano il Parlamento. Solo il Pd pare sensibile alla causa. Che è proprio personale, perché – si è affrettato a spiegare l’onorevole Berruto – lui è “contrario al quarto mandato ma questo è un emendamento di denuncia”, contro l’ingiustizia che sta subendo il presidente del Coni. Il paradosso è che proprio una legge voluta dal Pd costringerà Malagò a farsi da parte. Nel 2018 il renziano Lotti varò la norma sul tetto dei tre mandati. In realtà, lo spirito era fare un favore, non un torto all’amico Malagò, poiché in precedenza il limite per il Coni era di due mandati e, grazie a quel provvedimento il n.1 del Coni, poté ricandidarsi e farsi rieleggere nel 2021.
Oggi però quella legge è diventata una tagliola per chi si vede in eterno alla guida dello sport italiano. Non è ancora l’ultima spiaggia: per la deroga si può arrivare anche a fine 2024, e Malagò ci proverà sino all’ultimo. Intanto pure questo emendamento – 4 righe che propongono di estendere al Coni l’ultima legge varata per le Federazioni – sembra destinato a essere cestinato. Diverso sarebbe se a presentare la proposta fosse stato magari un partito di governo, in grado di aprire una crepa nella maggioranza. Così invece il parere negativo è scontato: far sposare la causa all’opposizione significa seppellirla politicamente. Praticamente un autogol. Un tentativo quasi disperato, da fine impero.