la Repubblica, 29 giugno 2024
Tutti gli occhi sulla First Lady
Jill Biden, Mike Donilon, Ron Klain e Ted Kaufman: nelle mani della First Lady e dei tre confidenti e consiglieri si fermano adesso i destini del presidente democratico Joe Biden, del partito glorioso di Roosevelt e Obama, della repubblica Usa, di alleati angosciati ed avversari tripudianti. Il malinconico Biden del primo dibattito per la Casa Bianca, sulla rete Cnn, incerto, balbettante, confuso, costretto alle corde dal repubblicano Donald Trump deciso, duro, capace di tessere senza indugi slogan e battute, impone ai notabili democratici un aspro passaggio, insistere sul presidente o cambiar campione, a quattro mesi dal voto e sei settimane dalla Convenzione di agosto a Chicago?Una brokered convention, Convenzione di partito in cui i delegati affidino la nomination a un politico non passato da primarie ecaucuses, è relitto del passato, improvvisarne una, con i social media a raccontarne in diretta negoziati e compromessi, sembra un miraggio. La prima Convenzione americana risale al 1831, organizzata dal defunto partito Anti-Mason, con l’efficacia del raduno, fra bande musicali e festoni, a colpire democratici e nazional-repubblicani di allora, tanto da indurli a lanciare le Convention per le presidenziali 1832.Siamo abituati a vedere leader acclamati in trionfo, abbiamo dimenticato i tormenti antichi, nel 1924 i democratici votarono a New York per 103 volte, prima di nominare John Davis, poi sconfitto dal repubblicano Calvin Coolidge. Possibile ripetere quegli annali? Biden dovrebbe fare un passo indietro, persuaso dalla moglie Jill, da Kaufman, che lo convinse nel 1987 a ritirarsi dalle primarie, vinte dal governatore Mike Dukakis, da Donilon, che nel 2015 gli disse a bruciapelo «Joe, non presentarti alla Casa Bianca 2016, tuo figlio Beau è morto da poco, non è il tuo tempo», e infine da Klain, che a 62 anni è il “giovane” del gruppo.Quanto a Jill Biden, che ha sorretto amorevole il marito, 81 anni, giù per i gradini del palco di Atlanta, il suo parere è decisivo nel poker con Mike, Ron e Ted.I delegati di Chicago sono impegnati su Biden dal voto delle primarie, logico ne seguano le indicazioni, ma non hanno alcun obbligo politico diretto. E ieri Biden ha riconosciuto lo scacco con franchezza, ma senza accennare affatto a una staffetta, mentre la vicepresidente Kamala Harris ha ammesso la débâcle, salvo parlare di auspicabile rimonta. Harris non è certo la favorita e gli altri nomi del gossip a Washington, il carismatico governatore della California Gavin Newsom, la battagliera collega del Michigan Gretchen Whitmer e il governatore dell’Illinois, J.B. Pritzker, rampollo della dinastia industriale, devono prima raccogliere i delegati, poi farsi conoscere da 160 milioni di elettori potenziali, concentrati su Trump-Biden.Quanto a Michelle Obama, coccolata dai media europei, il marito Barack, sconfortato ieri notte secondo le indiscrezioni, ha detto di no più volte all’idea e lei stessa non sembra né preparata, né disposta, ai rigori della campagna. I finanziatori tornano quindi a impinguare le casse di Trump, ieri il dollaro e i titoli in Borsa delle media company deltycoon hanno guadagnato posizioni, con gli investitori a odorare vittoria repubblicana.Donald Trump non fa passi indietro, non accetterà la sconfitta a novembre, come non accetta quella del 2020, glissa sull’assalto al Campidoglio dell’Epifania 2021 e sulla condanna penale di New York, mescendo il cocktail di verità, omissioni e falsità che incanta la base. Conta sulla paura dell’inflazione che avvilisce i ceti popolari e, con Biden stremato, sulla rassegnazione dei democratici e la risacca di centristi e indipendenti verso i candidati minori, il complottista Kennedy, la verde Stein, il filosofo West.
Sbaglierebbero i repubblicani a considerar cosa fatta il voto del 5 novembre, la storia è ricca di sorprese, Harry Truman a valanga contro il favorito Thomas Dewey nel 1948, Bush padre che nell’estate del 1991 aveva l’80% dei consensi sconfitto da Clinton nel 1992, Obama nel 2008 e Ronald Reagan nel 1984, impacciati nel primo dibattito, infine vincenti. Ma il vantaggio è del Grand Old Party di Trump, con gli Usa e il mondo a contare i giorni mancanti, mentre torna in mente la saggezza di John Kennedy: «Non cerchiamo la risposta democratica, ma la risposta giusta…».