Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  giugno 29 Sabato calendario

Raphaël Glucksmann, l’europeista con Mélenchon «a malincuore» per sfidare Le Pen: «L’estrema destra svolta senza ritorno»

ROUEN – In fondo, l’unico che sembra non rassegnarsi al trionfo del Rassemblement national è lui, Raphaël Glucksmann, 44 anni e una vita dalla parte dell’Europa, a Parigi e Strasburgo ma anche a Tbilisi e Kiev, contro i nazionalismi e gli amici di Vladimir Putin.
Lo incontriamo da «Paul», la più vecchia brasserie di Rouen davanti alla cattedrale dipinta da Monet, a pochi minuti dal comizio che chiuderà la prima fase della campagna elettorale, in attesa del voto di domani. «Alle Europee puntavo tutto sull’entusiasmo e la coerenza del mio progetto. Ora non posso. Penso solo al pericolo gravissimo che stiamo correndo. L’estrema destra al potere in Francia è uno scenario spaventoso». Leader, con François Hollande, della corrente moderata del Nouveau Front Populaire, Glucksmann ha accettato di allearsi con la sinistra dura di Jean-Luc Mélenchon «con enorme dispiacere, e solo fino al secondo turno del 7 luglio. Poi si aprirà una stagione politica nuova».
Glucksmann si conferma un politico atipico, perché non riesce a fingere fiducia e ottimismo, almeno non a breve termine, e si dice «stupefatto dai dibattiti televisivi: grandi discussioni sui dettagli, quando siamo alla vigilia di una svolta senza ritorno, che potrebbe cambiare per sempre il volto della Francia». Solo tre settimane fa, epoca politica ormai lontanissima, Glucksmann è stato la sorpresa delle Europee perché il suo micro-partito «Place Publique», sostenuto dai socialisti, aveva surclassato i rivali della «France insoumise» di Jean-Luc Mélenchon riuscendo a «strappare dalle mani di Macron la bandiera dell’europeismo». Il 9 giugno, per neanche un’ora, l’uomo della serata (a parte lo scontato Jordan Bardella) era stato lui. Poi Macron si è ripreso la scena: elezioni anticipate, e subito.
«Un tradimento imperdonabile, quella sera Macron si è divertito a fare Nerone, inebriato alla vista di Roma che brucia. Adesso invece fa Ponzio Pilato: ci ha messo lui in questa situazione, ma rifiuta di prendere posizione tra il blocco di estrema destra e noi di sinistra. La sua politica del “né né”, né Bardella né Mélenchon, è assurda. Perché Mélenchon non sarà mai primo ministro, e noi non riusciremo ad arrivare alla maggioranza assoluta, diciamocelo. Bardella invece può benissimo farcela. Non voglio neanche pensare a Bardella premier e Thierry Mariani, l’uomo di Mosca, il piccolo telegrafista del Cremlino, al ministero degli Affari esteri».
Dal 21 aprile 2002, quando Jean-Marie Le Pen eliminò Lionel Jospin e si qualificò al secondo turno delle presidenziali, la Francia ha conosciuto continue «avanzate del Front national», poi diventato «Rassemblement». I suoi elettori ne sono contenti, ovvio. Ma la classe politica e intellettuale sembra ormai un po’ abituata all’idea: o perché pensano che ancora una volta, come sempre, Marine Le Pen al potere davvero non ci andrà; o perché sono pronti a vedere l’effetto che fa. «Sento tanti uomini vicini a Macron dire “tre anni di Bardella, stiamo a vedere”, ma non funziona così, non possiamo giocare con il futuro della Francia».
Pur di fermare il RN – «la sola priorità, adesso» —, Glucksmann ha accettato la coalizione con Mélenchon passando sopra a settimane di insulti antisemiti dei militanti della France insoumise. Si è ritrovato con le svastiche dipinte sui manifesti elettorali, il suo numero di cellulare è stato fatto girare sui canali Telegram dell’estrema destra e dell’estrema sinistra e ha ricevuto centinaia di telefonate e sms «sporco ebreo» da entrambe. E quando è comunque entrato nel Nouveau Front Populaire, ha dovuto pure sopportare le lezioni di coerenza di chi gli rimproverava il patto con Mélenchon.
«L’ho fatto solo per fermare Bardella», ripete. Molti accusano la sinistra di un riflesso pavloviano anti-RN, una forma di stanca opposizione automatica fondata su una presunta e autoproclamata superiorità morale, peraltro sempre meno giustificata viste le derive pro-Hamas degli insoumis. Perché poi bisognerebbe farlo, questo sbarramento anti-RN? E se può partecipare alle elezioni, ormai non è un partito come gli altri? Glucksmann è convinto di no. Perché il Rassemblement national è quello del maxi-prestito da Mosca, il partito che un giorno sì e un giorno no vuole uscire dalla Nato e ridurre l’aiuto all’Ucraina, ma soprattutto «è quello che vuole fare la selezione dei cittadini, che se la prende già con i bi-nazionali e i francesi di origine straniera che sarebbero meno francesi degli altri». E l’estrema destra è quella della serata serenamente chiamata Ausländer Raus («gli stranieri fuori», come cantavano un mese fa i figli di papà filonazisti di Sylt) organizzata stasera proprio qui al bar «Le Mora di Rouen» (poi vietata dal sindaco), ed è anche quella degli abitanti di Montargis ripresi in video mentre chiamano per mesi «scimmia» la vicina di casa black, come si dice in Francia, e le gridano «vai a cuccia» ma Marine Le Pen dice che «non è razzismo».
Glucksmann a questo non è rassegnato e spera che i tentennamenti degli altri politici finiranno domenica sera, «quando si prenderanno una batosta ancora più memorabile delle precedenti, e finalmente capiranno». Che cosa farà Macron a quel punto? Dirà ai suoi di votare al ballottaggio il Nouveau Front Populaire pur di evitare Bardella a Matignon? «Non lo so. Spero però che tanti uomini che finora facevano parte della sua maggioranza lo abbandonino, e si uniscano a noi».