Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  giugno 29 Sabato calendario

Ora solo Jill e la sorella Valerie possono spingere Biden a lasciare

Chi avesse acceso la tv alla fine del dibattito avrebbe potuto pensare a un trionfo di Joe Biden: Donald Trump tutto solo e con espressione cupa che lascia lo studio della Cnn uscendo dal retro mentre Jill salta sul palcoscenico per abbracciare il presidente e congratularsi con lui. Poi, insieme a salutare i due conduttori del confronto televisivo più atteso dell’anno. E invece, elogiando davanti ai fan democratici il marito esausto e immobile con enfasi eccessiva («sei stato bravo, hai risposto a tutte domande, conoscevi bene i fatti») ha involontariamente accentuato il disastro mediatico della serata.
La ex senatrice del Missouri Claire McCaskill, uno dei pochi politici democratici usciti allo scoperto con nome e cognome, è stata lapidaria: «Con questo dibattito Biden doveva solo convincere gli americani di poter continuare a svolgere il suo ruolo di presidente per altri quattro anni: non c’è riuscito». E Jill ha peggiorato la situazione comportandosi col commander-in-chief come una mamma che cerca di incoraggiare un figlio che torna da scuola con una pagella per nulla brillante.
Adesso la Casa Bianca cerca di minimizzare il disastro del confronto di Atlanta parlando di un presidente raffreddato (non è parso e comunque la cosa spiegherebbe la voce bassa e roca, non le risposte confuse) mentre vengono date colpe ai trainer che hanno addestrato Biden al confronto nella settimana di clausura a Camp David (non gli hanno spiegato che anche quando non parlava sarebbe rimasto inquadrato con la sua espressione un po’ inebetita). Nel mirino anche i conduttori della Cnn: intimoriti da Trump che li considera nemici e aveva parlato di un confronto impari non hanno contestato all’ex presidente neanche le falsità più clamorose.
Ma la realtà è che, pochi minuti dopo l’inizio del dibattito, nel mondo democratico è tornato a rimbombare il tam tam ossessivo della richiesta di un «cambio di cavallo». Ne hanno parlato apertamente opinionisti e consiglieri politici di primo piano, da Tom Friedman («Ho pianto ascoltandolo: gli voglio bene, ha fatto grandi cose, ma ora deve farsi da parte») a James Carville («Ho cercato di convincerlo») a David Axelrod, lo stratega delle vittorie elettorali di Obama: «È stato scioccante sentire quella voce fioca, vederlo disorientato».
I leader del partito hanno invece, ancora una volta, espresso il loro sconcerto (e l’auspicio di un ritiro) in modo anonimo. Ma, prima di chiedersi se c’è tempo per trovare un altro candidato credibile da opporre a Trump, bisogna capire se Biden è disposto a fare un passo indietro che solo lui – vincitore delle primarie – può decidere. E qui, per ora, il presidente appare tutt’altro che disposto a una rinuncia che vivrebbe come una sconfitta umiliante.
Chi può convincerlo che sta andando incontro a un probabile disastro che distruggerebbe un’eredità politica costruita in mezzo secolo di attività parlamentare e poi da vicepresidente e presidente degli Stati Uniti? Sono in molti a chiedere ai leader democratici di Camera e Senato, Hakeem Jeffries e Chuck Schumer, di esporgli in un incontro il timore di molti parlamentari democratici di essere travolti elettoralmente da una sua sconfitta alle presidenziali. Ma Biden, che ha motivi di risentimento nei confronti del suo partito, difficilmente li starà a sentire.
Altri auspicano che si attivi Obama nel suo ruolo di kingmaker. Ma l’ex presidente, che ieri ha difeso il suo allora vice, si è già fatto sentire più volte discretamente e non è stato ascoltato: Biden ricorda la ferita del 2016 quando l’allora presidente preferì Hillary Clinton al suo vice per la sfida con Trump. E ci sono anche frizioni con Michelle Obama, irritata per come il clan Biden ha trattato una sua grande amica: la ex moglie di Hunter, il figlio di Joe.
Alla fine Biden deciderà da solo ascoltando solo la sorella Valerie e Jill, da sempre molto presente nelle sue scelte politiche. Quando cominciarono a frequentarsi, nel 1975, lei aveva 23 anni, lui 32, ma era già senatore, padre e vedovo. Jill esitava a legarsi per la vita a un politico: nel 1977 Joe, per convincerla, decise di non ricandidarsi al Senato. Lei interruppe la telefonata che avrebbe messo fine alla sua carriera e accettò il suo destino. Ma nel 2003, quando alcuni parlamentari dem andarono a casa di Biden per convincerlo a candidarsi contro George Bush, lei, che era contraria, si presentò in bikini con un grosso «no» scritto col pennarello sul ventre. Joe rinunciò. Quattro anni dopo, finita l’era Bush, fu invece lei a organizzare la riunione dalla quale uscì la decisione di Biden di candidarsi alla Casa Bianca. Jill sarà decisiva anche stavolta. Per ora sembra determinata a resistere, ma il progressivo indebolimento del marito è sempre più evidente.