Corriere della Sera, 28 giugno 2024
Cose che non si sanno su Alberto Sordi
di Valerio CappelliIgor Righetti, autore del docufilm: Albertone sapeva di non essere colto, era il suo cruccio
ROMA A quanto pare, c’è ancora qualcosa da scoprire su Alberto Sordi. Igor Righetti era cugino alla lontana, il nonno era fratello della madre di Alberto.
Ha 55 anni, è presentatore alla radio e in tv, ha scritto il libro Alberto Sordi segreto da cui ha tratto il docufilm con lo stesso titolo ma inglesizzato, Alberto Sordi secret, da oggi nelle sale in 100 copie. Sottotitolo: «La storia inedita della sua vita privata».
C’è una parte di fiction, dove Righetti per interpretare Albertone usa bambini e ragazzi dai 4 ai 17 anni. Poi foto e video. «Ho evitato episodi che tutti conoscono a memoria», come quando Sordi balla in tv con Raffaella Carrà il Tuca Tuca. Righetti racconta i suoi numerosi flirt, «con Soraya, con Katia Ricciarelli, con Patrizia de Blanck». Senza contare che un mese all’anno, quando non girava, se ne andava in Brasile a tuffarsi nel peccato: «Da fervente cattolico qual era, la domenica a Messa andava a confessare tutto».
Altro aspetto, un po’ triviale: «Vi siete mai chiesti – dice il cugino – perché Sordi non sia mai stato paparazzato? Perché spesso si appartava con le donne in auto e lo faceva lì, come un ragazzo squattrinato». Naturalmente qualche custode della memoria insorgerà.
Righetti tira per la sua strada. E racconta aspetti poco conosciuti o sconosciuti. «Era animalista. Nestore, l’ultima corsa, suo penultimo film (1994), lo girò «per denunciare che i cavalli delle botticelle, le carrozze per i turisti, finivano al mattatoio». I romani che abbandonavano i loro cani li lasciavano davanti alla sua villa «perché si era sparsa la voce del suo amore per gli animali, e quando morivano li seppelliva nel roseto lì vicino».
Capitolo testimonianze. Alessandro Canestrelli, figlio del fotografo di scena di Un americano a Roma, racconta che la leggendaria scena di Alberto, «maccheroni, io ti distruggo», col rifiuto del junk food degli amati yankies («questo lo damo ar gatto, questo al sorcio…»), non c’era nel copione, «fu improvvisata perché si era fatto tardi e Alberto aveva fame». La nipote di Totò, Elena De Curtis, svela che suo nonno diede un morso in testa in una scena dell’unico film che girò insieme a Sordi, Totò e i re di Roma di Monicelli (1951), «sentiva che stava crescendo come attore e lo fece per sana rivalità tra colleghi».
Sabrina, la figlia di Anna Longhi che è stata la «buzzicona» in tre film di Alberto (nella vita faceva la guardarobiera nei camerini), ricorda «gli esilaranti provini di sua madre, donna semplice e verace». A Pupi Avati, Sordi negli ultimi tempi, già malato (morì nel 2003) chiese perché non avessero mai lavorato insieme. Pupi gli diede una sceneggiatura, ma non era il protagonista. E rifiutò. «Pupi dice che è un suo rimorso». Igor Righetti ammette che l’illustre parente, «possessivo e geloso con i familiari stretti», lo vedeva «una tantum, in poche occasioni familiari o alle inaugurazioni delle mostre di mio padre, che era scultore e da ragazzo faceva il capo claque negli spettacoli di rivista di Alberto».
La cultura era il suo cruccio: «Acquistò la libreria del critico di cinema Ermanno Contini». Il padre dell’attore suonava il basso tuba e i soldi a casa erano pochi quando Alberto era adolescente. Così quando «divenne» Sordi, anche come riscatto sociale, comprò case in modo compulsivo, le arredava e le rivendeva. Amava i quadri e frequentava le aste, una debolezza: «Sapeva di non essere colto». Curiosamente, non ci sono testimonianze dei due grandi amici di Albertone, Carlo e Luca Verdone.