Il Messaggero, 27 giugno 2024
Biografia di Pearl S. Buck
«Pronuncio il nome dei miei personaggi, ed essi si alzano davanti a me come se fossero nella stanza». Così diceva la scrittrice Pearl S. Buck, sottolineando una verità nota a chi scrive. E cioè che i personaggi di cui si narra sono resi reali, «chiamati a vivere» dalla scrittura. Sino a divenire, a volte, immortali. Come altri autori, inoltre, la Buck utilizza sé stessa quale fonte di ispirazione. «È il mio unico materiale». In realtà, a essere materiale al quale lei ha attinto c’è anche il Paese che le è rimasto tatuato dentro. La Cina.
LA FAMIGLIA
E non a caso. Pearl Sydenstricker Buck, nata a Hillsboro in Usa nel giugno 1892, viene portata in Cina a tre mesi dai genitori, missionari presbiteriani. La famiglia vive nella regione dello Jiangsu, travagliata da storie tremende di miseria, dolore, crudeltà, morte. È lontana dalla privilegiata comunità occidentale di Shangai e non integrata in quella locale. Capita spesso che il padre di Pearl, il quale trascorre le giornate tentando di convertire i contadini ostili, rientri a casa pieno di lividi. Questo non affievolisce il suo zelo fanatico. Intanto la figlia viene cresciuta dalla tata Wang, che le insegna il cinese, le narra storie crude sulla vita e sugli uomini – Wang era stata una “schiava sessuale” salvata dai genitori di Pearl- e le copre la testa con un cappellino («Questi capelli così gialli non paiono nemmeno umani»).
GLI STATI UNITI
Le condizioni di vita sono spaventose, quattro dei fratelli di Pearl muoiono. Lei resiste e a dieci anni decide che diventerà scrittrice. Poiché la situazione si fa sempre più ostile, nel 1900 la famiglia va a Shangai. Pearl viene mandata all’università in America dove studia letteratura inglese, ma gli anni in Oriente l’hanno resa troppo diversa dalle sue compagne. Si laurea nel 1914 e poi torna in Cina, anche perché sua madre è ammalata. Quando approda, si rende conto che molte cose sono mutate. Rivoluzione, crollo dell’impero, guerra civile fra partito comunista e partito nazionalista. Un cambio epocale, sempre all’insegna della drammaticità, dello scontro, della morte.
Pearl si occupa della madre, lavora e nel 1917 sposa il missionario e agronomo John Lossing Buck (secondo alcune fonti lo ha conosciuto negli Stati Uniti e lo ha sposato prima di tornare in Cina). Grazie a lui nascerà il dipartimento di studi agrari dell’Università di Nanchino.
LA MATERNITÀ
La coppia viaggia nelle regioni dell’interno, Pearl approfondisce la conoscenza del popolo e dice: Visitare le loro case divenne la mia ricerca di realtà». Inoltre, prende con sé una contadina che era stata violentata e aspetta un bambino, salvandola quando partorisce. A sua volta, la donna salverà Pearl durante le persecuzioni contro gli occidentali. E sarà il modello per Olan nel libro La buona terra, che frutterà il Pulitzer alla Buck.
Nel 1920 nasce Caroline, affetta da un grave handicap. Pearl la conduce in America ma la diagnosi è infausta, tanto che uno dei medici suggerisce di «portarla in un istituto e dimenticarla». Invece la madre adotta una bambina, Janice, e torna con le due creature in Cina, dove però la guerra civile si è fatta tremenda. La Buck capisce che non le è possibile tenere con sé Caroline ed è costretta a mandarla in un istituto in New Jersey, pur soffrendo molto. Ad alleviare il suo dolore c’è Janice, di cui dice: «Mi meravigliavo di continuo di averla trovata, fra tutti i bambini del mondo».
Nel 1931 esce negli Usa La buona terra, il primo della trilogia sui Wang. Il clamore è immenso, il libro viene tradotto in più lingue, da esso è tratto un film. L’autrice ottiene la medaglia dell’American Academy of Arts and Letters e fa viaggi promozionali negli Usa, dove critica le chiese protestanti e il modo in cui fanno proseliti e missioni. Parla di «senso di superiorità razziale» dei bianchi. Questo non la rende di certo popolare. In seguito, il senatore anticomunista McCarthy la inserirà nella sua famigerata “black list”. Ma anche in Cina avrà problemi, perché il regime comunista riterrà che i suoi scritti ne diano una pessima immagine. «In Cina è ammirata ma non letta, in America è letta ma non ammirata», sintetizza il New York Times.
LE OPERE
Pearl divorzia dal marito e sposa il suo editore, Richard Walsh, torna a vivere oltreoceano, compra una tenuta in Pennsylvania, adotta quattro bambini, scrive moltissimo (lascerà oltre ottanta opere di generi diversi) e guadagna bene. Nel 1938 le viene assegnato il Nobel per la letteratura per «le sue descrizioni ricche e veramente epiche della vita contadina in Cina e per i suoi capolavori biografici». Lei sminuisce dicendo: «È ridicolo!». Lavora sempre, si batte per i diritti delle donne e dei neri, per la salvaguardia dei diritti umani e crea una fondazione per i bambini asiatici.
Alla morte del marito adotta altri due orfani, pubblica un libro sull’handicap della figlia, prende a lavorare con sé giovani e avvenenti collaboratori (uno, Theodore Harris, diviene suo compagno). Ieratica e distante, viene definita «molto drammatica, molto immobile, molto orientale». Muore nel 1973: come aveva voluto, sulla tomba è inciso il suo nome in cinese, Zhenzhu.