il Fatto Quotidiano, 27 giugno 2024
Giuli ministro?
Da un paio di strepitosi favoriti esibiti martedì sera a Otto e mezzo abbiamo intuito che nel cuore di Alessandro Giuli batte di già una poltrona da ministro. E perché no, dei Beni Culturali. Questa frase può risultare incomprensibile a chi non abbia prestato la necessaria attenzione al linguaggio dei segni con cui il presidente del Maxxi ha preso ad abbigliare le sue legittime ambizioni. Avevamo già notato una variegata collezione di gilet da gentiluomo di campagna (romana) ed eravamo rimasti abbacinati da uno squillante doppiopetto bianco, stile capitano di fregata (ma anche sommelier pluristellato) che addobbava un’intervista sulla fine dell’egemonia culturale della sinistra. Ci era parso, insomma, che se l’abito non fa il monaco un uso così convinto del panciotto qualcosa vorrà pure dire. Torniamo ai favoriti che, sprovvisti come siamo di cultura pilifera, forse erano semplicemente delle robuste basette che tuttavia sembravano intenzionate a circumnavigare le guance fino ad approdare alla barba conferendo al nostro la stessa solennità di un ritratto giovanile di Camillo Benso conte di Cavour. Ora noi non pensiamo affatto che Giuli, persona squisita oltre che di assoluta qualità intellettuale voglia fare le scarpe al ministro Gennaro Sangiuliano. Anzi, punzecchiato in tv sull’ultima sensazionale rivelazione di costui (Galileo vissuto prima di Cristoforo Colombo) ha preso convintamente le difese dell’attuale ministro (che lo ha proposto nell’incarico), sia pure con quella certa condiscendenza dell’allievo che sa di poter superare il maestro, tempo al tempo. A questo punto, per lealtà nei confronti del lettore, confesserò che di Sangiuliano mi intriga assai la postura del dotto compulsivo (come l’Autodidatta di Sartre che studia in ordine alfabetico i libri della biblioteca), pur se nella bulimia delle citazioni gli capita talvolta di incasinarsi. Quanto agli indignati di turno, quelli con la matita rossa e blu da combattimento, suggerirei di apprezzare lo spettacolo e i personaggi cui tanto dobbiamo. Perché tagliare il ramo su cui siamo allegramente seduti?