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 2024  giugno 27 Giovedì calendario

Intervista a Chuck Palahniuk

Chuck Palahniuk, 62 anni, venerato narratore americano, papà di “Fight Club” e ora in libreria con il suo ultimo romanzo “Non per sempre ma per ora” (Mondadori), vive ancora a Portland, Oregon?
«Sì».
La suprema libreria Powell’s City of Books, le birrerie artigianali, l’anima alternativa. Bellissima.
«Oh, ora non la riconoscerebbe».
Perché?
«La crisi economica e l’epidemia di droghe l’hanno distrutta».
Che tristezza.
«Sono cicli della vita. Il successo ha distrutto Portland. Tutto è diventato troppo costoso, sempre più gente finisce in strada e si droga».
Lei prima di diventare scrittore di culto, è stato anche un volontario.
«Già. Allora non c’era l’epidemia di tossici, ma di Aids. Dramma simile».
Scene oggi sempre più frequenti.
«Ma sono i cicli degli Stati Uniti. Pure negli anni ’60 e ’70 accadde una cosa del genere. In tutte le generazioni americane c’è una parte di giovani sacrificata, che sia nella guerra del Vietnam o per le droghe».
Sa prevedere pure le elezioni americane tra quattro mesi?
«Anche questo è un ciclo. Dopo gli anni ’60 e ’70, c’è stato un sussulto di conservatorismo, l’America elegge Nixon, la battaglia tra conservatori e anti-conservatori continua per anni. Preparatevi al remake. Lo abbiamo visto alle recenti elezioni europee».
E così in America Donald Trump potrebbe vincere, nonostante sia un pregiudicato.
«Ma questo per molta gente non conta. La reputazione di Lenin e Mandela si rafforzò dopo il carcere.
Anzi, diventarono più credibili».
Ma non la spaventa uno come Trump alla Casa Bianca?
«Trump e Biden si demonizzano a vicenda per tornaconto personale.
Non mi aspetto cambiamenti, chiunque venga eletto».
Quindi non ha preferenze?
«No. Nessuno dei due mi rappresenta. Tornerò a partecipare alla politica quando negli Stati Uniti verrà legittimato un terzo candidato credibile. Credevo in Robert F.
Kennedy Jr., mi sbagliavo. Solo una terza via saprà riunire questo Paese lacerato. Molta gente disillusa la pensa come me».
Lei è sempre stato uno scrittore radicale. Oggi teme la censura, l’autocensura o la cancel culture?
«Mi fanno ridere gli scrittori di oggi che si lamentano della censura. Io sono stato cancellato per trent’anni, dalle scuole alle biblioteche, alle carceri! Ancora oggi laNational Public Radio americana esclude i miei romanzi perché “inadatti” al loro pubblico. La censura non mi ha mai spaventato. Figuriamoci adesso».
Beh, proprio lei ha inventato il termine “snowflake”, oggi parola offensiva degli anti-woke contro le persone ultrasensibili.
«Ma la mia definizione di “fiocco di neve” era incentrata sulla fragilità umana. Perché a scuola ci avevano insegnato che eravamo “speciali” e dunque dovevamo essere sempre noi stessi. Quando ho usato snowflake inFight Club (“Tu non sei speciale. Non sei un irripetibile fiocco di neve”) eraproprio per sottolineare questo narcisismo autocompiaciuto inculcatoci da ragazzini. Poi il termine ha preso altre derive, ma non mi interessa».
A proposito, sono 28 anni dal suo capolavoro “Fight Club”, poi film di David Fincher con Brad Pitt.
«Con Fight Club ho congiunto la fiction ai libri “self-help” degli anni ’70 e ’80. Per me è stato un manuale di auto-aiuto in forma narrativa, oltre che una riscoperta di se stessi. Con quell’opera, tanti ragazzi finalmente trovarono un “maestro”, figura latitante nei loro genitori».
E come si immagina “Fight Club” oggi?
«Dovrei pensare a qualcosa di inimmaginabile per i nostri tempi, come tutto quel sangue di allora, quando le persone erano terrorizzate dall’Aids, dell’epatite. Qualcosa di indicibile. Meglio non dirlo».
Ma il protagonista Tyler Durden che persona sarebbe oggi?
«Quel politico che non vuole promuovere se stesso ma rendere migliore te stesso e i cittadini. Comequando punta la pistola al tipo dell’alimentari e gli urla “cosa vuoi fare nella vita?”. Lo fa per il suo bene, per liberarlo dalle paure».
Oggi quale futuro possono avere i libri in un’era sempre più voracemente “visual” e “social”?
«Oggi i libri sono i mass media meno popolari, ma anche la forma di espressione più libera. La censura si concentra soprattutto online. Invece, come inFahrenheit 451,i libri si consumano in privato, in intimità.
Diventano parte di te. Magari li impari a memoria. Così possiamo eludere la censura oggi. Con i libri».
Il suo ultimo “Non per sempre ma per ora” è la storia di due fratelli ricchi e assassini, di una famiglia così potente da c’entrare con l’11 settembre e la morte di Lady D, Elvis Presley e Marilyn Monroe.
«È il mio ventesimo romanzo.
Quando iniziai il primo, speravo di diventare uno scrittore bestseller. Ma i miei libri non hanno mai venduto molto. Eppure non è mai stato un problema, soprattutto dopo il film diFight Club: scrivere è più bello, se seilibero. Stavolta mi hanno influenzato i gialli inglesi, da Agatha Christie in giù, ambientati nelle idilliche campagne dove si aggirano Miss Marple, Hercule Poirot, eccetera».
Per questo “Non per sempre ma per ora” è ambientato in Galles?
«Esatto. Ero affascinato da quelle storie e dalla siderale mancanza di empatia dei protagonisti verso gli omicidi. Un paradosso assurdo che mi ha ispirato».
È anche una metafora della vita?
«Eh già. Perché questo romanzo è anche imperialismo. Le nostre vite comode dipendono dalla sofferenza di tantissime altre. Ma non volevo fare il bacchettone. Meglio i due fratelli che uccidono i propri servitori e si divertono nel farlo, mentre il sistema li difende e si perpetua».
Anche qui, non ha perso il gusto per provocazione, depravazioni, perversioni sessuali, brutalità.
«Oggi l’unica cosa provocatoria sono le storie originali, indipendenti.
Perché oramai tutto è creato per l’intrattenimento di massa più vasto possibile, o per fare più click su Netflix e simili. Ma io non voglio mangiare fast food tutta la vita. E in questo libro prendo in giro anche gli adepti delle irrefrenabili teorie del complotto, che diffondono fake news contro qualche oscura entità».
La spaventa il sempre più fragile concetto di verità?
«Dai video di gattini su Instagram ai tweet di politica, siamo sempre più trascinati da una verità fattuale a una emozionale. Oggi alla gente non interessano più i fatti. Ma le emozioni».
Con quali conseguenze?
«Ci pensi. Che cosa accade quando la gente viene travolta dalle emozioni?
Anni fa, Germania, Italia…».
Fascismi? Totalitarismi?
«Esatto. Hitler, Mussolini, Perón nacquero da simili enormi onde emotive. Presto la gente di oggi farà lo stesso per un equivalente politico dei video di gattini e cuccioli online. Uno che sappia innescare in loro lo stesso, gigantesco flusso emotivo».
E ciò non la preoccupa?
«No. Faccio un altro mestiere. Se iniziassi a dirlo, sarei odiato. Non voglio essere la Cassandra di turno. La gente va matta per i video di gattini e avrà lo stesso anche in politica. Ma non si preoccupi. Io e lei saremo già morti quando accadrà».f