Corriere della Sera, 27 giugno 2024
Processo a Gershkovich
La targhetta con il prezzo di Evan Gershkovich verrà esposta alla fine di settembre, nel più rapido dei casi. Il valore del giornalista americano chiuso in un carcere russo da ormai più di un anno e mezzo sarà quantificato in anni di reclusione. Ma è certo che gli acquirenti, ovvero gli Usa, dovranno fare un notevole investimento per riaverlo indietro. Ieri presso la Corte regionale Sverdlovskij di Ekaterinburg, a quasi quindici mesi dal fermo e dall’arresto, è cominciato il processo nei suoi confronti, al quale non assisterà nessuno. Porte chiuse, la prassi abituale nei casi in cui l’imputato sia accusato di spionaggio.
Era il 29 marzo del 2023. Gershkovich, corrispondente dalla Russia per il Wall Street Journal, si trova negli Urali per preparare un reportage dedicato alla Brigata Wagner e ai metodi di arruolamento della compagnia militare privata guidata da Evgenij Prigozhin. A Nizhnij Tagil, nella regione di Ekaterinburg, c’è il quartier generale della Uralvagonzavod, una delle più grosse fabbriche per la produzione dei carri armati che vengono utilizzati anche nella guerra in Ucraina. Ancora non è dato sapere se fosse questa la ragione che aveva portato Gershkovich in quel luogo, quasi 1.800 chilometri a est di Mosca. Ma è stato senz’altro il pretesto che lo ha portato dietro le sbarre. I servizi segreti sostengono che su commissione della Cia avrebbe raccolto informazioni segrete sulla produzione di materiali bellici. E lo avrebbe fatto «rispettando minuziose misure di cospirazione», come si legge sul capo d’accusa, qualunque cosa significhi. Secondo la versione dell’Fsb, stava spiando una importante azienda dell’Opk, la sigla che indica l’industria militare russa e la sua filiera.
Per la prima volta dalla fine della guerra fredda, la Russia incarcera un giornalista americano. Gershkovich diventa il primo reporter straniero accusato di spionaggio dal 1986. La pena massima prevista dal Codice penale russo per i casi di spionaggio ammonta a vent’anni di carcere. Al processo assisteranno solo il giudice, il procuratore, l’imputato e i suoi avvocati. «Il giornalismo non è un crimine», afferma la sua famiglia in un comunicato, mentre il Wsj giudica «una montatura» le accuse rivolte al suo reporter.
Il ricatto dello zar
Vorrebbe far rientrare un «patriota»: l’ergastolano Krasikov, detenuto in Germania
La prima audizione è stata breve, neppure un’ora. Appuntamento al 13 agosto. Per il collegio giudiziario di questa regione è il secondo processo a un cittadino statunitense in pochi giorni. Una settimana fa è iniziato l’esame del caso di Xenia Karelina, doppia cittadinanza, sposata con un americano, arrivata nello scorso gennaio a Ekaterinburg in visita ai parenti. Dopo un primo fermo per stato di ebbrezza, è stata anche lei accusata di spionaggio: il giorno prima dell’inizio della guerra, aveva mandato dagli Usa un bonifico di 52 dollari a un fondo di assistenza all’esercito ucraino.
Gershkovich è nato 32 anni fa a New York da una coppia di ebrei russi, emigrati nel 1979. È cresciuto bilingue. Scorrendo i suoi social, e parlando con comuni amici moscoviti, appare evidente il suo amore per il Paese nel quale viveva dal 2016 e che stava raccontando. Forse anche per questo, dopo l’inizio dell’Operazione speciale in Ucraina, diversamente dai suoi colleghi americani è rimasto in Russia. Nel luglio 2022, aveva pubblicato un post su Twitter: «Preparando reportage sulla Russia: è ormai prassi diffusa osservare come i tuoi conoscenti finiscono in carcere per lunghi anni».
Il precedente
La cestista americana Brittney Griner è stata scambiata col signore della guerra Viktor Bout
Gershkovich è purtroppo diventato il gioiello del cosiddetto «fondo di scambio» russo, che Mosca usa per far tornare in patria i cittadini condannati all’estero e considerati di un qualche valore dal Cremlino. Non più una persona, ma una pedina. Durante la famosa intervista a Tucker Carlson dello scorso febbraio, Vladimir Putin affermò che Mosca è pronta allo scambio se gli Usa consentiranno il ritorno di un «patriota attualmente imprigionato in un Paese alleato degli Usa». La descrizione corrisponde al profilo di Vadim Krasikov, probabile agente dei servizi segreti che sta scontando l’ergastolo in Germania per l’assassinio avvenuto a Berlino nel 2019 dell’ex comandante dell’esercito ceceno e cittadino georgiano Zelimkhan Khangoshvili. Il presidente russo continua ad affermare che la trattativa è in corso. Tre giorni fa, anche il viceministro degli Esteri Sergej Rybakov lo ha confermato all’agenzia Tass. «Il pallone sta nella parte americana del campo. Vediamo come reagiranno alle nostre proposte».
Nel dicembre 2022 si svolse l’ultimo baratto umano tra i due Paesi. La cestista americana Brittney Griner, condannata pochi mesi prima a nove anni di reclusione per detenzione di olio di hashish, venne scambiata con Viktor Bout, il signore della guerra, commerciante di armi russo condannato nel 2012 negli Usa a 25 anni di reclusione, e al ritorno in patria subito avviato a una carriera politica. I cittadini americani detenuti in Russia sono una dozzina. Il più noto era Paul Whelan, ex ufficiale della Marina, rappresentante a Mosca di una nota marca automobilistica Usa. Fu arrestato nel 2018 con l’accusa di essere una spia che cercava di arruolare funzionari dell’Fsb e del ministero della Difesa. Nel giugno 2020 è stato condannato a sedici anni di prigione. La Russia non ha alcuna fretta. Il tempo è dalla sua parte. Il conto che gli Usa dovranno pagare per ridare la libertà a un giornalista che stava facendo solo il suo lavoro sarà molto salato.