Corriere della Sera, 27 giugno 2024
I laburisti non si sono ancora insediati ma i paperoni inglesi fanno le valigie
Londra I laburisti non si sono ancora insediati a Downing Street ma c’è già chi sta facendo le valigie: e non si tratta solo del premier (in uscita) Rishi Sunak, bensì di una pletora di ricche famiglie in fuga dalla stangata fiscale che il partito di Keir Starmer si prepara a infliggere.
I «paperoni» britannici avevano già cominciato a sentire puzza di bruciato quando il governo conservatore, appropriandosi di una proposta laburista, aveva annunciato l’intenzione di abolire il regime dei «non dom», ossia dei non domiciliati: si tratta di un peculiare istituto britannico, vecchio di due secoli, in base al quale chi dichiara di avere un «domicilio» all’estero, anche se residente in Gran Bretagna, non paga le tasse sui proventi di fonte estera.
È una forma di elusione fiscale (lecita) che già suscitava un fiume di polemiche, perché ad approfittarne sono soprattutto i super ricchi che possono vantare un qualche aggancio all’estero: una diatriba esplosa quando si era scoperto che se ne avvaleva pure la moglie di Sunak, che è di origine indiana, risparmiando così milioni di tasse.
Adesso i laburisti, che sono i sicuri vincitori del voto del 4 luglio, non solo manderanno al macero le norme sui «non dom», ma andranno anche oltre, fino a tassare pure le eredità all’estero. E non si fermeranno qui: nei loro piani c’è l’aumento del prelievo sui capital gains, la fine del regime agevolato per i gestori di fondi di private equity e l’imposizione dell’Iva sulle scuole private.
Il Labour ha promesso che non imporrà aumenti dell’Irpef, dell’Iva o della contribuzione sociale: ma da qualche parte i soldi per rimettere in sesto il disastrato settore pubblico dovranno pure trovarli. E allora la parola d’ordine è «spremiamo i ricchi», la cui definizione sembra essere peraltro parecchio elastica: i laburisti insistono che non tasseranno i «lavoratori», che in un primo momento il leader Starmer aveva però definito come coloro che non sono in grado di staccare un assegno e non hanno risparmi (poi la futura ministra del Tesoro, Rachel Reeves, ha dovuto precisare che anche i risparmiatori sono lavoratori e non hanno nulla da temere).
Come che sia, quelli veramente ricchi si stanno affrettando verso l’aeroporto: «La gente se ne sta andando a causa dei laburisti – ha detto al Financial Times un consulente fiscale – le tasse sono l’arma chiave che hanno in mano e la useranno».
È difficile quantificare le cifre dell’esodo e le sue reali dimensioni restano controverse: tuttavia già fra il 2017 e il 2023 – ossia dopo la Brexit – la Gran Bretagna ha perso 16.500 milionari. Non si tratta solo di tasse, ma di un deterioramento generale dell’atmosfera in un Paese in cui nulla sembra più funzionare, dalla sanità ai trasporti fino alle forniture d’acqua. Ma adesso la prospettiva di un governo di sinistra ha inferto il colpo di grazia.
E dove se ne vanno i nababbi in fuga? Se le prime mete sono gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi, in Europa spicca l’Italia, che è diventata particolarmente attraente dopo l’introduzione, sette anni fa, di una flat tax di 100 mila euro per chi trasferisce la residenza dall’estero: una offerta assai allettante per chi ha patrimoni milionari e introdotta, guarda caso, subito dopo la Brexit proprio per intercettare la fuga dal Regno Unito.
Se all’incentivo fiscale si aggiunge il fatto che un città come Milano è diventata sempre più internazionale, non stupisce che tanti supermanager stiano abbandonando le sponde del Tamigi per traslocare all’ombra della Madonnina.
Per Londra è una perdita secca: sebbene i super ricchi siano una piccola minoranza, l’indotto che alimentano, in termini di tasse e di consumi, è del tutto sproporzionato al loro numero. I laburisti puntano a una società egualitaria: ma in questo modo rischiano di arrivarci livellando tutto verso il basso.