Corriere della Sera, 26 giugno 2024
Intervista a Marina Berlusconi
«Si chiamerà Silvio Berlusconi Editore e avrà un’unica parola d’ordine: libertà. Non sarà solo un omaggio a mio padre, ma un progetto editoriale che vuole dare più forza al pensiero liberale e democratico, contro ogni forma di totalitarismo, nel nome di quella libertà che finisce solo dove comincia quella altrui». Marina Berlusconi, presidente della Mondadori, scandisce le parole, mentre racconta la nuova iniziativa lanciata ieri dal gruppo. E declina la parola «libertà» in modo che forse qualcuno potrà considerare sorprendente: lanciando l’allarme sul crescente successo dei movimenti estremisti in Europa, mentre aumentano le incertezze collegate al voto negli Stati Uniti. E sullo sfondo, un Occidente che mette sempre più in discussione se stesso e i propri valori. L’Italia, comunque, è al sicuro da qualsiasi presunta emergenza democratica, anche se sui diritti civili Marina Berlusconi ha un punto di vista che forse non ci si aspetterebbe: «Ognuno deve essere libero di fare le sue scelte».
Un lancio di una casa editrice che potrebbe dare luogo alla domanda di sempre: assomiglia a una sua discesa in campo...
«Anche la risposta è sempre la stessa: no. Assolutamente no, né oggi, né in futuro». Il nome della casa editrice è lo stesso di quella Silvio Berlusconi Editore che negli anni 90 pubblicò alcuni classici, da Erasmo da Rotterdam fino a Karl Marx. «Oggi però nasce una casa editrice tutta nuova», dice «che ruoterà attorno a un solo, grande tema: parlare di libertà è tornato terribilmente attuale».
La libertà, una campagna delle opposizioni...
«Ma no, è una riflessione che va ben oltre la dialettica tra governo e opposizioni. Mi sto riferendo a un problema più ampio, che riguarda la nostra civiltà e i nostri valori. In quasi 80 anni di pace abbiamo avuto la fortuna di poter considerare la libertà una conquista acquisita. Non è più così. Due guerre dilaniano i confini dell’Europa, mentre si sta coalizzando un inquietante fronte antioccidentale, dalla Russia alla Cina. Ma dobbiamo fare i conti anche con un nemico interno, non meno insidioso».
Il suo pessimismo è preoccupante...
«Beh, il successo alle Europee di movimenti con idee antidemocratiche non può non allarmare. Le preoccupazioni sulle conseguenze del prossimo voto negli Stati Uniti aumentano».
A cosa si riferisce, a Biden, Trump?
«Il problema di fondo è che il nostro mondo, l’Occidente, sta vivendo una terribile crisi d’identità. Guardi a quel che succede nelle piazze, nelle università... Si protesta a favore di Hamas, ma dietro si legge un disprezzo profondo verso l’Occidente. Guardi a quella sorta di malattia autoimmune chiamata cancel culture, secondo cui tutto quello che la nostra civiltà ha costruito è da buttare. Cosa c’è di più preoccupante di una grande cultura che rinnega se stessa? Come si può mettere in dubbio che quello in cui viviamo, pur con i suoi difetti e le sue contraddizioni, è ad oggi il migliore dei mondi possibili? Qualcosa vorrà pur dire il fatto che tutte le società che stanno scoprendo la democrazia e il benessere si ispirano al modello occidentale...».
D’accordo, converrà però che questa casa editrice in molti penseranno possa fare perlomeno da laboratorio di idee per Forza Italia e per la destra di governo, fare politica...
«Se intende che vogliamo tirare la volata a questo o quel partito, scegliere una precisa militanza, rispondo mille volte no. Se per politica si intende invece l’attaccamento a valori come libertà e democrazia, è un altro discorso».
Sì ma...
«Più di tante parole credo basti citare i primi titoli individuati dai professionisti del gruppo Mondadori. Debutteremo a settembre con “On leadership” di Tony Blair e con due grandi classici come Voltaire e Furet. Più avanti avremo Ernesto Galli della Loggia e Walter Siti. Porteremo in Italia anche il manifesto antiputiniano di Alexander Baunov. Le pare un programma editoriale da Minculpop?».
Non sarà militante, ma sembra un tassello della lunga marcia per la conquista, da parte conservatrice, dell’egemonia culturale.
«Né la missione del gruppo Mondadori, né tantomeno della nuova casa editrice, che avrà una selezione ristretta di titoli, ma di indiscutibile qualità, è quella di mirare a qualche forma di egemonia culturale. Il nostro mestiere è pubblicare libri ben fatti, che incontrino l’interesse dei lettori e diano voce alle istanze della società».
Dicono tutti così...
«Noi lo facciamo. La Silvio Berlusconi Editore, come le altre nostre case editrici, godrà della massima autonomia e sarà un laboratorio di idee totalmente aperto: la libertà può essere raccontata e definita in molti modi diversi. A noi interessano tutti».
Insisto. Suo padre è stato uno degli uomini politici più importanti nella storia del Paese. La scelta del suo nome dà inevitabilmente a questa iniziativa una connotazione precisa.
«E quale nome migliore per una casa editrice che vuol parlare di libertà? Mio padre ha sempre combattuto per la libertà. È stata il mezzo e il fine di tutto il suo agire. Tutto quello che ha costruito, lo ha costruito utilizzando le vie della libertà e realizzando conquiste che di libertà si nutrivano. Come politico e come imprenditore. Pensi alla tv commerciale, a quello che ha rappresentato nella crescita del pluralismo...».
Una cosa è la tv commerciale, un’altra è una casa editrice che porta il suo nome...
«Allora pensi al suo modo di essere editore. Mondadori fa capo alla mia famiglia ormai da 33 anni, qualcuno potrebbe sostenere che non siamo editori liberali? Poi, lo so, ci sarà sempre chi continuerà a chiederci le analisi del sangue... Ma per questi signori le opinioni, naturalmente le loro, conteranno sempre più dei fatti».
Come politico, suo padre non sempre si è accompagnato a campioni della libertà. Putin, per esempio...
«Mio padre cercava di fare entrare la Russia di Putin nell’asse occidentale. Era un uomo di pace, che mirava al rafforzamento e addirittura all’allargamento dell’Occidente e della democrazia. Per questo trovo inaccettabile che qualcuno lo accosti ai filo-putiniani di oggi, che l’Occidente e la democrazia li disprezzano. E comunque capitava anche che mio padre e io avessimo opinioni diverse. Ma ha sempre ascoltato e rispettato il mio punto di vista, anzi mi ha sempre spinto a dire tutto quello che pensavo. Non è forse una gran bella lezione di libertà?».
Libertà che lei, mi pare, vede messa in dubbio anche dal voto europeo con questa ondata di destra che in alcuni Paesi come la Germania è destra estrema...
«Penso che a Bruxelles si debba fare una riflessione molto profonda. Dietro il diffondersi di certe simpatie antidemocratiche c’è anche una crescente insofferenza, quasi una rabbia, verso l’Europa del troppo controllo, del dirigismo, della burocrazia. La risposta però non può certo essere quella di rinchiudersi nei propri confini. Al contrario, serve un’Europa più forte e più coesa, capace di far percepire alle persone tutti i benefici di una vera unità. Senza ambiguità su valori come libertà e democrazia, a cominciare dal sostegno all’Ucraina. Insomma, l’Europa può essere la nostra salvezza, oppure, attenzione, la nostra rovina».
E la destra italiana? Anche da noi c’è chi grida all’emergenza democratica...
«Io proprio non la vedo. Questo governo ha sempre rispettato pienamente le regole della democrazia e in politica estera ha mantenuto la barra dritta su posizioni europeiste e filoatlantiche. Poi, per carità, ci sono anche temi su cui si può essere più o meno d’accordo...».
Abbiamo sentito bene? Meno d’accordo con il governo su cosa?
«Personalmente, ad esempio, sui diritti civili. Se parliamo di aborto, fine vita o diritti Lgbtq, mi sento più in sintonia con la sinistra di buon senso. Perché ognuno deve essere libero di scegliere. Anche qui, vede, si torna alla questione di fondo, quella su cui non credo si possa arretrare di un millimetro: la questione della libertà».