il Giornale, 25 giugno 2024
In Svezia non si fuma più. Si mastica tabacco
Per le strade di Stoccolma non si vedono fumatori. Per quelle di Göteborg, la seconda città più popolosa della Svezia dopo la capitale, nemmeno. All’ingresso dei locali pubblici il fenomeno è ancora più evidente: al contrario di quanto accade altrove, nessuno o quasi si assiepa per espletare l’insalubre rito della sigaretta. I pochi che lo fanno sono turisti o stranieri. Un mondo senza fumo è possibile e il Paese scandinavo ne è la dimostrazione. Da queste parti la percentuale di fumatori è scesa infatti dal 15 al 5,6% in soli quindici anni, ponendo la nazione a un passo dall’eliminazione definitiva del fumo, con largo anticipo rispetto all’obiettivo fissato per il 2040 dall’Ue.
La Svezia, infatti, ha da tempo adottato un approccio favorevole alla minimizzazione del rischio, con strategie che comprendono l’accettazione di prodotti alternativi alle sigarette tradizionali, a cominciare dallo snus. Si tratta di piccoli sacchetti di polvere di tabacco che vengono posizionati sotto il labbro superiore, a contatto con la gengiva, consentendo l’assorbimento di nicotina. «Lo snus fa parte della nostra tradizione e della nostra cultura, ne siamo orgogliosi come voi italiani lo siete delle vostre eccellenze», ci spiega Patrik Hildingsson, vicepresidente Comunicazioni e Relazioni pubbliche alla Swedish Match, azienda leader nel mercato della somministrazione orale di nicotina, di cui Philip Morris International ha acquisito oltre il 93% delle azioni nel novembre 2022. Mentre racconta la storia del prodotto, Hildingsson ci guida nel cuore della fabbrica che a Göteborg «sforna» ogni giorno migliaia di confezioni pronte per il mercato. «Esiste lo snus marrone tradizionale, che contiene tabacco, e poi abbiamo le bustine composte da nicotina e aromatizzate in diverse varietà», scandisce il manager svedese.
La materia prima arriva dall’alto, viene convogliata nelle bustine e poi, attraverso un dedalo di nastri trasportanti, finisce impacchettata. In Svezia, la progressiva diffusione dello snus è andata di pari passo con un calo drastico dell’uso di sigarette tradizionali e con il conseguente abbattimento di danni alla salute. «L’uso dello snus al posto delle sigarette riduce il rischio di cancro alla bocca, malattie cardiache, cancro ai polmoni, ictus, enfisema e bronchite cronica», decretava già nel 2019 la Food and Drug Administration, riconoscendo anche il contributo dato in tal senso dei dispositivi elettronici senza combustione. Questi riscontri si accompagnano però a un paradosso: in tutta l’Unione Europea (a eccezione della Svezia) la vendita dello snus è vietata dal 1992, con motivazioni che ancora oggi appaiono controverse, se non inspiegabili. Il professor Karl Fagerström, psicologo clinico ed esperto di fama internazionale nella ricerca sulle dipendenze e sulla cessazione del fumo, è indignato. «Oms e Ue hanno bannato lo snus, ma i prodotti senza combustione non vanno demonizzati. Possono salvare tante vite», ci dice in un colloquio a Stoccolma durante il quale snocciola le evidenze raccolte in un’intera carriera. Mentre la Svezia è già nel futuro, il resto del Vecchio Continente sta a guardare. Con la sigaretta in mano. Qualcosa però inizia a muoversi: negli ultimi mesi, sugli scaffali delle tabaccherie italiane hanno fanno la loro comparsa le «nicotine pouch», bustine di nicotina che rappresentano un’alternativa legale al prodotto tradizionale svedese. Per il nostro Paese si tratta di una nuova categoria di prodotto, la cui regolamentazione ha richiesto un lungo processo che in parte è ancora in corso. L’Europa è ora al bivio: da una parte c’è il modello svedese che fa scuola, dall’altra un approccio che ancora oggi stenta a dare risultati.