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 2024  giugno 25 Martedì calendario

Intervista a Ilaria Salis

Finalmente libera da ceppi e guinzagli, Ilaria Salis, anzi l’eurodeputata Ilaria Salis, si presenta all’appuntamento sorridente e ansiosa. Ha voglia di parlar bene, di argomentare, di spiegare. Di mostrarsi pronta per l’avventura che l’aspetta a Bruxelles, dove per la prima volta si recherà domani. Nove giorni sono passati dal ritorno a Monza, dopo quindici mesi di carcere preventivo a Budapest per via di un’accusa per la quale si è dichiarata innocente, una campagna elettorale vincente condotta in suo nome dal padre Roberto Salis, i domiciliari, il voto, la libertà.
Ilaria Salis ha occhi vitali velati di stanchezza. Incontra Repubblica in un appartamento di Milano, messo a disposizione da uno suo amico. Fa il caffè, si affaccia un attimo al terrazzo, guarda Milano, risponde a tutte le domande.
Lei e suo padre in politica la vedete in maniera diversa. Litigate?
«Vero, mio padre è un liberale ma non abbiamo mai litigato per questo. L’antifascismo è il nostro comune denominatore».
Ha fatto di tutto per farla uscire dal carcere di Budapest, compreso prestarsi alla campagna elettorale per la sinistra.
«L’ha fatto col cuore e con convinzione. Ero chiusa in fondo al pozzo, nessuno sentiva la mia voce, è stato lui a portarla fuori»
Non parla mai di sua madre, motivo?
«Rispetto la sua riservatezza».
Sedici giugno 2024, il ritorno a Monza. Come è stato?
«È stato…rapido. Sono arrivata che sotto casa c’erano già giornalisti e carabinieri. Volevo prendermi una settimana di riposo ma le cose hanno preso a girare a una velocità vertiginosa, soprattutto rispetto alla monotonia sfinente della cella».
Come sono le sue giornate ora?
«Studio il funzionamento tecnico del parlamento europeo, leggo, rispondo al telefono, mando mail».
Quindici mesi fuori dal mondo, come si recuperano?
«Sto cercando le notizie sui siti. Non è facile seguire a ritroso il filo della cronaca, mi mancano ancora dei pezzi».
Onorevole Ilaria Salis, dunque. La spaventa il peso del nuovo ruolo?
«Mi spaventava di più essere in un carcere ungherese».
Lei non è una politica di professione, come se la caverà?
«Col senso di responsabilità che provo verso tutte le persone che mi hanno dato fiducia. Pressione e aspettative ci sono, ma devo fare le cose con calma e lucidità, ci metterò tutto il coraggio che ho».
Quasi 176 mila preferenze, se l’aspettava?
«Non pensavo neanche che avremmo raggiunto il quorum!»
Perché l’hanno votata?
«In molti per la questione della mia carcerazione e per sostenere i diritti dei detenuti. Altri per la voglia di portare sulla scena politica qualcosa che provenisse dal basso, perciò manterrò i legami coi movimenti. Porterò tutte quelle esperienze con me a Bruxelles».
Come si fa?
«Attraverso proposte di legge, mozioni e gli altri strumenti degli europarlamentari. Mi batterò per la difesa dei detenuti, del lavoro precario, dei migranti per i quali ci dobbiamo assumere la responsabilità storica dei morti in mare, e del diritto alla casa».
La criticano per l’occupazione di un alloggio popolare a Milano. Lei ci ha vissuto o no?
«La famosa casa dello scandalo… la polizia mi ha trovato lì nel 2008, quando avevo 24 anni. Oggi ne ho 40. Da allora non sono più andati a fare verifiche per vedere chi ci abitasse, però l’Aler mi contesta lo stesso un debito di 90 mila euro».
Fin dove si può spingere la lotta alla casa senza che essa stessa diventi un abuso?
«Prendiamo Milano, 12.000 appartamenti popolari sfitti e 10.000 nuclei familiari in lista di attesa. I movimenti per la casa non tolgono niente a nessuno, cercano di risolvere con altre modalità un problema che le istituzioni non risolvono».
Ogni sua dichiarazione sarà usata contro di lei dal centrodestra, lo sa?
«Sono attacchi pretestuosi, privi di contenuto. Piuttosto che prendere parte al teatrino, preferisco pensare al mio percorso politico».
Come va con Avs?
«C’è un bello scambio di idee, i riscontri sulle questioni che ho sollevato sono positivi».
Stava per candidarsi col Pd?
«In carcere mi era arrivata voce di un interessamento, ma alla fine ho scelto Avs. È stata una decisione tormentata. Chiusa in cella non avevo il quadro della situazione politica e non sapevo con chi confrontarmi».
Leggeva l’Inferno e il Purgatorio, perché proprio Dante?
«L’avevo già letto al liceo e alla facoltà di Lettere, in cella sentivo il bisogno di quelle pagine. E pensavo, solo l’inferno è infinito, in un carcere prima o poi le porte si aprono».
Andare alle udienze in catene e al guinzaglio come la faceva sentire?
«Come un animale. Ho autorizzato la diffusione delle immagini per far vedere cosa capita ai detenuti in Ungheria, anche se rivedermi così sui giornali non mi piaceva».
Cosa l’ha aiutata?
«La solidarietà della gente. La percepivo, mi ha tenuto in piedi. Ho capito che la solidarietà può spostare le montagne, spero che sia replicabile per altre battaglie».
È diventata un simbolo di un certo modo di fare lotta politica?
«Non mi sento un simbolo. Sento di essere una donna in carne ed ossa con una storia. Non sono sola, attorno ho una comunità che ha combattuto insieme a me, che ha dato prova della forza della solidarietà».
È lei l’anti-Vannacci?
«Non sono l’anti di nessuno. Trovo svilente ridurre la politica a un talk show. Non mi interessa diventare un personaggio».
Ha letto degli esponenti di Fratelli d’Italia che fanno battute sulla sostituzione etnica, i forni crematori, gli omosessuali?
«Mi fanno schifo. È preoccupante e pericoloso che siano tollerate in un Paese come il nostro, emanano da un’ideologia di morte».
L’Ungheria potrebbe chiedere di revocare la sua immunità per rispedirla in carcere.
«Nel caso, mi auguro che l’europarlamento decida di difendere lo stato di diritto e la presunzione di innocenza».
Orban è venuto a Roma per incontrarsi con Giorgia Meloni. Che effetto le fa?
«Non mi tange, sono affari della destra».
Come si contrasta l’ondata delle destre radicali?
«Chi si definisce antifascista deve contrastare le formazioni fasciste.
Nel lungo periodo, dobbiamo dedicarci al superamento della condizione di insicurezza con cui prosperano le destre e costruire una nuova cultura popolare antifascista, che affondi le radici nella memoria dei partigiani e sia in contatto con le questioni sociali del presente».
In carcere si è sentita tutelata dal governo italiano?
«Non ho capito bene quale partita si stesse giocando e su quale scacchiere, ero tagliata fuori da tutto».
Chi è Ilaria Salis nuova eurodeputata?
«La Ilaria di sempre. Il carcere non mi ha cambiata, i miei ideali sono gli stessi».
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