la Repubblica, 25 giugno 2024
La difesa dell’Ue secondo Letta
Tratto dal libro Molto più di un mercato. Viaggio nella nuova Europa” (Il Mulino)
Nei mesi di preparazione del Rapporto sul futuro del Mercato unico, più volte mi sono trovato a ripensare, con rimpianto e orgoglio insieme, a David Sassoli e ai suoi anni alla guida del Parlamento Europeo. Soprattutto, ragionando di difesa e sicurezza comuni, ritornava la sua lucidissima lettura della minaccia rappresentata dalla Russia. Ricordo la decisione di conferire, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici prima della malattia che lo ha poi privato della vita, il premio Sacharov ad Aleksei Navalny contro un regime, quello di Putin, «colpevole di reprimere le organizzazioni della società civile, di limitare la libertà, di mettere in prigione gli oppositori politici». Sassoli, a differenza di quasi tutti gli altri, aveva saputo presagire il pericolo e intuire quanto di lì a poco avrebbe rivoluzionato tutto. Perché l’invasione dell’Ucraina è stata davvero una cesura storica profondissima nella storia europea, ovviamente anche sotto il profilo della difesa.Gli eventi successivi a quel drammatico 24 febbraio 2022 hanno infatti impresso un’accelerazione senza precedenti alla comunitarizzazione delle politiche per la difesa. Numerose delle innovazioni erano già in fase di incubazione, ma probabilmente avrebbero avuto bisogno di molto più tempo, forse di varie legislature, senza la folle aggressione di Putin e soprattutto senza la straordinaria resistenza del popolo ucraino.
(…) Le parole forti di David mi tornano in mente prepotenti la prima volta che vado a Riga, Tallin e Vilnius dopo l’invasione russa. Ho deciso, all’interno del viaggio, di dedicare tempo e attenzione ai Paesi Baltici perché voglio capire bene cosa si può provare a essere stati nell’Unione Sovietica, ad essere cresciuti studiando e parlando russo e trovarsi oggi ad essere al confine con la minaccia costante della Russia di Putin. Cosa vuol dire per i Paesi Baltici l’Europa, l’essere europei, l’avere l’euro, l’Erasmus e il cielo pattugliato dagli aerei italiani o francesi? Tutto questo ha un significato ben diverso da quello che ha per noi. In Piazza della Libertà a Vilnius mi mostrano come se fosse la cosa più naturale e appropriata una statua dedicata alla Nato. Immacolata e intonsa. Scopro poi che è una scultura chiamata “I tre soldati”, inaugurata nel 2004 per commemorare l’adesione della Lituania alla Alleanza Atlantica. Penso a che cosa succederebbe da noi, o in altri Paesi della vecchia Europa, sequella stessa statua fosse in una delle nostre piazze principali. Sempre a Vilnius vedo il vecchio palazzo del Kgb, l’obiettivo è smantellarlo e sostituirlo. La determinazione a difendere a ogni costo la libertà raggiunta nel 1991 che riscontro in tutti gli incontri supera qualsiasi altro tema di discussione. Certo, a Tallin mi confronto lungamente su come migliorare e digitalizzare la Pa europea e a Riga ragioniamo di competitività delle Pmi. In tutte e tre le capitali, città piene di fascino, di storia e carichedi interesse, affronto tante questioni rilevanti del Mercato Interno. Ma mi rendo conto che su tutto prevalgono la questione della sicurezza e la minaccia russa. Ascoltando la storia di tutti coloro che incontro, risco pro le loro vite «divise in due», mi confronto con un passato recente che noi – al di qua della cortina di ferro – abbiamo forse rimosso troppo in fretta: l’infanzia, e in qualche caso anche la giovinezza, l’hanno trascorsa in un altro mondo che parlava russo. Poi c’è stato l’ingresso nell’Unione Europea, con i suoi valori di libertà e le sue opportunità. E naturalmente è cambiato tutto. Capisco che la frase «morire per la libertà del proprio Paese» è lì declinata in modo diverso da come accade nel resto d’Europa.
È vero che non tutta l’Ue confina con la Russia e che sono diversi gli ap procci geopolitici alle questioni più delicate che coesistono nelle riunioni europee. Una complessità di cui tenere sempre conto: quando ce la prendiamo con le divisioni dell’Europa e la difficoltà a trovare in fretta posizioni unitarie non esprimiamo altro che il riflesso di queste diversità di punti di osservazione e di interesse. Ma, con le tensioni geopolitiche che crescono attorno a noi, la ricerca della convergenza su posizioni politiche in cui tutti i Paesi e i cittadini europei possano riconoscersi va sempre perseguita.
Meglio una posizione europea unitaria che non collima al cento per cento con la posizione di partenza della politica estera del mio Paese piuttosto che 27 posizioni diverse, ognuna perfettamente coerente con le 27 diverse storie pregresse, ma completamente ininfluenti nel contesto mondiale.
(…) Oggi si tratta di strutturare tutte le decisioni assunte opportunamente dopo il 24 febbraio 2022 e di definire un quadro istituzionale che sia in grado di dare all’Unione Europea quella capacità di difesa unica che essa non ha mai avuto. Questo è fondamentale per dotarci degli strumenti necessari a garantire la pace e il rispetto dei nostri valori fondamentali. Per questo il completamento del Mercato Unico dell’industria della difesa è un obiettivo strategico vitale. Obiettivo su cui peraltro ho avuto modo di rimarcare una convergenza ormai trasversale, trovando adesione e un proficuo confronto su questo punto tanto nell’incontro con Giorgia Meloni quanto in quello con Emmanuel Macron. La sfida è, dunque, rendere concrete queste ambizioni. Con le scelte assunte dal commissario per il mercato interno e i servizi, Thierry Breton, si sono costruite le basi per un’Europa in grado di essere autosufficiente dal punto di vista della sicurezza. Senza naturalmente che questo porti a una frattura o a un allentamento del legame con gli Stati Uniti, che rimangono l’alleato insostituibile nella Nato, ma con la consapevolezza che l’autonomia dell’Europa, in un mondo in guerra, è una necessità che ormai è diventata semplicemente vitale per la nostra sopravvivenza.