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 2024  giugno 25 Martedì calendario

Intervista a Francesca Archibugi

«Ai miei tempi l’unica maestra era la grandissima Suso Cecchi d’Amico, oggi tocca a noi che invecchiamo restituire opportunità concrete alle ragazze». Lo dice convinta la regista di La Storia Francesca Archibugi, a margine della terza edizione di “Becoming Maestre”, iniziativa di mentoring dedicata al talento femminile nel cinema e nella serialità promossa da Accademia del Cinema Italiano – Premi David di Donatello e Netflix. Le giovani professioniste selezionate riceveranno una proposta di lavoro come assistenti su film o serie targate Netflix: «Con Ivan Cotroneo ci siamo impegnati a selezionarle su oltre trecento. Hanno realizzato lavori diversi, è stato bello aiutarle a rendere concreto il loro mondo espressivo».
È ancora difficile per una donna emergere nel cinema?
«C’è sempre tanto paternalismo, ti accorciano la statura. E il freno interiore è ancora forte, vediamo ragazzi di scarso talento con enorme cognizione di sé e ragazze bravissime sempre un passo indietro».
Da ragazza si è mai sentita un passo indietro?
«Io ero una bestia. Non in senso di aggressività, ma di determinazione. Ancora mi domando da dove mi venisse».
La bestia sarebbe?
«Il mondo espressivo interiore che vuole uscire. La vita che ti attraversa, che vuole venire fuori ed essere raccontata».
Le registe della sua generazione si sono viste passare avanti tanti colleghi.
«Eravamo considerate di un altro campionato. Io non sono sempre riuscita a giocare lo stesso dei miei colleghi».
Quando si è sentita considerata finalmente “alla pari”?
«Mai. Neanche oggi. Nessuno dice: “Guarda quella regista quant’è brava”, faticano a riconoscere i meriti a noi registe anche quando abbiamo successo.
Le cose stanno cambiando?
«Per fortuna vedo registe bravissime che riescono a esordire molto più facilmente di quando ero ragazza io, fa ben sperare».
Chi deve ringraziare per essere arrivata fin qui?
«I produttori che hanno creduto nei miei film, da Leo Pescarolo a Domenico Procacci e Laura Paolucci con cui sto lavorando oggi».
Cosa le è rimasto dell’incredibile avventura di “La Storia”?
«Il lavoro di gruppo. Ho avuto un team eccezionale, dalla scrittura alla squadra di regia. Abbiamo fatto una ricerca scrupolosa degli attori, scelto le facce una per una, anche quelle delle comparse. E poi la fotografia di Bigazzi, il montaggio durato un anno con Calabria».
Cosa ha convinto il pubblico?
«Ha sentito che ce l’abbiamo messa tutta per portare in tv il capolavoro di Elsa Morante, che proprio in questi giorni compie 50 anni. Io ho aderito con tutta me stessa, Jasmine Trinca lo stesso. Sul set siamo state sorelle».
Senza risparmiarvi scene anche feroci, come quella in cui Ida (Trinca) viene stuprata.
«Devo ringraziare la Rai per avermi lasciato totalmente libera».
"La Storia” ha vinto il Nastro d’Argento come miglior serie dell’anno. È vero che i premi non le interessano?
«Ho un’antipatia per i premi. L’arte è imparagonabile, non è una gara di nuoto, è sbagliato pensare al podio e mettere in competizione opere che hanno ognuna la sua diversa ragion d’essere».
Ai Nastri è stata l’unica che ha parlato di pace.
«Evidentemente non è una cosa così sentita. Io tutti i giorni mi sveglio per vedere cos’è successo a Gaza mentre dormivo».
Gli artisti oggi si espongono meno?
«Non credo sia un problema di coraggio, ma di difficoltà a parlare in un momento in cui tutti urlano, specie sui social, senza nulla da dire».
È vero che sta portando avanti tre progetti diversi?
«Sì, un documentario sulla femminista Carla Lonzi, È la madre di mio marito, (il musicista Battista Lena, ndr) la nonna delle mie figlie che non l’hanno mai conosciuta. Io da ragazzina invece ho visto passare nella mia vita questa figura tanto importante. Lavoro al montaggio con Esmeralda Calabria su materiali di famiglia, personali. Poi il film The Italian Chapel ambientato durante la II guerra mondiale che girerò nel 2026 e, prima, un film contemporaneo che sto scrivendo con Laura Paolucci e Francesco Piccolo».
Su cosa verterà?
«Sul rapporto tra ragazze giovani e belle e uomini vecchi. Le donne hanno solo un momento di grande potere, quando sono attrattive sessualmente. Quel potere crea distorsioni, dentro e fuori di loro. La bellezza giovane può essere anche autodistruttiva, perché è fugace. Ecco, ho voluto indagare tutto questo».
Valeria Golino ha detto: “Meloni come prima donna Presidente è stata un’occasione mancata”. Che ne pensa?
«Ha ragione. Dentro la Meloni io però vedo un inferno interiore e penso abbia l’intelligenza per domarlo».
Come?
«Spero che un domani capisca gli errori enormi che sta compiendo nei confronti dell’umanità e di se stessa. Penso che non sia felice con se stessa e credo stia cambiando le sue idee di ragazza, man mano che approfondisce il rapporto tra individualità e collettività. Ma io sono un’inguaribile ottimista». —