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 2024  giugno 25 Martedì calendario

Ritratto di Attal


PARIGI – Rispetto alla catastrofica sera del 9 giugno Gabriel Attal ha ripreso colore. Nell’immagine di quelle ore drammatiche lo si vede seduto e imbronciato davanti a Emmanuel Macron, mentre il presidente ripreso di spalle annuncia al suo entourage che, vista la batosta elettorale alle europee, ha deciso di andare subito al voto.
L’obiettivo di Soazig de la Moissonière, fotografa ufficiale dell’Eliseo, cattura l’espressione a metà tra rabbia e terrore di Attal, fino a quel momento all’oscuro di tutto. I microfoni, già pronti per la sua dichiarazione nella sua residenza di Matignon, resteranno spenti. Attal si rifugia in un incredulo silenzio.
Dopo un paio di giorni il premier si è rimesso al lavoro e adesso, leggermente abbronzato e sorridente, si presta al gioco dei selfie a Digione, il ricco e borghese capoluogo della Borgogna a un’ora e mezzo di Tgv da Parigi.
Attal fa campagna per i candidati locali, stringe le mani dei passanti e dei clienti seduti al sole nei tavolini all’aperto, saluta l’ottico e il pasticcere, indugia davanti alla senape à la pompe di Maille, il negozio istituzione cittadina (nella foto accanto), chiede ai ragazzi com’è andata la maturità, insomma fa il premier e allo stesso tempo va a caccia di voti per la nuova elezione, quella che conta davvero, quella di domenica.
La vita di Gabriel Attal è cambiata in pochi istanti: fino al 9 giugno era il giovane (35 anni) e promettente premier che ogni tanto dava una mano all’incolore capolista macronista Valérie Hayer, apparendo al suo fianco in tv ma sperando di rimanere indenne da un voto europeo che non lo vedeva in prima linea. Nominato primo ministro appena nel gennaio scorso, Attal contava di restarlo ancora a lungo e guardava lontano, alla corsa per l’Eliseo nel 2027.
Tutto è andato per aria e il prossimo 7 luglio, la sera del secondo turno, Attal potrebbe già dire addio a Matignon, sconfitto da un avversario ancora più giovane di lui, Jordan Bardella, e stando ai sondaggi più in fase con gli umori del Paese. Ad Attal restano 14 giorni da capo del governo, e ha deciso di giocarseli tutti per convincere i francesi a resistere all’appel du vide, quel richiamo del vuoto che ha già colpito Macron spingendolo a buttarsi – contro ogni ragionevolezza – in questo baratro politico.
Il richiamo del vuoto, nella visione di Attal, ora potrebbe inghiottire anche gli elettori francesi, che sembrano pronti a votare in massa gente secondo lui pericolosa e incapace (il Rassemblement national) o irresponsabile e al limite dell’antisemitismo (La France Insoumise), «partiti che porteranno la Francia a sbattere contro il muro».
Con i capelli già diventati un po’ bianchi e l’abituale vezzo della cravatta bicolore (oggi grigia e arancione), Attal cerca di allontanarsi da Macron ma in fondo ripropone il suo eterno gioco: porsi come l’alfiere della ragione in un mondo di pazzi, che lui chiama «le estreme». Quando parla ai militanti o agli imprenditori seduti a un tavolo del Cafè Gourmand, nella piazza principale della città, Attal non si capacita che i francesi siano così folli da votare per qualcuno che non sia lui e il «blocco centrista» che rappresenta.
«Le estreme» è l’espressione chiave di queste elezioni: indica l’equivalenza assoluta, almeno per Attal, tra «il blocco di destra» e «il blocco di sinistra». Jordan Bardella o Jean-Luc Mélenchon non importa, tutti estremisti. E questo anche se il consiglio di Stato, nel marzo scorso, ha stabilito che il RN merita in effetti l’etichetta «estrema destra», mentre Mélenchon e gli altri possono dirsi solo di «sinistra», non estrema.
«Bardella è come un tergicristallo, va di qua e va di là, promette tutto e il contrario di tutto», dice Attal fermandosi un istante durante la passeggiata tra i negozi del centro. «Dice che riporta la pensione a 60 anni, poi cambia idea. Vuole togliere l’Iva sui prodotti di prima necessità, poi dice che non lo farà più. Perché? Perché lui e il RN non sono pronti per governare, al massimo possono stare all’opposizione».
Ce n’è anche per Jean-Luc Mélenchon, ovviamente, che vuole fare il primo ministro ma al duello tv di stasera con Attal e Bardella manda il coordinatore nazionale Manuel Bompard. «Venga a dibattere in prima persona», lo sfida Attal, spiegando a tutti i moderati di sinistra che se votano per il Nouveau Front Populaire poi a Matignon non si troveranno certo né François Hollande né Raphaël Glucksmann ma il collerico Mélenchon, il Chavez della Gare de l’Est.
«La Francia in queste elezioni si gioca la pelle», dice il premier, che rivendica un bilancio «non perfetto, certo, ma la disoccupazione non è mai stata così bassa e gli investimenti esteri mai così alti e solo noi possiamo garantire che non aumenteremo le tasse», con la solita pretesa di parlare alla ragione e non alla pancia delle persone. Attal ci crede ancora, forse anche perché, a differenza di Emmanuel Macron, lui può ancora passeggiare per le strade di Francia senza che nessuno gli urli dietro «démission!».