la Repubblica, 24 giugno 2024
— Silvio Orlando racconta il mestiere dell’attore al Filming Italy Sardegna, dove è stato premiato
— Silvio Orlando racconta il mestiere dell’attore al Filming Italy Sardegna, dove è stato premiato. Recitare, per lui, è sempre un atto politico «non in senso ideologico —spiega – ma di responsabilità. Salire su un palcoscenico o mettersi davanti alla macchina da presa interpretando un personaggio, è anche un atto di presunzione enorme. Fare l’attore è uno dei mestieri più politici: il nostro punto di vista è importante, mai neutro». E riflette sul cambiamento che c’è stato nel cinema italiano degli ultimi anni, attraversato da una nuova consapevolezza di genere. «Anche io – spiega – ho avuto i miei sbandamenti. Il cinema, quando ero giovane, era “sessuomaniaco”. Il MeToo ha creato qualcosa di importante per tutti, nel nostro lavoro. I set sono luoghi vivibili e si pensa solo al lavoro che si deve fare. Le donne erano poche, quando ho iniziato, ora ce ne sono molte di più. Il clima è più disteso. Il movimento ci ha migliorato».
«Conosciamo tutti com’era il cinema negli anni Sessanta e Settanta», prosegue l’attore. «Le donne erano considerate delle prede, merce, selvaggina. C’era qualcosa di più sottile della violenza fisica, qualcosa di impalpabile. Se una donna non stava a quel gioco diventava un elemento di disturbo di questa macchina maschile. Il cameratismo c’era anche nelle storie raccontate sullo schermo, si raccontava di ossessioni maschili rovinate dall’elemento femminile. E questo si trasmetteva fuori dalle riprese. Questo è uno degli aspetti su cui si può migliorare: essere più gentili, curiosi, attenti». «Il nostro mestiere – ragiona – è una traiettoria verso qualcosa che non si trova mai, un bersaglio che si cerca sempre. E invece bisogna farsi bastare le cose: questo è un esercizio che mi sta migliorando». Questo è anche il tema di Ciarlatani, lo spettacolo che Silvio Orlando sta portando per l’Italia, con successo, «un testo che racconta il diritto al fallimento, protagonisti un regista e un’attrice esordiente: entrambi cercano la propria strada nel mondo, anche con la possibilità di fallire. I giovani vivono il fallimento come una cosa definitiva, e invece è l’unica possibilità per raggiungere ciò che serve agli esseri umani: l’umiltà, su cui si può costruire l’essere umano decente». Proprio per gli impegni teatrali l’attore non ha potuto accompagnare al Festival di Cannes Parthenope di Paolo Sorrentino, in cui è il mentore della protagonista, professore di antropologia alla Federico II. «Nel film di Paolo (in sala il 24 ottobre con la neonata Piper Film, ndr) le anime di Napoli ci sono tutte, il mio personaggio rappresentata quella più colta, un patrimonio di raffinatezza culturale della città, sono contento di rappresentare questo. Tutti abbiamo conosciuto un professore come lui, io ero iscritto proprio alla Federico II, facoltà di Sociologia. Sul set ho respirato di nuovo quegli odori».