Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  maggio 09 Giovedì calendario

Biografia di Miuccia Prada (Miuccia Bianchi Prada)

Miuccia Prada (Miuccia Bianchi Prada), nata Maria Bianchi), nata a Milano il 10 maggio 1948 (76 anni). Amministratore esecutivo e co-direttore creativo, insieme a Raf Simons, di Prada (il marito Patrizio Bertelli è presidente). Nel 2024 è stata inserita da City Index nella lista delle donne miliardarie nel mondo (dati raccolti da Forbes): con un patrimonio personale di 5,6 miliardi di dollari è la seconda italiana più facoltosa, dietro a Massimiliana Landini Aleotti, proprietaria del gruppo farmaceutico Menarini (patrimonio di 7,5 miliardi) • «Io noto solo se qualcuno è particolarmente bello ed elegante. La normalità non la guardo e non la giudico» • «Il denaro in casa Prada (Bianchi è il cognome del padre Gino, estraneo alle vicende aziendali: per un certo periodo produceva tosaerba per campi da golf) non manca mai. Nel 1958, però, muore nonno Mario, fondatore nel 1913 della ditta di pelletteria e accessori di lusso con negozio nell’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele; l’attività passa a Luisa, la madre di Miuccia» (Myriam De Cesco) • «Conservo davvero pochi ricordi. Era tutto noioso. Ottimo, anzi normale, ogni cosa andava bene. Ma non accadeva nulla di eccitante. I miei genitori erano severi ma non si occupavano di farmi divertire. Erano seri. Ed io dovevo studiare» • «Al liceo Berchet, a Milano, il mio insegnante di religione era don Giussani. Non sono mai stata religiosa, ma la sua intelligenza era mostruosa, affascinava noi studenti con abilità dialettica, affabulava con energia fantastica» (a Gianni Riotta) • «Per Miuccia – il cui soprannome intimo in famiglia era Miu Miu, usato quindi per nominare la linea sorella di Prada – i bei tempi sono iniziati quando aveva quindici anni. “È stato allora che ho iniziato davvero a divertirmi. Ero sempre in giro. Mi ricordo che sulle scale di casa prima di andare a scuola accorciavo la gonna in una minigonna, e poi l’allungavo di nuovo per tornare a casa”. […] Nel 1970, Miuccia si è laureata all’Università Statale di Milano con un dottorato in Scienze politiche. “Non ho quasi mai messo piede in università”, racconta oggi. “Andavo a scuola solo per sostenere gli esami. Studiavo solo dieci o quindici giorni prima dell’esame, impegnandomi al minimo per superarlo. Ho dovuto conseguire una laurea per i miei genitori, quindi ho scelto la facoltà più facile di tutte. Ho sempre superato tutti gli esami. Non so nemmeno come. L’unica cosa buona che ho fatto è stata la mia tesi: era veramente ottima e verteva sulla scuola, sul Partito comunista e sull’Unione donne italiane, di cui facevo parte. Per prepararla, ricordo che studiai con grande interesse”. […] La mitologia della moda sostiene che quando Miuccia partecipava alle manifestazioni lo facesse vestita da capo a piedi in Yves Saint-Laurent. […] Se il mondo accademico non è mai stato il suo campo, Miuccia, invece, ha sviluppato una passione per il teatro, studiando mimo presso il Piccolo Teatro, un’istituzione di grande prestigio, sotto la direzione di Giorgio Strehler. “Era un luogo strano, eccitante e bizzarro, e mi ha insegnato molto. Soprattutto credo di aver appreso un’incredibile disciplina. Da qui credo provenga la mia tenacia. Se devo lavorare fino a tardi, se devo andare avanti senza fermarmi, per me va bene, lo devo fare, devo andare più a fondo. Penso di essere in grado di farlo perché l’ho imparato durante le lezioni di teatro”. Miuccia è entrata nel business di famiglia a metà anni Settanta. “Lasciare il teatro è stata una mia scelta, perché ho iniziato a lavorare nella moda per mia madre. Il teatro, la politica e la moda erano i miei tre interessi. Ma alla fine [nel 1977 – ndr] ho conosciuto mio marito, e non abbiamo dovuto prendere alcuna decisione. Semplicemente è andata così, e abbiamo incominciato a lavorare insieme”» (Susannah Frankel) • «Una leggenda metropolitana dice che i due si siano conosciuti al Mipel [la Mostra internazionale di pelletteria e accessori della Fiera di Milano – ndr] e che Patrizio Bertelli, proprietario di una piccola azienda di pelletteria, producesse modelli che somigliavano molto alle borse disegnate da Miuccia. Dopo questo incontro, i mondi personali e professionali dei due si uniscono: Bertelli ottiene la licenza per la produzione e distribuzione delle collezioni a marchio Prada e il matrimonio con Miuccia avviene nel 1987. Nel 1984, l’azienda lancia lo zainetto nero in nylon Pocono: uno degli zainetti simbolo degli anni Novanta, che verrà imitato ovunque. Nel frattempo, l’azienda è entrata nel mercato delle calzature e dell’abbigliamento, confermando uno stile elegante, ispirato all’arte concettuale, minimal chic, dai colori neutri e dai tessuti pregiati. Nel 1988 Miuccia Prada disegna la prima collezione di abiti prêt-à-porter della storia e diventa una delle personalità più importanti del mondo della moda e dell’arte. Nel 1993 viene lanciato il brand Miu Miu e nel 1997 arriva Linea Rossa per gli sportivi. Seguono le acquisizioni del brand inglese Church’s e dell’italiano Car Shoe. […] Oggi il Gruppo Prada è una delle aziende leader nel design, produzione e distribuzione di prodotti di pelletteria, calzature, abbigliamento, accessori e profumi» (Iolanda D’Amato) • «Appena due mesi dopo la prima sfilata, lei e Bertelli hanno un figlio, Lorenzo (il secondogenito, Giulio, nascerà due anni più tardi). Quando le chiediamo come ha gestito quel primo anno, lei sdrammatizza: “In famiglia non ci accorgevamo neppure che, nel frattempo, stavamo costruendo Prada”, dice. “Probabilmente siamo persone a cui piace lavorare, essere attive”. La prima collezione, emblematica del futuro stile Prada, presenta colori neutri che contrastano con tonalità vivaci, pantaloni dal taglio dritto e maschile, mocassini con suola in gomma, dettagli e silhouette che richiamano le uniformi militari e una gonna al ginocchio che, nel tempo, diventerà la firma della maison. Prada è originale: rifiuta tanto le linee languide e immacolate di Armani quanto l’estetica sfarzosa di Versace e Dolce & Gabbana. “Vedere le donne solo come belle silhouette? No”, dice. “Io cerco di rispettarle. Tendo a non fare abiti super-sexy. Cerco di essere creativa in un modo che possa essere indossato, che possa essere utile”. Realizza un’intera collezione in nylon, mentre in un’altra esprime con ironia la sua avversione nei confronti del pizzo. La sua estetica, comunemente nota come “ugly chic”, giustappone verde acido e marrone, pesanti maglie a trecce e impalpabili tessuti trasparenti, retrò e futuro, plastica e cristallo, calzini e sandali con i tacchi alti, borghesia e ribellione. Gioca con la nostalgia degli anni Cinquanta, il minimalismo degli Ottanta e le orrende combinazioni di colori dei Settanta» (Wendell Steavenson) • «Nel corso della sua carriera, Miuccia Prada ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Il 23 marzo 2008 è apparsa sulla copertina del New York Times Magazine, prima italiana e designer di moda della storia, celebrata come una delle personalità che hanno saputo “ridisegnare il mondo dell’arte”. Non solo: nel 2012 il famoso Metropolitan Museum of Art di New York le ha dedicato una mostra, affiancando il suo nome a quello dell’indimenticabile stilista italiana Elsa Schiaparelli» (Claudia Brizzi) • «È il 1993 quando Miuccia Prada e Patrizio Bertelli danno vita alla Fondazione Prada, oggi centro nevralgico di un nuovo modo di fare cultura. Sin dagli inizi, la Fondazione Prada ha ospitato mostre di artisti contemporanei e di rilievo internazionale, come il mago dell’illusione Anish Kapoor, ma anche Louise Bourgeois, Enrico Castellani, John Baldessari e molti altri, il tutto per 24 mostre personali dal 1993 al 2010. Nel 2015 arriva una svolta significativa con la nuova sede di Milano, in largo Isarco 2 (a due passi da piazza Lodi): gli spazi, progettati da Rem Koolhaas insieme allo studio OMA, sono essi stessi un’opera d’arte. Tra gli spazi più caratteristici, il caffè ideato in collaborazione col regista Wes Anderson. Durante il Salone del mobile 2018 è stata inaugurata l’ultima parte della Fondazione, la Torre bianca che si affaccia sullo scalo di Porta Romana. Insieme a Chris van Duijn e Federico Pompignoli, Koolhaas ha progettato gli spazi, […] che, da ora in poi, saranno la location di tutte le sfilate di Prada» (Letizia Redaelli) • «Io e mio marito non siamo mecenati: quello che facciamo con la Fondazione è qualcosa di molto più profondo. Siamo attivatori di idee» (a Stefano Roncato) • Nel corso degli anni, ha elaborato «un modo di vestire che, per le forme, i volumi, lo studio, la ricerca dei tessuti e soprattutto la filosofia concettuale che lo sostiene è indiscutibilmente unico e sfugge a qualsiasi confronto. Poi può piacere o non piacere. Ma sulla sua carica innovativa, la sua provocatoria disposizione a discutere e addirittura a ribaltare il comune senso estetico (cimenti particolarmente cari a Miuccia Prada), pochi hanno da obiettare. Il look è diventato stile e infine fenomeno di costume grazie anche all’occupazione, con sontuosi investimenti, di territori separati ma collaterali come arte, ricerca, vela, design architettonico, cultura in senso lato. Più o meno gli interessi e i piaceri personali della coppia Prada-Bertelli, sostenuta da una straordinaria task force di consulenti, artisti, progettisti, che nei rispettivi ambiti praticano il linguaggio dell’avanguardia e della concettualità. Vale a dire, il distintivo primario del prodotto Prada. Il ritorno di tutto ciò sta nella potente identità d’un marchio creativo e fortemente evocativo da élite intellettuale. In spiccioli, dimmi come ti vesti e ti dirò quanto sei intelligente» (Gian Luigi Paracchini) • Da Patrizio Bertelli ha avuto due figli: Lorenzo (nato nel 1988, come lei il 10 maggio), pilota di rally e direttore marketing del Gruppo Prada, e Giulio (classe 1990), velista (il padre è armatore di Luna Rossa) • «Da giovane contestavo i riti della moda, poi mi sono stufata, perché tanti, troppi, non ci prendono sul serio. Come se non esportassimo, come se non sostenessimo anche noi il Pil, come se industria fosse solo far bulloni. E allora, per provocazione, mi definisco perfino “modaiola”, un insulto di solito, ma così difendo il mio, e nostro, mestiere». «Di moda non capisce quasi niente nessuno, con la profondità richiesta. Un conto è la moda come immaginario sociale o fenomeno di costume. Ma la moda, come fare le penne o le macchine, è una questione di migliaia di dettagli. Quando mi chiedono "Come si fa a vestirsi bene?", rispondo: “Studia”» (a Guia Soncini) • «“La moda è un terzo della mia vita, esordisce la donna che ha creato i brand di moda Prada e Miu Miu e che, insieme al marito, Patrizio Bertelli, è a capo del Gruppo Prada, un polo del lusso di statura globale, con 4,2 miliardi di euro di ricavi netti (al 2022) e oltre 13mila dipendenti. Il secondo terzo della sua vita, continua, è rappresentato dalla cultura e dalla Fondazione Prada, che da quando è stata istituita, nel 1993, è uno dei principali enti sostenitori dell’arte contemporanea. “Poi ci sono la famiglia e gli amici, e forse qualche piacere”, dice. Fa una pausa di riflessione e aggiunge: “In realtà, si sovrappongono tutti. Cerco di fare in modo che la mia vita sia utile”. Le piace usare l’aggettivo “utile”, mentre non ama la parola “lusso”, che trova volgare. Ed ecco il punto, il nodo, la dicotomia che attraversa la sua vita e il suo lavoro. Miuccia Prada è una stilista di straordinario successo, che vende abiti e accessori bellissimi e costosi. Ma è anche, come conferma lei stessa, una donna di sinistra, con un dottorato in Scienze Politiche (ha anche studiato mimo per cinque anni), nonché un ex membro del Partito Comunista Italiano che, a suo tempo, ha marciato per i diritti delle donne. “Ho sempre pensato che ci fossero solo due professioni nobili: la politica e la medicina”, dice. “Fare vestiti era come un incubo, per me. Mi vergognavo tanto, ma l’ho fatto comunque. L’amore per le cose belle ha prevalso”. Sulle sue opinioni politiche è piuttosto riservata: “Lavoro per un’azienda di lusso, il che non è facilmente conciliabile con una posizione politica come la mia. Questa è sempre stata la più grande contraddizione della mia vita”» (Wendell Steavenson).