13 maggio 2024
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Biografia di Mark Zuckerberg (Mark Elliot Z.)
Mark Zuckerberg (Mark Elliot Z.), nato a White Plains (New York, Stati Uniti) il 14 maggio 1984 (40 anni). Fondatore di Facebook. Presidente e amministratore delegato della Meta Platforms Inc., attraverso cui controlla anche Instagram e WhatsApp • Quarto uomo più ricco del mondo (classifica Forbes aggiornata al 7 maggio 2024), con un patrimonio netto di 163,4 miliardi di dollari • Famiglia ebraica • Secondo (e unico maschio) dei quattro figli di un dentista e di una psichiatra. «La storia comincia […] a Brooklyn, dove il dottor Ed Zuckerberg, allora poco più che ventenne odontoiatra appassionato d’informatica, decide di installare nell’ambulatorio […] un computer Atari 800 per gestire meglio il suo lavoro. Il pc diventa subito indispensabile per schedare i clienti […], scrivere la corrispondenza e tenere la contabilità, ma dopo qualche anno viene sostituito con un più moderno Ibm. Nel frattempo lo studio si sposta da Brooklyn al piano terra della casa di Dobbs Ferry, dove già abita la famiglia Zuckerberg, e Ed può finalmente smettere di fare il pendolare. Quando, a metà degli anni ’90, l’adolescente Mark Zuckerberg comincia a dimostrare interesse per la materia, è proprio su quel vecchio Atari – mai buttato via – che inizia a far pratica come programmatore. La sua prima creazione si chiama “Zucknet”: un programma che consente di trasmettere informazioni da una stanza all’altra dello studio dentistico di famiglia e che viene adottato anche in casa Zuckerberg, soprattutto dalle sorelle di Mark, che tramite esso possono scambiare chiacchiere e confidenze da teenager restando ognuna nella propria cameretta» (Anna Zippel). «Studente modello, […] a scuola collezionava premi di matematica, astronomia e fisica, e inanellava straordinarie performance in latino e greco (famose le sue recite dell’Iliade)» (Marina Valensise). «Il giorno del suo bar mitzvah (a 13 anni) riuscì a imporre ai riottosi genitori che la musica per la cerimonia fosse la colonna sonora di Guerre stellari» (Alberto Flores D’Arcais). «Al liceo, insieme al suo compagno di banco Adam D’Angelo, […] aveva inventato come ricerca scolastica un lettore mp3 capace di capire i comportamenti di ascolto di chi lo usava. La Microsoft gli offrì 950 mila dollari e un contratto […] lui rispose […] che preferiva andare all’università. Entrò a Harvard» (Mario Calabresi) • Il sito più famoso del mondo nasce da una delusione sentimentale. «Scrive Mark nel suo diario: “Quella ragazza […] è una puttana. Ho bisogno di pensare a qualcosa da fare, ho bisogno di liberarmi la mente di lei”. […] Se gli uomini, e soprattutto le donne, pensa Mark, sono capaci di fare un male da bestia, perché non mettere a confronto tutti i ragazzi e le ragazze, in questo caso quelli del college, con qualche bell’animaletto? Basterebbe mettere le immagini sul sito e fare cliccare… Sbollita l’arrabbiatura per la sua bella, Mark capì che, forse, l’idea di far gareggiare uomini e bestie era un po’ troppo hard. Ma perché rinunciare alla gara? Chi è la più bella? Chi è il più bello? Nasce così l’antenato di Facebook, Facemash, partorito nella Suite H33 della Kirkland House, lì ad Harvard. Ma qui nasce anche il primo problema: dove trovare nomi cognomi e immagini degli studenti? Su quei piccoli archivi che ogni casa dello studente conservava e che chiamavano, guarda caso, “facebooks”, con quelle foto tessere che una volta finite in rete rendevano al gioco un effetto agghiacciante. […] Zuckerberg furbescamente trovò il modo di ottenere le copie digitali da nove delle dodici case di Harvard. Il giornale studentesco Harvard Crimson la definì letteralmente ‘computer guerrilla’. Nella maggior parte dei casi Mark entrò come un hacker sul sito web. Alla Lowell House un amico gli fornì la password per entrare (cosa per cui dopo chiese scusa). In un altro caso Mark sgusciò nell’appartamento, infilò un cavo ethernet nel muro e cominciò a scaricare quante più foto e nomi poteva dal computer. […] Nel giro di poche ore il sito era stato visitato da centina di studenti che avevano votato la bellezza di 22 mila coppie di foto. E il boom era partito grazie all’elezione di un ragazzo gay, che – segnalato come il più bello – aveva subito allertato una catena di amichetti che aveva fatto quasi saltare il sistema. Naturalmente Mark finì davanti a una commissione disciplinare. Ma a leggere la biografia niente e nulla avrebbe potuto frenare questo genietto» (Angelo Aquaro) • Passano alcuni mesi. Il 4 febbraio 2004, con la collaborazione di alcuni compagni di facoltà, Zuckerberg lanciò Thefacebook (poi rinominato Facebook), «dalla sua stanza nel dormitorio. Il decollo del sito ha una progressione incredibile. Parte con Harvard, si allarga agli studenti di Yale, Columbia e Stanford, poi a quelli di tutte le università che fanno parte della Ivy League – le più antiche e prestigiose d’America – e in tre mesi raggiunge anche le scuole superiori dell’area di Boston. In soli due anni ha sette milioni di membri e raggiunge duemilacento università e ventiduemila licei. È la primavera del 2006. In autunno si rompe il tabù: non più solo studenti. Si apre ai luoghi di lavoro, a gruppi di amici che si raggruppano per aree geografiche o intorno a particolari temi o hobby. In un attimo gli utenti sono dieci milioni. […] La sua fortuna è stata quella di intuire per primo che l’idea di costruire un sito internet dove i ragazzi delle università potessero fare amicizia, discutere, scambiarsi foto, consigli, e raccontarsi le loro vite, i loro sogni e l’ultimo pettegolezzo era giusta e vincente» (Calabresi). La piattaforma suscitò presto l’interesse delle maggiori società informatiche, che non tardarono ad avanzare offerte d’acquisto sempre più generose: Zuckerberg, però, le declinò tutte, consolidando sempre più il suo successo personale. «Un paio di cause legali […] sono state intentate a Zuckerberg dall’ex amico e socio Eduardo Saverin, estromesso dalla società dopo essere stato al principio l’unico finanziatore, e dai gemelli Winklevoss, nerboruti figli di papà seriamente convinti di essere stati i primi ideatori del social network. Zuckerberg pagherà tutti: è ormai talmente ricco da potersi permettere d’essere generoso con l’invidia del prossimo» (Curzio Maltese) • La crescita della sua società è inarrestabile. Nel 2010 Zuckerberg viene simbolicamente coronato dalla rivista Time che lo nomina «persona dell’anno». Nel 2012 Facebook arriva a quotarsi a Wall Street. Nel 2017 supera i due miliardi di utenti • Nel corso degli anni «Facebook ha comprato decine, forse centinaia di aziende. […] Ma, in questa continua fagocitazione di startup, alcune acquisizioni sono più importanti delle altre. […] Per Facebook sono tre: WhatsApp, Instagram e Oculus. Di queste, le prime due sono all’origine di prodotti noti: si potrebbe dire, anzi, che in ottica futura WhatsApp e Instagram diventeranno per Facebook più importanti del prodotto principale e originario, il social network da cui tutto prende il nome. WhatsApp potrebbe essere trasformata in una super-app per fare acquisti e ordinare cibo da asporto come WeChat in Cina; Instagram detiene la chiave del segmento demografico più promettente e pronto all’acquisto: i giovani. Oculus è una divisione più defilata, ma altrettanto importante: progetta occhialoni per la realtà virtuale e la realtà aumentata, che per ora sono ingombranti e fanno sembrare imbranato chi li indossa, ma potrebbero aprire mercati miliardari […]» (Cau) • Nel frattempo, tuttavia, la popolarità di Facebook e di Zuckerberg stesso hanno vissuto fasi alterne. «Per molti anni Facebook è stata considerata la piattaforma che avrebbe permesso all’informazione di viaggiare libera, a persone sparse in tutto il mondo di mantersi in contatto l’una con l’altra, a attivisti (e dissidenti nei regimi autoritari) di organizzarsi politicamente e addirittura di rovesciare le dittature. Se il 2011, con le Primavere arabe organizzate sui social, segna l’apice di questa visione utopistica, il 2016 marca invece il momento in cui la parabola discendente accelera sempre di più. Tutto comincia quando inizia a farsi largo il sospetto (sostenuto da molti studi ma contestato da altri) che la creatura di Mark Zuckerberg sia una delle cause che hanno portato all’elezione di Donald Trump. E che, negli stessi anni, abbia favorito l’avanzata dei populismi di destra culminata nella Brexit, nel trionfo della “bestia” di Salvini e nella vittoria di Bolsonaro in Brasile» (Andrea Signorelli) • Agli inizi del 2018 una serie di inchieste giornalistiche dimostrarono che una serie di profili fasulli creati da un’agenzia legata al Cremlino avevano tentato di screditare le istituzioni occidentali e di influenzare le elezioni americane. Venne anche fuori che una società di nome Cambridge Analytica, incaricata da Donald Trump di fornirgli assistenza durante la campagna elettorale, aveva raccolto i dati di 87 milioni di americani in violazione delle leggi sulla riservatezza. «Gli scandali sulla privacy hanno continuato ad aggravarsi. […] Il New York Times ha portato alla luce accordi segreti per la condivisione di informazioni e dati sugli utenti con altre grandi aziende tecnologiche, da Microsoft a Amazon, da Netflix a Spotify e Yahoo. Netflix e Spotify potevano ad esempio leggere anche i messaggi privati tra utenti. Microsoft, con il suo motore di ricerca Bing, accedere ai nominativi di tutti gli “amici” di un utente senza il consenso. […] Altrettanto gravi e forse ancora più preoccupanti per il futuro sono state le reticenze dell’azienda. […] Facebook è parsa sempre rincorrere gli scandali, senza mai fornire sufficienti dettagli e assumersi adeguate responsabilità» (Marco Valsania). Nell’aprile 2018 Zuckerberg ha dovuto rispondere personalmente dello scandalo al cospetto del Congresso statunitense, i cui membri si sono tuttavia rivelati inadeguati a incalzarlo, dimostrando scarsa conoscenza del fenomeno. «Zuckerberg è uscito trionfante dalle interrogazioni parlamentari almeno quanto il titolo di Facebook, in significativo aumento durante la due giorni al Congresso. Eppure il fatto stesso che l’icona di tutte le promesse della Silicon Valley sia infine dovuto salire a Capitol Hill e rispondere sotto giuramento alle domande […] dei rappresentanti del popolo americano è il segno di un tempo fatto di paura e sospetti verso i grandi della tecnologia. Non è da oggi che il sogno del mondo nuovo che promana dal settore tech è diventato un incubo agli occhi degli utenti. Google, Facebook, Amazon & Co. promettevano liberazione e hanno dato controllo, sbandieravano emancipazione e hanno offerto schiavitù, volevano promuovere la vita e si sono trovate con i suicidi live, esaltavano la democrazia e ci hanno dato i troll russo-trumpiani. […]» (Mattia Ferraresi e Eugenio Cau) • A anni di distanza si può dire che Zuckerberg sia uscito pressoché indenne da tutta questa storia. Nel frattempo, si è fatto una vita • Oggi si gode la vita del miliardario in California • Dal 2012 è sposato con la pediatra Priscilla Chan, conosciuta ai tempi di Harvard, da cui ha avuto tre figlie, Maxima detta Max (2015), August (2017) e Aurelia (2023). «Priscilla Chan, nel passaggio da storica fidanzatina a moglie di miliardario della Silicon Valley, ha voluto mettere nero su bianco un obbligo di tipo, diciamo, affettivo: la coppia dovrà fare sesso almeno una volta a settimana» (Elena Castagni) • A lungo ritenuto ateo, nel 2016 Zuckerberg dichiarò: «Sono cresciuto ebreo e poi ho passato un periodo in cui mi sono posto domande su molte cose, ma adesso credo che la religione sia molto importante». «Non è un mistero che la moglie del fondatore di Facebook sia una buddista praticante, una religione per cui […] Zuckerberg ha mostrato un certo interesse. Durante una visita alla Pagoda della Grande Oca Selvatica (tempio buddista e simbolo della città di Xi’an in Cina) nel 2015 si fermò a pregare per alcuni minuti insieme alla moglie. […] Aveva avuto l’occasione di incontrare papa Francesco durante un viaggio con la moglie a Roma. “Abbiamo detto al Papa quanto sia di ispirazione per noi il suo messaggio di grazia e tenerezza”, aveva scritto allora sulla sua pagina Facebook, “sicuramente si tratta di un incontro che non dimenticheremo. Siamo riusciti a percepire il suo calore e la sua gentilezza, oltre a comprendere quanto riesca a prendersi cura delle persone”. Ebraismo, buddismo o cattolicesimo, una cosa è certa: Zuckerberg è di nuovo un credente» (Flores D’Arcais) • Non va mai a letto tardi e dorme otto ore per notte. Usa un anello Oura, che «ti dice il livello di sonno profondo e il battito cardiaco quando stai dormendo» • Non mette mai in agenda due riunioni di fila • Gli piace spostarsi in elicottero • Studia cinese • Non mette mai le calze • Non porta giacca e cravatta • A un certo punto si mise a girare l’America a bordo di un trattore e si disse che voleva candidarsi alla Casa Bianca • Mangia carne solo se gli animali sono stati ammazzati e macellati da lui personalmente • Cerca di non far mai passare un giorno senza fare sport. Durante la pandemia si è appassionato al jiujitsu (di cui è cintura blu) e alle arti marziali miste (ma). Durante l’estate 2023 Elon Musk, anche lui cultore delle arti marziali, lo sfidò via social a un incontro di lotta. Si disse che i due avevano già contattato il governo italiano per farsi ospitare al Colosseo o a Pompei. «La bufala del combattimento che non c’è stato spiega molto del nuovo secolo e dei suoi padroni: Musk e Zuckerberg sono i due editori più influenti del mondo che vivono di engagement digitale, cioè di caciara. Ai vecchi padroni del mondo – Vanderbilt, Morgan, Rockefeller, Frick, Carnegie: tutti mecenati delle arti – non sarebbe mai venuto in mente di organizzare una lotta libera da circo Barnum perché i loro riferimenti culturali non erano L’urlo di Chen terrorizza anche l’Occidente nel quale Bruce Lee affronta Chuck Norris al Colosseo (la scena fu per fortuna girata a Hong Kong)» (Matteo Persivale) • Eppure, rispetto ad altri gigagapitalisti dell’era digitale, «[…] Mark non dimostra segni di crisi di mezza età. […] Niente a che vedere col Bezos, palestrato daddy con nuova morosa turgida di palestra e chirurgie; né trapianti di capelli e figli in provetta e nomi strambi alla Elon Musk. […] Se proprio bisogna trovargli un animale guida, quello è Bill Gates. […] Il suo pupillo vive sobriamente, unica bizzarria (come Gates) è ammassare enormi lande di terre, forse preconizzando sventure future e cataclismi, o solo un mondo di masse ormai mostrificate (anche a causa sua, e in generale dei social)» (Michele Masneri) • «Nel 2010 il film The Social Network, scritto da Aaron Sorkin, dipingeva Zuckerberg come un genio sociopatico freddo e calcolatore, incapace di stabilire rapporti umani. Zuck all’epoca aveva 25 anni, […] era un ragazzino timidissimo e impacciato a capo di un’azienda che era ancora una grossa startup, che assomigliava più a un gioco per ragazzi che a un vero business. Sorkin, allora, fu molto poco generoso nel vedere freddezza dove ancora poteva esserci soltanto immaturità. […] Ma anche oggi che tutto è cambiato – i social sono diventati una forza con cui fare i conti anche nel mondo reale, l’azienda è un gigante che si espande in tutto il mondo e determina la vita di miliardi di persone – Zuckerberg non è riuscito a scrollarsi di dosso l’impressione di essere davvero quello del film. […] È l’uomo che ha convinto mezzo mondo a cedere la propria privacy, ma, quando ha comprato la sua residenza a Palo Alto, dopo aver speso 7 milioni di dollari per casa sua ne ha spesi altri 44 per comprare tutte le ville attorno, così da avere più privacy e sicurezza. È l’uomo che ha spinto miliardi di persone a condividere la propria vita online, ma non condivide quasi niente di sé: le foto del suo profilo Facebook sono tutte strette di mano con capi di Stato, conferenze e qualche scenetta di vita famigliare molto ben coreografata. […] Mark Zuckerberg è la personalità più privata di tutta la Silicon Valley. Proprio lui che ha rivoluzionato in tutto il mondo il concetto di ciò che è privato» (Cau) • «Intanto cos’è diventato, Facebook? Un social di vecchi, il Televideo dei social, secondo l’impressione corrente e i dati per cui l’età media degli utenti è sempre più alta. […] Gli studi suggeriscono […] che i giovani usano Facebook per le sue funzioni secondarie, mentre il nocciolo duro degli anziani adora quelle classiche: condivisione foto, like, messaggistica, videochiamate. Inoltre, forse non tutti gli utenti di Facebook sono anziani, ma tutti gli anziani o quasi usano Facebook. […] L’azienda negli anni ha fatto qualunque cosa per rincorre i giovani; in uno dei tanti “leak”, nel 2021, uscirono sulla stampa i cosiddetti “Facebook files” in cui vennero svelate anche discussioni interne alla società su una app chiamata Messenger Kids, per i bambini, che però non veniva scaricata tanto quanto i capi avrebbero voluto. Ma più si rincorrevano i ragazzini, più arrivavano i pensionati. […] Facebook dovrebbe “abbracciare la sua età”, come consigliano a Biden, cioè non travestirsi da giovane (sempre come Biden). Accettare d’essere un po’ invecchiata con noi. Facebook […] più che uno specchio dell’attualità è diventato un museo, un sacrario di memorie; ci sono le diapositive delle vacanze, non studiate come su Instagram ma più rustiche, storte, buie. Nella soffitta di Facebook ci gettiamo tutto quello che non vogliamo tenere in vista ma non abbiamo il coraggio di buttare. […] È appesantita, un po’ fuori forma, non funziona molto bene, si impalla, insomma è invecchiata al posto suo (sì, ok, Dorian Gray). E gli anziani sono i veri protagonisti. […] L’anziano poi su Facebook diventa inevitabilmente grafomane. È la categoria degli scrittori su Facebook immortalata anche da Un altro Ferragosto, il bel remake di Ferie d’agosto di Virzì […] in cui il vecchio Sandro Molino, l’intellettuale interpretato da Silvio Orlando, ormai ex editorialista dell’Unità, compila i suoi pensosi editoriali proprio su Facebook – e litiga con gli amici che glieli contestano, sempre lì sul social blu. Ma tra reale e virtuale, ci sono in questi giorni tanti critici cinematografici che scrivono su Facebook recensioni di questo e altri film (magari esodati, o pensionati, o autoproclamati, chi lo sa. I giudizi generalmente – forse perché si soffre il medium, e il demansionamento – sono più acuminati di quelli che si esprimerebbero su un vero giornale). Ognuno, infatti, è ormai un severo editorialista presso sé stesso su Facebook; e anche i like vengono presi seriamente e dosati col bilancino (“gli ho messo il like”, “gli ho tolto il like”). […] Nella grande rsa di Facebook al me ormai anziano piacciono molto i gruppi di quartiere […] in questo Facebook ha una sua rilassante dignità generalista, come un canale Rai; in un mondo in cui ognuno sempre più ha il suo social (i trumpiani il loro Truth, i giornalisti X, i pischelli appunto TikTok, le sciure Instagram) Facebook è rassicurante, è come vedere il carosello dai nonni» (Masneri).