15 maggio 2024
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Biografia di Claudio Baglioni (Claudio Enrico Paolo Baglioni)
Claudio Baglioni (Claudio Enrico Paolo Baglioni), nato a Roma il 16 maggio 1951 (73 anni). Cantautore. Sessant’anni in musica, 60 milioni di copie vendute in tutto il mondo, 12 album dal vivo e 17 in studio.
Titoli di testa «Avverto ancora il bisogno di meritarmi il successo. È sempre una gara con me stesso che però non vinco mai» (a Concetto Vecchio, Rep)
Vita Figlio unico di un maresciallo dei carabinieri e di una sarta. Primo ricordo: «Cinquantuno Montesacro e tutto cominciava… In un subaffitto e un muro che sudava. Il mio primo ricordo, in effetti, è l’intonaco screpolato di casa. Il segno della povertà» [Aldo Cazzullo, Cds 2024] • «I miei genitori arrivarono, anzi volarono a Roma da due paesini dell’Umbria – papà da Ficulle, mamma da Allerona – sicuri del proprio avvenire, anche se erano così poveri da non poter fare altri figli, oltre a me. Mia madre mi disse che i bambini bisognava comprarli al mercato, e costavano cari. Così ammucchiai un po’ di monete e gliele portai, “per comprare un fratellino”. Mi rispose che nel frattempo erano rincarati [ad Aldo Cazzullo, Cds 2017] • «Mio padre, da bambino, mangiava carne due volte l’anno» [Cazzullo, 2024] • «Avevo tre anni, dovevo essere operato di tonsille; scappai tra le gambe degli infermieri. Mi ripresero in strada, acciuffandomi per i capelli. Che responsabilità si presero. Togliere le tonsille a un futuro cantante. Dopo l’intervento però mi diedero un gelato» [Cazzullo, 2024] • I suoi non hanno mai tolto il cellophane dal divano • «Non ancora 13enne, ho salito i primi gradini di un palco per un piccolo festival di voci nuove a Centocelle» • A 14 anni volevo farmi prete. Assicurai a mia madre che avevo sentito la vocazione, anzi la “voce”» [Cazzullo, 2017] • «Mille lire. Mi fecero suonare tre canzoni in una serata di avanspettacolo al cinema Espero a Montesacro. Dopo portai i miei genitori in pizzeria, volevo pagare io, ma i soldi non bastarono. Avevo quindici anni. Mi presentai con gli occhiali, vestito da cassamortaro. Nel retropalco mi passavano davanti soubrette dai seni prosperosi, non le guardavo per paura di metterle in imbarazzo. Ovviamente non mi degnarono di uno sguardo» [a Concetto Vecchio, Rep] • Poi arrivò il ’68. Partecipavo ai cortei, non agli scontri con i carabinieri: non avrei mai potuto, in quelle divise rivedevo mio padre. Le uniche botte le presi dai “barbuti” che vennero a Valle Giulia per sgomberare l’aula magna dove eravamo riuniti in assemblea: ci fecero uscire in fila per uno, mi arrivò uno schiaffone alla nuca, ma non osai girarmi e non ho mai saputo chi fosse stato» [Cazzullo, Cds 2017 e 2024] • Oggi le università sono di nuovo occupate. «E a me un po’ di sommovimento non dispiace. È segno di vitalità. Certo, schierarsi tra Israele e Palestina come fossero due squadre per cui parteggiare è sbagliato. Ma questo mondo iperliberista, dove la vita delle persone non vale nulla e ogni cosa è una categoria merceologica, non mi piace» [Cazzullo, 2024] • Nel frattempo, nel 1964, si era esibito per la prima volta in pubblico, durante una sagra, a Centocelle, il suo quartiere. «In occasione della festa patronale di San Felice da Cantalice partecipai ad un concorso canoro organizzato da Ottorino Valentini, per emulare due amichetti di condominio. Il concorso si teneva proprio in piazza San Felice, e mia madre mi confezionò un meraviglioso insieme di camicia rosa e pantaloni celesti, mio padre fece da direttore artistico e scelse la canzone Ogni volta di Paul Anka. Non vinsi. Ma lo feci l’anno successivo, con grande soddisfazione di tutti. Da lì compresi che la musica era la mia strada, e iniziai a prendere lezioni di chitarra» • «Non ho avuto per genitori delle persone che contrastavano il figlio canzonettiere. Anzi. Mia madre ripeteva: ti conviene cantare, così non ti rovini gli occhi sui libri. Poi gli occhi me li sono rovinati lo stesso. Ma ai concorsi canori che si tenevano su ai Castelli arrivavano i parenti dell’Umbria con la corriera per farmi la claque. I miei avevano investito perché ce la facessi. Una volta un tipo fece capire a mio padre che si dovevano tirar fuori 80 mila lire se volevo incidere un disco. Quella cifra era un terzo del suo stipendio, eppure mio padre fu tentato, ci pensò. Per dire quanto a casa ci tenessero. Del resto, ci pensò pure quando dovette fare le cambiali per comprarmi il primo pianoforte» [Carlo Moretti, Rep] • Primo provino? «Mamma mi accompagnò a Milano, in una pensioncina senza bagno, con un lavandino da cui scendeva acqua nera. Cantai nell’indifferenza più totale, accompagnato da musicisti svogliati, ne ricordo uno che suonava il contrabbasso fumando la pipa». Secondo provino? «Sempre a Milano, stavolta con il pianoforte: “Tu sei per me la più bella del mondo...”. I discografici davano una cena, arrivarono gli invitati, cominciarono a mangiare; mi pareva di essere al pianobar. Mi dissero che le mie cose non funzionavano. Al ritorno, sul tram vuoto e zitto, urlai in faccia a Milano: “Io ce la farò!”». Perché le sue cose non funzionavano? «Era ancora l’Italia spensierata degli anni 60, andava la musica yéyé, e io ero triste, portavo gli occhiali spessi e i maglioni neri a collo alto, da esistenzialista, il mio mito, per darmi un atteggiamento, era Juliette Greco. Gli amici mi chiamavano Agonia». Al provino romano andò meglio. «Portavo una canzone, Signora Lai, su una donna che tradisce il marito. Con spavento noto che uno dei fonici che mi giudicherà ha il nome appuntato sul camice: S. LAI. Capisco che non posso dargli del cornuto, e cambio il titolo al volo. Signora Lia è nata così». Si racconta di un concorso a Venezia. «La Gondola d’Argento, c’era anche Ron. In giuria, i marinai di una nave all’ancora nel porto, cui non importava molto di sentire Notte di Natale: “Dio, tu stai nascendo, e muoio io”. Arrivai ultimo; Ron, penultimo. Meditai di lasciarmi cadere in un canale. Ci salvò un folletto che giocava a cantare l’opera lirica: era Lucio Dalla» [Cazzullo, 2024] • Nel 1972 il suo terzo disco, Questo piccolo grande amore, sfonda il muro delle 900 mila copie e rimane primo nelle classifiche per 15 settimane, rivoluzionando il panorama pop del Belpaese con il primo concept-album della storia della musica italiana. Il brano omonimo è destinato a diventare un cult [Balzarotti, cit.] • Chi è la ragazza di Piccolo grande amore? «La mia prima moglie, Paola. Non tutto è autobiografia: c’è sempre una componente di invenzione» [Cazzullo, 2024] • «Mi trovavo, diciamo così, in altre faccende affaccendata. Me lo ricordo benissimo. Era pomeriggio. Una radiolina lontana, ma non abbastanza, canta: “Quella sua maglietta finaaa...” […]. Cerco un telefono. “Sono le quattro e cinquanta. Sul secondo programma, in radio, sta passando un pezzo. Trovatemi l’autore e il cantante. È fantastico. Vorrei farlo io”. Non ne ebbi il tempo. Il mattino dopo era già un successo clamoroso. Un disco formidabile. Un autore robustissimo. Che continua a mostrare i muscoli. Saldi, tonici e massicci» [Mina, Vanity] • Nel 1977 arriva Solo. Nel 1978 la casa discografica Cbs gli offre un miliardo di lire. Esce così nel 1978 il disco E tu come stai? • All’inizio della carriera lavorava alla Rca, un posto pieno di talenti: Venditti, Renato Zero, Dalla, De Gregori. Vi vedevate anche fuori dal lavoro? «De Gregori mi prestò una bellissima chitarra e un giorno, volendola restituire, lo invitai a pranzo. Fu uno di quei pranzi che iniziano quando devono e finiscono molto tempo dopo, superando una serie di brindisi, non so se mi spiego». Si spieghi. «Ecco. Decidemmo di scendere in strada e andare a suonare davanti al Pantheon». Bisognava esserci. «Eh, insomma. Era un sabato pomeriggio del 1976. Eravamo tutti e due già piuttosto popolari e conosciuti. Stavamo nel centro di Roma, all’ora di punta, nel posto più popolare e turistico». Saranno arrivati i carabinieri a salvarvi. «Ma quali carabinieri, vigili del fuoco o sommozzatori? Quali? Niente di niente. Non si fermava nessuno» […] E? «E niente. Zero assoluto. Aprimmo le custodie delle chitarre quasi come provocazione perché qualcuno si fermasse e ci lasciasse qualcosa. Si fermarono dei giapponesi che ci lanciarono due spicci». Bei ricordi. «Così così. Chiudemmo le chitarre nelle custodie, ce ne andammo e non ne parlammo mai più. Mai. So che De Gregori dice che io la presi malissimo. Ma io ricordo che lui la prese molto peggio» [ad Alberto Infelise, Sta] • L’album dell’affermazione è Strada facendo (1981), orchestrato da Geoff Westley, produttore e arrangiatore illustre: «Negli anni Ottanta, per scrivere Strada facendo, mi preparai con i testi della Beat Generation. Prima d’allora avevo vissuto una fase d’innamoramento per Pasolini. Il Pasolini poeta di Monteverde, dico. Ero attratto dal post neorealismo, dai racconti delle periferie, dalle opere d’arte partorite fra il ’55 e il ’60, quelle prima del boom, prima di Capri e Palma de Maiorca. E poi il richiamo dei poeti francesi, il fascino di Ezra Pound e Eliot, che ho riletto in lingua originale perché la poesia vive anche delle suggestioni del significante» [Carotenuto, Rep] • Nel 1982 Avrai: «Scritta il giorno dopo che è nato mio figlio, nasce totalmente da un’esperienza personale» • Nel 1985, una giuria popolare la elegge “Canzone del secolo”. Con la sua musica raffinata, l’artista romano riesce a conquistare una generazione dopo l’altra [Leda Balzarotti, IoDonna] • Antonio Ricci, perché Striscia ce l’ha con Baglioni? «È lui che ce l’ha con noi. Io, sano ragazzo che negli anni 70 era impregnato di impegno, mi sono trovato canzoni come “Passerotto non andare via...” e “Accoccolati ad ascoltare il mare...”, che facevano illanguidire i giovani Gasparri e Sallusti. Ho avuto una reazione democratica. Sono versi osceni (ride), una cacofonia che lede il buon gusto dell’Alto Cantautorato di Qualità italiano (ride ancora, ironico). Questi sono proprio versi suoi, non li ha “pinzati” da nessun altro poeta». Osceni? Un’altra parola? «Osceni. Se io negli anni 70 avessi detto ad una mia fidanzata “passerotto non andare via”, ella mi avrebbe spaccato la faccia» [a Giuseppe Guastella, Cds] • Un suo nemico è Antonio Ricci. Ha pure fatto un libro: «Tutti poeti con Claudio». «È un duello decennale con un solo duellante, lui. Ho provato a chiederne la ragione, mi hanno risposto: è tutto inutile, ti detesta. Non so perché. Mi ha messo anche tra i rifatti, con la disperazione di mia madre che reclamava che non era vero e che avevo la bocca bella come la sua ma il naso grosso come quello di mio padre. Mi sono quasi rassegnato: con la pace dei sensi arriverà anche la pace dei consensi». Ricci sostiene che lei avrebbe copiato i testi da poeti illustri. «Ho scritto più di ventimila versi, rispetto ai venti passaggi citati. Ci saranno senz’altro echi di frasi che mi hanno colpito. La creazione nasce anche dalla memoria e dalla rielaborazione. È sempre stato così» [Cazzullo, 2024] • Sempre nel 1985 pubblica l’album dei record La vita è adesso: primo in classifica per 26 settimane, l’album più venduto di sempre con quattro milioni e mezzo di dischi. «Alla fine della registrazione a Londra me ne tornai a Roma e in macchina verso casa la riascoltai in cassetta. Dissi a Franco Novaro, che mi accompagnava: “Sarà un flop totale. Non c’è un ritornello, troppe parole. Non funzionerà”» [Vecchio, cit.] • Il concerto Notte di note del 20 settembre 1985, è il primo della storia della musica italiana ad essere trasmesso in diretta televisiva • Nel 1990, un incidente sembra mettere fine alla fortunata parabola del cantautore, ma Baglioni si riprende e torna a cavalcare l’onda del successo segnando una svolta con l’album Oltre. Il disco, che annovera importanti collaborazioni, da una parte divide il popolo baglioniano, ma dall’altra viene salutato da molti critici come un autentico capolavoro [Balzarotti, cit.] • Oltre una bellissima notte del 3 luglio 1991, premiato come Miglior concerto dell’anno nel mondo dalla rivista statunitense Billboard grazie all’innovativa concezione del palco, posizionato al centro dello stadio Flaminio di Roma e aperto in ogni direzione • «Testi densi di neologismi, calembour, metafore turbinose e eleganti. Io dal mare: «Larghe nuvole di muffa e olio appaiate come acciughe o una vertigine di spiccioli di pesci nella luce nera di lattughe» [Ranieri, cit.] • Da allora in poi non si è più fermato. L’elenco delle sue composizioni è sterminato [Balzarotti, cit.] • Instancabile, colleziona una collaborazione via l’altra: conduce con Fabio Fazio Anima mia • Il concerto del 6 giugno 1998 allo stadio Olimpico di Roma detiene il record italiano di spettatori in un singolo evento musicale con 88 756 biglietti staccati • Realizza il festival di musica e arti popolari O’ Scià [organizzato a Lampedusa dal 2003 al 2012 – ndr], coinvolgendo artisti di ogni dove per promuovere il dialogo interculturale e per una convivenza di pace, suona per papa Francesco in occasione del concerto-evento Avrai, con Gianni Morandi dà vita al progetto Capitani coraggiosi, che si conclude con l’uscita del disco live il 5 febbraio 2016» [Balzarotti, cit.] • Nel 2004 si laurea in Architettura • Nel 2015 per la prima volta si affianca un altro grande artista: con Gianni Morandi inizia Capitani coraggiosi - Il Tour. Nel 2016 tiene un concerto di beneficienza nell’Auditorium Paolo VI trasmesso anche da Rai1, dal titolo Avrai - Concerto in Vaticano: con questo evento si raccolgono 600.000 euro destinati alle popolazioni terremotate del centro Italia e ai bambini di Bangui • Per festeggiare i 50 anni di carriera, esce la raccolta Al centro e vanno in scena tre concerti all’Arena di Verona che per la prima volta è aperto al pubblico nella sua interezza, con il palco al centro e gli spettatori che riempiono l’intera arena a tutto tondo, uno dei quali viene trasmesso in diretta su Rai1. Lo show diviene un vero e proprio tour nei palasport • Nel febbraio 2018, lo strepitoso successo della sua conduzione del Festival di Sanremo, coadiuvata da Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino, con una media di ascolti del 52,16%. Attualmente sono in preparazione per la fine dell’estate un nuovo album (titolo provvisorio Duello: «Sarà un disco di esperienza, pieno di suggestioni musicali e con un pizzico di velleità intellettuale») e un nuovo tour, celebrativo dei suoi cinquant’anni di carriera. «Questo è il mio anno santo. Agli esordi non pensavo che la mia carriera sarebbe partita. Poi che sarebbe finita subito. Si protrae l’appuntamento con un finale che non arriva» [ad Andrea Laffranchi, Cds]. Bis nel 2019 • «Le parole più usate da Baglioni negli anni Settanta sono: me, te, amore e ancora. Poi vengono gli Ottanta, e le parole più frequenti diventano: cielo, notti, adesso. “Intorno a me c’erano i cantautori dell’impegno. Io ero indicato come l’esempio di ciò che non si doveva fare. Una cosa che ho sofferto”. L’ambiente esigeva che con “cuore” e “amore” facesse rima “cassa integrazione”. “Ho commesso anche degli errori per assomigliare a ciò che non ero”. L’etichetta del disimpegno s’è poi dissolta negli anni Novanta (parole usate più di frequente: mai, senza, dentro, domani), quando nei pezzi di Baglioni finiscono Chernobyl e l’Heysel, Tienanmen e Gilgamesh; quando la canzone Noi no diventa un grido di ribellione contro la mafia durante un concerto a Palermo, oppure con l’arrivo della musica sociale e del festival dell’accoglienza a Lampedusa, ogni settembre, dal 2003» [Angelo Carotenuto, Rep] • Nel 2022 ha aperto la stagione estiva del teatro dell’Opera di Roma (ed è la prima volta che l’inaugurazione viene affidata a un artista pop) a Caracalla con il primo dei 12 concerti del tour Dodici note – Tutti su! (fino al 19 giugno per un totale di 50 mila spettatori): 123 persone in scena fra musicisti, coristi e performer. Sul palco ci sono la band di Baglioni, formata da 16 elementi, l’Orchestra Italiana del Cinema, diretta da Danilo Minotti, e il Coro Giuseppe Verdi. La direzione artistica è firmata da Giuliano Peparini • Nello stesso anno vince il premio Tenco. Daniela Ranieri sul Fatto lo difende a spada tratta: «Alla notizia che Claudio Baglioni ha vinto il Premio Tenco 2022, qualcuno ha ironizzato sul “passerotto” e la “maglietta fina” e proposto beffardamente il Nobel, dimostrando con ciò di scrivere (su quotidiani nazionali, non su Twitter) di materie che non padroneggia, e di avere del “cantautorato alto” un’idea piccolo-borghese (la canzone d’autore dev’essere esclusiva, non popolare, “impegnata”, cioè contenere tutti i rassicuranti stilemi dei rivoluzionari addomesticati) […] Lode alla giuria del Tenco, dunque. I critici irridenti si rassegnino: se mai si deciderà di dare il Nobel a Baglioni (dopo Bob Dylan), noi saremo qui a spiegare perché ciò è perfettamente giusto» • Altri dischi pubblicati: Q.P.G.A. (2009),
ConVoi (2013), Da una storia vera (2019), In questa storia che è la mia (2020) • Ad aprile del 2023 è su tutti i giornali per aver dato una cena per la neosegretaria del Pd Elly Shlein. A tavola c’erano Paolo Sorrentino, con la moglie giornalista Daniela D’Antonio, la coppia dem Dario Franceschini e Michela Di Biase, Nicola Lagioia, Giuliano Sangiorgi, fondatore dei Negramaro, e la compagna, scrittrice e sceneggiatrice Ilaria Macchia, Carlo Verdone, con la compagna Corinna. A completare il parterre Gabriele Muccino [Foglio] • Si ritirerà dalle scene nel 2026. Lo ha annunciato a gennaio, alla presentazione del tour A tutto cuore: «Temo il giorno della delusione, in cui si diventa un po’ macchiette, con le fotografie da restaurare per non violare questa immagine da semidio, e non c’è niente di presuntuoso in quello che dico. Mi ricordo ciò che diceva mio padre: dal ring si scende quando si è vincenti. Chiamo il mio giro d’onore, vorrei cantare e suonare per 1000 giorni ancora e concedermi quello che fanno gli sportivi: rallenti un po’ e finalmente passi tra le persone. Terminerò la mia attività entro il 2026, facendo una serie di progetti e mettendoli in atto ma saranno tutti ultimi giri»
Politica Mi hanno affibbiato tutte le appartenenze. Finii per caso in un manifesto contro il divorzio, insieme con Al Bano, e passai per democristiano. Qualcuno disse di me, come di Battisti, che ero di estrema destra» [Cazzullo, 2024]• «Io ero, e sono, di sinistra, anche se non estremista. […] Berlusconi non mi è mai stato antipatico: in lui rivedo le vanità e gli esibizionismi dell’artista. Non a caso, quando mi telefonò per offrirmi aiuto per il festival O’ Scià a Lampedusa, esordì dicendo: “In fondo facciamo lo stesso mestiere”. Gli risposi che io non ho mai fatto il presidente del Consiglio. Lui invece si sente davvero un uomo di spettacolo» [Cazzullo 2017 e 2024]
Religione Crede ancora in Dio, come quando da ragazzo voleva farsi prete? «Sì. Dopo anni di dubbi e domande, oggi, di nuovo, credo che Dio esista». E come immagina l’aldilà? «Posso dirle come lo desidero: un luogo dove ritrovare le persone care, e anche i miei cani. I pastori tedeschi, i cinque maltesi, e pure quegli animali che nascondevamo sul treno, cantando per coprire i loro versi» [Cazzullo, 2024].
Amori A soli 22 anni sposa Paola Massari: Pensa di essere stato un buon marito? «Se esserlo significa riuscire a far sentire quella persona non confondibile – perché sa di te cose che nessuno sa, perché ci hai fatto un figlio – credo di sì. Ma quando si parla d’amore, non sai mai; neanche chi, come me, d’amore ha sempre scritto. Mi viene sempre in mente una frase del Mestiere di vivere di Pavese: “È inutile che ti affanni a cercare l’anima gemella quando non vuoi che pubblico”». Però è sempre stato fedele. «Ma sì, anche perché il personaggio noto è quello che può combinare meno di tutti: sei spiabile, ricattabile, raccontabile. Bisogna essere temerari per pensare di passare inosservati» • Convive dal 1994 con la manager Rossella Barattolo: «Sono un ragazzo di pianura. Ho avuto due sole donne importanti: la mia prima moglie e da vent’anni Rossella. Sono lento e monogamico» • Ottimo rapporto con il figlio Giovanni: «Uscito di casa dopo la separazione, solo, al mare, ho iniziato a scrivergli favole inventate, nel tentativo di colmare la distanza. Favole stupidissime e inverosimili, che però ci hanno aiutato a creare un rapporto» • «A 14 mi chiese di suonare la chitarra a un mio concerto. Il Palazzo dello sport di Roma era gremito, il palco al centro, un mare di gente urlante intorno, pensai: questo mi sviene. Invece si presentò con una faccia di bronzo, suonò, e alla fine fece pure un gesto da gladiatore. Mi colpì, perché di natura è anche più introverso di me» [Sara Faillaci, Vanity].
Titoli di coda «L’artista soffre per essere conosciuto solo per i successi e vuole essere il primo a fare i baffi al proprio manifesto»